A ‘Guardia’ del vino c’è Bicu, un Angelo testardo

Il vino testardo dei fratelli Colangelo. Che nel Sannio antico non hanno avuto paura di sperimentare il nuovo. E che contro ogni previsione hanno avuto ragione. Fino a sedurre gli Usa.

Marco Stanzione

Non invitatemi mai a bere...

A volte basta un sms per scaldarti il cuore: «Marco appena puoi sali a Guardia che ti devo far assaggiare la nuova Falanghina». Questa è una poesia ermetica, altro che Ungaretti! Non solo c’è la parola Falanghina, ma c’è scritto Guardia, proprio Guardia Sanframondi. Il paese di mia madre, dove passavo le domeniche a casa di nonna, il cuore del Sannio vitivinicolo. Il mittente del messaggio è Angelo Colangelo, viticoltore e titolare, insieme al fratello Alfonso dell’azienda Bicu De Fremundi.

Salgo la collina verso Guardia e lo spettacolo settembrino è sempre lo stesso da decenni. Decine e decine di trattori che trasportano le loro uve, c’è chi si ferma in cantina sociale e chi va verso la propria. Un formicolio di contadini che con la schiena dolorante sta per trasformare in arte il frutto di un anno intero di lavoro e progettazione. Il compimento di un ciclo che sa di vita.

Proprio alla fine di un’estenuante giornata di vendemmia Angelo mi accoglie in cantina e apre una bottiglia della suddetta Falanghina (ne parleremo tra poco). Poi iniziamo a chiacchierare.

Dalla cantina sociale alla prima annata

L’assaggio della falanghina

«Eccoci qui, anche quest’anno è andata. Siamo stremati ma soddisfatti, a dispetto delle difficoltà e le problematiche relative al Covid siamo in pista. E quest’annata sarà davvero notevole!».

Nonostante la stanchezza dopo una giornata in vigna trovo Angelo piuttosto raggiante e loquace. Ansioso di parlarmi delle nuove annate e del futuro dell’azienda. Ma prima del futuro mi piace aprire una piccola finestra sul passato e sulle origini.

«Noi in vigna ci siamo cresciuti, siamo a Guardia. E come la maggior parte dei vignaioli siamo “figli” de La Guardiense (la cantina sociale), i miei nonni sono stati tra i primi soci della cantina, stufi ormai di vendere uve e vino altrove. Almeno venivano lavorate in loco. La collaborazione è durata fino a quando i nostri genitori hanno retto fisicamente. Poi quando non ce l’hanno fatta più è passato tutto a noi, oneri e onori. Abbiamo quindi deciso di puntare su noi stessi, interrompere la collaborazione con la cantina sociale e iniziare un percorso tutto nostro».

Delusioni e riconoscimenti

I vigneti del Sannio

Gli inizi sono stati duri e pieni di incognite. Ma dopo qualche anno ed un enologo che ha compreso fino in fondo il loro pensiero, il motore di Bicu de Fremundi ha iniziato a camminare a pieno ritmo.

«Le nostre prime bottiglie risalgono al 2010, solo dieci anni ma ricchi di esperimenti, delusioni e rinascite. Il punto di svolta è stato quando abbiamo conosciuto Massimiliano Garofano, giovane e talentuoso enologo che tutt’ora è al nostro fianco. Ha capito bene la nostra filosofia e ha sposato in pieno le nostre idee».

«Anche le più assurde, tipo quella di vinificare in purezza il Cabernet Sauvignon, vitigno che in zona è utilizzato solo per uvaggi. Ma ci abbiamo creduto fermamente perché la vigna era lì da più di vent’anni. Stesso dicasi per la Malvasia di Candia, vitigno considerato non tra i più nobili qui. Siamo stati tuttavia tra i primi a lavorarlo in purezza. Ed i risultati oggi ci stanno dando finalmente ragione».

In effetti proprio questi due vini vanno per la maggiore. Sono venduti e si finiscono praticamente ogni anno.

Bicu, il passato che resiste

Il Bicu De Fremundi

Bicu de Fremundi, nome che riecheggia nel passato remoto dei vicoli di Guardia Sanframondi, resta saldamente ancorata alle radici. Ma l’occhio al futuro e alle sperimentazioni è sempre aperto.

«Marco vedi, noi siamo una piccola azienda, ma siamo un vulcano di idee. Sono tante le cose che vorremmo fare, per ora ci accontentiamo ma non ci poniamo limiti!». E meno male direi.

E’ veramente una grossa soddisfazione recarsi in una cantina del Sannio e degustare un bel Cabernet Sauvignon, una Malvasia. O quella Falanghina di cui sopra, che durante la chiacchierata è andata giù che è un piacere. Partiamo proprio da lei! Il Bicu ci attende.

