Fosso degli Angeli, perché il vino è una cosa da grandi

La storia di una famiglia che decide "Cosa voglio fare da grande". E sceglie di fare il mestiere dei nonni, tornando alle vigne. Ma in modo diverso: definendo un'identità. Nascono così i vini del Fosso degli Angeli

Marco Stanzione

Non invitatemi mai a bere...

Nel mezzo del cammin di nostra vita o qualche anno prima ci si trova spesso a fare delle scelte, a fare dei bilanci e a chiedersi Cosa voglio fare da grande?“. Decisioni importanti che segnano ineluttabilmente il nostro futuro e che ci proiettano verso nuove avventure.

Tre generazioni di Viticoltori

Che Pasquale Giordano, la moglie Dina e la cognata Marenza volessero dedicarsi alla viticoltura era scontato, perché le vigne di famiglia c’erano, ma “cosa fare da grandi” è l’indirizzo definitivo di una vita, forse la parte più importante.

I vigneti del Fosso degli Angeli

Così nel 2009 la decisione, nasce Fosso degli Angeli: “Siamo viticoltori perché nati e cresciuti in un territorio che respira vino. I miei suoceri ed i nonni di mia moglie curavano le loro terre già da diversi decenni. Le nostre uve andavano tutte alla Cantina Sociale di Guardia. Era così da generazioni. Poi ce la siamo fatta quella fatidica domanda e abbiamo deciso si di continuare ma di cambiare. Da grandi volevamo fare i viticoltori ma a modo nostro“.

Siamo a Casalduni in provincia di Benevento, in un luogo strategico per la produzione vitivinicola del Sannio, a pochi passi da Guardia Sanframondi (dove comunque giacciono alcune delle vigne dell’azienda) e la valle Telesina da un lato e lo sguardo verso il Taburno ed il capoluogo dall’altro. Zona vocata per eccellenza, colline graziate da luce e vento. È qui che Pasquale mi accoglie per una visita in cantina: “Ci siamo staccati dalla Cantina Sociale e abbiamo iniziato a definire meglio la nostra identità, le idee erano chiare sin dal primo momento, dedicare anima e corpo a vini che rappresentassero il nostro territorio e noi stessi“. 

La base: Autoctono e Biologico

Punto cardine infatti della ricerca di Pasquale, Dina e Marenza è quello di credere fermamente nei vitigni autoctoni: “Questo è un processo iniziato con i nostri genitori che per primi vollero ritornare a reimpiantare il Fiano, la Falanghina, il Greco; nel secondo dopoguerra molti viticoltori della zona per contrastare la povertà impiantarono tipologie più produttive a livello quantitativo come il Trebbiano, la Malvasia o il Sangiovese. Negli anni 70 diciamo che i nostri genitori, tornando all’autoctono, hanno gettato le basi di ciò che siamo noi oggi“.

Poi la scelta convinta di iniziare con il percorso biologico, lavorare la vigna in modo pulito e senza trattamenti invasivi: “Secondo noi è il modo più genuino ed onesto di fare vino, un modo per salvaguardare la natura e rendere migliore il prodotto. In vigna utilizziamo solo rame e zolfo e cerchiamo di preservare la biodiversità che circonda le nostre vigne“.

I vini

Fosso degli Angeli lavora solo uve di sua produzione

Difatti la produzione di Fosso degli Angeli si basa tutta sui vitigni classici del Sannio e tutti certificati bio: Aglianico, Falanghina, Greco, Fiano, Piedirosso. Etra qualche mese vedrà la luce anche lo Sciascinoso.

Lo Sciascinoso è la nostra prossima sfida, è forse il vitigno più autoctono che ci sia perchè si coltiva solo in Campania ed in particolare qui nel Sannio…” Questo vuol dire che devo tornare in azienda quando sarà pronto, questo si chiama senso del dovere (ogni scusa è buona he he!). 

I vini dell’azienda mi piacciono tutti e li ho assaggiati in tempi non sospetti, molto prima di iniziare con questa rubruca, il primo che ho scoperto è il Piedirosso Pezza un paio di anni fa, un vero gioiello; vorrei descriverli tutti ma dovrei prendermi una sbronza epocale e raccontarvi della mia dignità perduta, quindi mi limito a raccontarvi ciò che ho assaggiato in cantina!

