Il Coronavirus, l’Amarone e l’amarezza (Nunc est bibendum)

Metti una domenica di quarantena ai tempi del Coronavirus. E metti una bottiglia di amarone invecchiata per 19 anni nella cantina del direttore. Che forse deve espiare qualche peccato e la affida al suo sommelier. Annata 2001. Realizzata ai tempi delle Torri Gemelle. Profumi, sensazioni ed emozioni che tornano alla mente in questi giorni

Marco Stanzione

Non invitatemi mai a bere...

È domenica mattina. La prima dopo il lockdown totale annunciato tra le polemiche dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Mi sveglio ed il primo pensiero è quello di aprire una bella bottiglia di vino rosso. Voglio stapparlo almeno 4 ore prima di berlo, Amarone della Valpolicella classico annata 2001.

Diciannove anni fa non ero appassionato di vini. Non l’ho messa da parte attendendo con pazienza la domenica giusta per gustarla. Mi ritrovo questa bottiglia perché il direttore Alessio Porcu ha preso l’assurda decisione di alleggerire una parte della sua rifornita cantina personale: forse deve espiare qualche grosso peccato.

Il tappo è ancora integro, i profumi già pervadono il collo della bottiglia che lascio li a prendere aria. Dicevamo, annata 2001, quindi molto probabilmente queste uve sono state raccolte e lavorate circa un mesetto dopo la strage delle torri gemelle.

La frazione di Jago, sulla collina di Negrar

Quel pomeriggio di settembre lo ricordo perfettamente, faceva ancora molto caldo e la noia pomeridiana fu squarciata dall’edizione speciale del telegiornale: “America sotto attacco“. Guardando le torri andare in fumo chiamai mio padre, stava facendo la sua corsetta pomeridiana, tornò subito a casa e restammo incollati davanti la tv, inermi.

Alcune sensazioni sono le stesse di questi giorni: impotenza, incredulità, paura. La paura di questi giorni è però diversa e ci riguarda molto più da vicino. Stavolta noi italiani, noi popolo, siamo gli attori principali e non gli spettatori oltreoceano.

L’assaggio

Verso il primo calice dopo un paio d’ore, colore rosso granato intenso. Diciannove lunghi anni, i profumi dell’Amarone iniziano a farsi sentire ma bisogna aspettare ancora un po’, è ancora un tantino austero. Ci vuole tempo e pazienza, come in questi giorni che sembrano non passare mai. Ci si interroga sul futuro, e questa è una delle cose più drammatiche che possano accadere in un periodo tragico come questo: abbiamo tempo per pensare. E questa cosa è dilaniante.

Non ci sono macerie da rimuovere, non ci sono grattacieli da ricostruire. No. Ci siamo noi, spalmati sul divano ad osservare e giudicare, a puntare il dito, a cercare il complotto, a plasmare cattiveria, a cercare a tutti i costi una causa, un colpevole, un ritardatario, una fregatura anche se la fregatura non c’è.

Certo non è bello, non vedo la mia famiglia da un mese e non la vedrò per un altro, molto probabilmente. Ma ci vuole equilibrio.

Impeccabile

Amarone Domini Veneti

Verso un altro calice, questo vino si è conservato in maniera impeccabile, ha mantenuto acidità e struttura, aromi intensi e una persistenza ottima. Ah quanto sono belli i profumi dell’Amarone, spezie, cacao, frutta matura.

Esco sul balcone e c’è un sole bellissimo, il paesello è deserto, la gente collabora e fa il suo dovere.

Ci vuole equilibrio, non è facile. Non è facile nemmeno che un vino dopo due decadi mantenga questo equilibrio, eppure questo Amarone lo ha fatto. 

Per la cronaca, l’Amarone che ho aperto è “Vigneti di Jago” dell’azienda Domìni Veneti, un pezzo di storia della Valpolicella. È un cru prodotto su terrazzamenti a secco nelle colline della valle di Negrar. Il vigneto è coltivato a pergola veronese su suoli poveri, marnosi, ricchi di scheletro e intercalati da sottili strati di argilla, facili allo sgrondo.

Annata particolare

Il sapore è intenso. Entra e coinvolge il corpo, le narici, le sensazioni. Per sentirle meglio mi accomodo sul divano. Siamo fortunati a stare sul divano, ci viene chiesto solo di stare svaccati qui sopra, bere un calice, scegliere tra migliaia di film e serie tv a disposizione, abbiamo i social per tenerci in contatto e per vomitare le nostre frustrazioni. Ci viene chiesto di godere della compagnia del partner, di coccolare i nostri figli, di tornare ragazzini e giocare ai videogiochi, di aprire una bella bottiglia del 2001 e godersela in totale relax.

Cerco su internet. Trovo alcune risposte alle domande che questo Vigneti di Jago mi hanno posto. I cambiamenti climatici non hanno sconvolto la zona in cui questo anarone è nato. C’è l’effetto mitigante del lago di Garda: ha regalato all’area di coltivazione temperature di giorno più basse e di notte più alte, sono raddoppiate le giornate di pioggia intensa.

Scopro, alla beva, una struttura che non mi sarei aspettato: emozionante, giovane e vitale. Dicono che la successiva 2003 sia stata più morbida e calda. Mentre la 2005 sia stata ancora più equilibrata tra gusto ed olfatto. E la 2008 invece si caratterizzi per severità ed eleganza.

Amarone e amarezza

Coronavirus medico con mascherina Foto © Imagoeconomica / Vince Paolo Gerace

Siamo fortunati a poter navigare sulla rete. Perché nel 2001 queste cose non c’erano, siamo fortunati perché l’ultima volta che gli italiani dovevano restare reclusi in casa fuori piovevano bombe, non c’era tempo di pensare allo Jogging, non dovevi avere il pensiero di far pisciare il cane, se mai nel 1943 avessi avuto un cane molto probabilmente lo avresti mangiato per fame. E questo il nostro territorio lo sa benissimo.

Però sale l’amarezza perché molti non lo capiscono, si pensa alla sgambata quando ci sono gli operai, cassieri, trasportatori che ancora lavorano per darti la possibilità di stare comodo su quel divano. Ci sono i tanto vituperati giornalisti e tecnici che si stanno facendo in quattro per informare e in questi tempi, credetemi, si sta lavorando come si dice in gergo “Cu na scarp e na ciavatta“.

Forze dell’ordine che in questi giorni hanno a che fare con le furbate più assurde per far fronte ai decerebrati che ancora vogliono cazzeggiare in giro. I politici, che stanno facendo quel che possono, compresi gli errori. Non me la sento di biasimarli, non è questo il momento.

Infine i medici, che dopo aver fatto turni estenuanti escono dall’ospedale e ti dicono: “Resta a casa, devi solo poltrire. E basta!” Il mantra di questi giorni è “andrà tutto bene, ce la faremo“, io aggiungo che per forza ce la faremo, non durerà in eterno ma come sempre c’è qualche piccola minoranza che si mette di traverso. È la storia eterna della democrazia quando non viene capita.

Amarone e amarezza, la domenica ai tempi del Coronavirus. Consiglio di leggere questo articolo e bere un bel calice di vino, qualsiasi esso sia a casa, con “Hey Hey, my my” di Neil Young in sottofondo, ricordando che ci saranno tempi migliori… Rock and Roll can never die! 

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