Luna nel Pozzo, Falanghina 2018

Le bottiglie calate nel pozzo

Perché tanta curiosità e suspance? Perché trattasi dell’ennesimo esperimento dei fratelli Colangelo. Luna nel pozzo è una Falanghina in purezza che ha fatto affinamento per 13 mesi in un pozzo, proprio così. L’idea è ispirata alla storia delle bottiglie ritrovate in un vascello del XVII secolo affondato, rimaste integre per più di 3 secoli ed in perfetto stato. Battute poi all’asta di Londra per circa 30 mila euro l’una. Dagli studi fatti si è risaliti ad un vino imbottigliato nel 1680 circa. L’ispirazione dilaga, si passa dalle idee ai fatti, ma c’è un primo scoglio da superare: a Guardia il mare non c’è. Tocca prenderne atto.

C’è però un antico pozzo proprio nella vigna del Cabernet, ed è lì che l’idea si trasforma in realtà. I fratelli Colangelo prendono 500 bottiglie di Falanghina già provviste di tappo e capsula. E le inseriscono in una gabbia che va dritta nel pozzo. Immersa completamente in acqua sorgiva che mantiene una temperatura tra i 4 ed i 6 gradi centigradi per tutto l’anno. Dopo 13 mesi, collo della bottiglia sanificato e il resto coperto da una pellicola trasparente che lascia ancora intravedere il fango residuo.

Il risultato è un vino che non ha perso un minimo di forza e di profumi. Una Falanghina che ha carattere e struttura. Giallo paglierino, nessun residuo, brillante. Naso tipico e caratteristico del vitigno, leggere note floreali e prevalenza di frutta come pesca o mango. In bocca conserva un’acidità importante, morbida e di medio corpo.

Luna nel Pozzo è già un vino pronto ma sono curioso di provarla tra un anno. Intanto la accompagno ad un piatto di linguine con vongole, ci sta alla grande!

Domus Dea Malvasia di Candia 2019

Il Domus Dea, malvasia di Candia

Come detto in precedenza, Bicu de Fremundi è stata una delle prime aziende in zona a credere fermamente nelle potenzialità di questo vitigno. E a vinificarlo in purezza. La 2019 a mio avviso conferma la bontà delle decisioni prese dai fratelli Colangelo, perché seguo questo vino dall’annata 2016, la prima che Angelo mi ha fatto assaggiare. Devo dire che i progressi sono stati enormi.

La Malvasia di Candia non va confusa con quella aromatica, ma è un vitigno che può essere molto duttile. E può dar luogo ad interessanti vini fermi e bollicine ma anche eccellenti passiti.

Domus Dea 2019 mi ha sorpreso per eleganza ed agilità, una bevuta semplice e ben equilibrata. Il colore è giallo paglierino lievemente carico, al naso sentori di albicocca, erbe e muschio. Al palato si presenta piuttosto elegante, molto di più rispetto alle annate precedenti. Fresco, sapido e abbastanza persistente, finale leggermente amarognolo. Da provare come vino d’entrata. Come aperitivo o con piatti di pesce, ma anche con formaggi semi stagionati.

Corte Selleroli Cabernet Sauvignon 2019

Il cabernet Corte Setteroli

Come Domus Dea anche Corte Selleroli ho avuto modo di valutarlo negli anni. Quando avevo la vineria qualche anno fa e seppi che c’era un Cabernet Sauvignon lavorato in purezza a Guardia Sanframondi lo inserii subito nella carta dei vini. Tale scelta mi provocò qualche critica, del tipo “Dai su, un Cabernet Sauvignon nel Sannio!”.

Ebbene si, alla fine ho avuto ragione. Perché dopo un paio di weekend Corte Selleroli andava a ruba. Poi hanno avuto ragione i fratelli Colangelo a non abbandonare quella vigna e a crederci, quasi in maniera testarda.

Perché quel Cabernet Sauvignon Made in Sannio ha fatto la traversata dell’Atlantico. Ed è arrivato sulle tavole di un paio di ristoranti statunitensi della East Coast. Cabernet Sauvignon in purezza, Corte Selleroli è un vino intenso e di buona struttura, anche questo migliorato costantemente negli anni. Dico questo perché la 2019 si presenta già molto più equilibrata e meno esuberante rispetto alla 2017. La prima che assaggiai. Meno impeto e più eleganza e questo mi lascia ben sperare per la sua evoluzione nel tempo.

Il rosso vivo del Sauvignon ‘Made in Sannio’

Rosso vivo, carico, spezie e note balsamiche al naso, frutta rossa e ortaggi. Sorso deciso, avvolgente ma non irruento, con tannini decisi e una persistenza notevole. Da abbinare con pasti importanti, carni, selvaggina, formaggi stagionati. Anche se questo è il classico vino che, dopo 3/4 anni io apro e bevo senza abbinamento alcuno. Vino, per quanto mi riguarda, da bere davanti al camino. Proprio nel periodo che stiamo per accogliere, l’autunno. Sorso dopo sorso, con calma e con la musica giusta. Magari proprio October Rust dei Type O Negative. Provate e fatevi felici!

Grazie ai fratelli Colangelo per l’ospitalità e per gli assaggi condivisi negli anni. Ci risentiamo tra qualche anno per vedere se abbiamo ancora ragione sul Cabernet! (Leggi qui tutte le recensioni).

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