Cese Falanghina 2017

Pasquale Giordano è un padrone di casa gentilissimo e se fosse stato per lui davvero ci saremmo presi una sbornia sontuosa (eh si, uso il plurale, c’è anche mio fratello…pericolo!), ma resistiamo ad alcune tentazioni e riusciamo a fare una degustazione con i fiocchi.

Il Cese, falanghina di Fosso degli Angeli

Si parte con Cese, Falanghina in purezza annata 2017, e non potevamo iniziare meglio. Vigne situate a Casalduni a più di 500 mt sul livello del mare , criomacerazione sulle bucce dalle 12 alle 24 ore, affinamento in acciaio per 12 mesi e altri 12 in bottiglia. Al calice si presenta giallo paglierino con sfumature dorate, al naso le note fruttate di pesca e mela sono immediate, poi fiori bianchi e sentori agrumati. Cese si fa apprezzare per una freschezza disarmante nonostante abbia già 3 anni, una bevibilità facile nonostante il grado alcolico (siamo sui 14.5) .

Salivazione garantita e buona sapidità, da abbinare a piatti di pesce, fritture di crostacei o una bella mozzarella di bufala. 

Chiusa Fiano 2017

Proseguiamo la degustazione con Chiusa, il Fiano dell’azienda: anche in questo caso vigne in Casalduni e stesso modus operandi: criomacerazione sulle bucce un tantino più breve, fermentazione con lieviti indigeni in acciaio a temperatura controllata e affinamento simile alla falanghina, 12 mesi in acciaio e almeno altri 12 in bottiglia.

Giallo paglierino tendente al dorato, luminoso e brillante, naso fine e complesso: profumi intensi di pesca e ananas, frutta secca come mandorle e nocciole. In bocca è fresco ed elegante, la complessità olfattiva te la ritrovi quasi tutta, soprattutto la frutta secca che rimane a sorso finito. Equilibrato e anche abbastanza persistente, si può bere quasi a tutto pasto, carni bianche, pesce, zuppe. 

Morgia Greco 2018 

Il Greco in purezza, Morgia

La vera sorpresa di giornata, Morgia 2018. Greco in purezza, stupisce per intensità e complessità nonostante sia praticamente un giovincello.

La lavorazione segue i cardini dell’azienda e come gli altri bianchi fa un affinamento abbastanza lungo prima in acciaio e poi in bottiglia. Anche in questo caso criomacerazione sulle bucce di almeno 12 ore e fermentazione del mosto pulito a temperatura costante di 16°.  Giallo intenso al calice, quasi dorato, naso davvero intrigante: emergono subito note fruttate come pesca, mela, addirittura qualche sentore agrumato tipo pompelmo. Poi gelsomino e qualche nota erbacea, spezie e pietra focaia.

In bocca è rotondo e pieno, di buon corpo, sapido quanto basta. Sorprende anche l’eleganza che permette a Morgia di abbinarsi anche con piatti un tantino più strutturati come per esempio un bel risotto alla pescatora, ma va benissimo anche per antipasti o insieme a formaggi non molto stagionati.

Un po’ di coscienza

Pasquale Giordano, la moglie Dina e la cognata Marenza

Noi avremmo continuato volentieri la degustazione ma la voce della coscienza ci impone uno stop perchè dobbiamo tornare a casa in macchina! Ho raccontato solo una parte dei vini dell’azienda ma  meriterebbero tutti attenzione, il Piedirosso, l’Aglianico, il Passito e alcuni bianchi d’annata che reggono gli anni con una certa facilità (Fiano Dulcis 2013, assaggiato in estate ancora ce l’ho in mente!). Quindi vi lascio con la promessa di tornare a far visita a Pasquale, Dina e Marenza per concentrarci sui rossi, magari partendo proprio dallo Sciascinoso. 

Consiglio di bere i vini della cantina Fosso degli Angeli con Rotten Apple degli Alice in Chains in sottofondo, abbinamento che è partito dal pomeriggio in macchina e che è proseguito anche ritornando a casa!

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