Il mio villaggio olimpico a Frosinone

Laura Collinoli

Giornalista Il Regionale

Pronta sono pronta, ché è sempre meglio non farsi trovare impreparati nei momenti topici (o utopici) della vita. Il giardino di casa è già stato spianato e sarà in grado di ospitare parte del villaggio olimpico. La richiesta ufficiale è stata inoltrata al Coni affinché le nazionali che saranno accreditate presso il mio numero civico abbiano una delegazione avvezza all’uso del bidet. Mi rendo conto di avere fatto fuori in un colpo solo Inghilterra, Francia e chissà quanti altri Paesi, ma bisogna pur difendersi da un’invasione di gente che ha sì tali cattive abitudini. Quindi il villaggio sì e gli atleti pure, di qualsiasi sesso, credo religioso e politico, ma che abbiano consuetudini igieniche almeno di livello elementare.
Dunque ci siamo. Chi se ne importa di Virginia Raggi e del suo No deciso a Roma 2024. Facciamo Roma Capitale 2024 e tiriamo dentro Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, in rigoroso ordine alfabetico.

Già defenestrato Luca Cordero di Montezemolo, presidente del Comitato Olimpico per Roma. Al suo posto padre Adelmo Scaccia, che oltre quarant’anni fa mise in moto la macchina organizzativa dell’Olimpiade Victoria. Da allora nessun passo falso. Una scelta motivata anche dal fatto che il sacerdote, appartenendo all’ordine degli agostiniani scalzi, possa richiamare un po’ la figura di Abebe Bikila, vincitore a piedi scalzi della maratona di Roma 1960. Davvero si è pensato a tutto e ‘ste Olimpiadi ce le meritiamo.
Certo la decisione ha creato qualche malumore nelle altre province, ma si è rimediato fissando la sede del Comitato a Viterbo, nel palazzo papale. L’idea è quella di essere decisionisti, anche perché nessuno può permettersi di perdere altro tempo. In Tuscia funziona così dal 1200 e rotti. O ti sbrighi a decidere o ti scoperchiano il tetto e ti fanno uscire. Padre Adelmo è già stato avvisato. Scalzo o no, o si dà una mossa o lo fanno fuori.

Per le gare si è in piena fase organizzativa. Discipline marine a parte (anche se da qui al 2024 si potrebbe pensare anche di portare il mare in Ciociaria), Frosinone punta in alto.
Finale di calcio sicuramente al ‘Benito Stirpe’, in cui sarà realizzato un secondo anello. Forse anche il terzo, magari mobile e a seconda di chi andrà a giocarsi l’oro.
Una cosa è certa. Parte dell’atletica sarà sul viadotto Biondi, ma solo a condizione che non venga risistemato. Da questo punto di vista siamo però avvantaggiati. Dalla Regione Lazio hanno già risposto al quesito. “Perché, dovevamo fare tutto entro il 2024?”. Le discipline che si svolgeranno qui sono quelle del salto in lungo, salto triplo e salto con l’asta. Nella richiesta al Coni è stata aggiunta anche una sorta di postilla motivazionale e utile ad avere maggiori possibilità di battere qualche record del mondo. Le linee saranno infatti posizionate proprio sullo sbragone, sicché gli atleti saranno particolarmente motivati a fare eccellenti prestazioni. Una decisione che ha avuto già il benestare dell’associazione internazionale ‘Gli amici di de Coubertin’.

Stesso discorso motivazionale per la canoa sul fiume Sacco e richiesta a Ministero dell’Ambiente e Regione di non cominciare la bonifica. Menomale che pure in questo caso siamo avvantaggiati. In agenda pare non ci sia. Sospiro di sollievo e si va avanti. Dunque resta la percentuale elevata di veleno nelle acque,in maniera tale che gli atleti in gara non vedano l’ora di uscire. Una miccia al culo strepitosa insomma, giusto per sintetizzare.

Frosinone scelta anche per i tremila siepi. Solo che non si gareggerà in pista ma sulle strade del capoluogo. Agli ostacoli e alle pozze piene d’acqua ‘finte’ la città risponde in maniera genuina con intralci veri e difficoltà autentiche. Basta con il farlocco. Qui siamo e rimaniamo spontanei e credibili.

La macchina è partita. Al grido ‘Parigi e Los Angeles non so’ niciuno’ (il presidente del Comitato olimpico ha deciso che, francese a parte, sarà il ciociaro l’idioma ufficiale), prende il via questa nuova avventura.

Si parla di un milione di posti di lavoro… Vabbè, qualcosa l’abbiamo riciclato. Non è che ci possiamo inventa’ tutto noi.

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