Il racconto di una verticale di Barolo per dare l'addio al 2022 e salutare l'arrivo del 2023. Perché il botto di fine anno e l'augurio a quello nuovo può essere anche senza bollicine
Quando Barolo chiama, Marco risponde. Presente, ovvio! Ma quella che sto per raccontarvi non è una semplice degustazione, ma un incontro di arte, territorio e generazioni. Chi segue questa rubrica avrà già letto la storia di Mario Fontana, dell’epopea di Cascina Fontanin prima e Cascina Fontana poi. Del suo amore per le Langhe e dei suoi straordinari vini. (Leggi qui: Cascina Fontana e la sfida lunga due secoli).
Quello che cambia stavolta è il contesto, ma anche un salto temporale che farebbe venire i brividi persino ad Emmett Brown e Marty McFly!
Bevendo nella Reggia
Incontrare Mario Fontana per il sottoscritto è sempre un evento: persona intelligente e garbata come poche ma soprattutto viticoltore geniale, capace negli anni di imporsi tra i più grandi produttori di Barolo pur conservando una produzione relativamente piccola ed artigianale.
Lo conobbi al Vinitaly qualche anno fa, mantenni la promessa di andarlo a trovare nella sua cantina l’anno scorso e lo ritrovo a pochi chilometri di distanza da casa per godermi una verticale dei suoi vini all’interno Reggia di Portici. Un palazzo magnifico e ricco di phatos, un luogo storico per raccontare qualcosa di altrettanto storico.
Un’idea nata dai responsabili di Slow Wine Campania che hanno organizzato una serie di eventi e degustazioni con i produttori proprio all’interno delle sale della Reggia, dove ha sede tra l’altro il Museo dell’arte, del vino e della vite.
In collaborazione con Banca del Vino la serata ha ospitato una verticale coi fiocchi, un percorso intenso e pieno di spunti di riflessione non solo sul vino ma sull’importanza dei concetti di “tempo”e “dedizione”. Siamo infatti partiti dal 2019 per ripercorrere a ritroso gli ultimi dieci anni di Mario Fontana viticoltore con una chicca finale davvero sorprendente.
La Verticale nel tempo
Nel corso della serata, moderata da Alessandro Marra e Adele Granieri, collaboratori Slow Wine per la Campania e coordinatori della sede didattica, Mario Fontana ci ha guidato in questo viaggio nel tempo, siamo partiti con il Langhe Nebbiolo 2020 per poi passare ai Barolo delle annate 2018, 2017 e 2016.
Vini di grande spessore ed eleganza, lo stile è inconfondibile pur trovandoci di fronte a prodotti molto diversi tra di loro. Qui si vede l’artigianalità del prodotto, un vino che non mentirà mai perché nessuna annata sarà mai uguale all’altra. Piacevolmente sorpreso dalla 2018 che solo un anno fa avevo assaggiato proprio in cantina da Mario direttamente dalla botte (grande, ovviamente).
Il colpo di coda dell’ultimo anno in legno lo ha fatto evolvere in maniera significativa. Appena messo in commercio mi ha stupito per profondità e lunghezza, nonostante sia (oggi) un tantino meno strutturato rispetto alle altre annate, stupisce per facilità di beva. Una bella sorpresa!
Castiglione Falletto Barolo 2013
Qui si entra nel vivo, qui si capisce davvero a cosa può portare la dedizione e la coerenza in vigna. Castiglione Falletto è il Crù dell’azienda e deve il suo nome proprio alla località dove si trova questa vigna ed è un Barolo che rispecchia in pieno la filosofia della famiglia Fontana.
Castiglione Falletto è sinonimo di coerenza, perché è prodotto solo nelle annate migliori, non è un vino che punta a piacere…e nemmeno vuole essere capito. Se gli dai tempo e, appunto, dedizione (la dedizione è anche di chi gusta eh!) ti aprirà la sua anima. Rosso granato intenso e molto luminoso dona al naso tutte le particolarità di un Barolo adulto: cacao, liquirizia, ciliegia. Sorso pieno ed appagante, buona l’acidità, tannini setosi. Ottima la persistenza, restano in bocca soprattutto i sentori fruttati, davvero una gran bella bevuta.
Barolo 1971 Saverio Fontana
Ecco il mio botto di fine anno e per la celebrazione dell’anno nuovo, ecco il big climax, ecco la chicca. Si accomodino pure Doc e Marty, fuori la Reggia c’è la DeLorean, qui siamo pronti a ragionare quadrimensionalmente.
La sorpresa finale che Mario ci dona è di quelle che restano negli annali, una bottiglia di suo nonno, un Barolo di Saverio Fontana, Castiglione Falletto annata 1971. Mai bevuto un vino di ben 51 (Cinquantuno!) anni.
Giusto per fare un quadro del contesto: quattro mesi prima di quella vendemmia a Parigi moriva Jim Morrison, molto probabilmente mentre Saverio iniziava a raccogliere i primi grappoli i Pink Floyd registravano il Live a Pompei (dietro l’angolo!) e John Lennon pubblicava “Imagine”.
Forse Saverio nemmeno ne era al corrente, lui si spaccava la schiena in vigna e oggi, mezzo secolo dopo, la scena se la prende lui facendo la storia. Perché è raro assaggiare un vino così longevo e così dannatamente integro.
Si perché è ancora vivo, dice ancora la sua e racconta di un territorio che merita il posto di leader nella viticoltura internazionale. Aromi di torrefazione e tabacco, cuoio e cacao. Dopo iniziano a trapelare spezie e sentori floreali.
Cambia ancora dopo qualche minuto, come un cavallo pazzo che non vedeva l’ora di uscire e mostrarsi dopo mezzo secolo. Corre, cavalca, ed ecco che emergono le note balsamiche. Il sorso è coerente, si sente che è un vino molto longevo ma l’acidità è ancora presente. Nota di merito alla persistenza, notevole e camaleontica come i sentori olfattivi.
Il migliore viatico per il 2023
Un botto di fine anno che non mi aspettavo. La conferma che Mario Fontana sa fare il suo mestiere e ha imparato da chi di uva e terra ne capiva. La 1971 non è buona solo perché è del 1971, e quindi dobbiamo fare i fighi perché abbiamo provato un vino di cinquant’anni. E’ buona ancora oggi perché è stata fatta come si deve, con criterio e amore, con “tempo” e “dedizione”.
Consiglio di bere i vini di Cascina Fontana con “Domina” dei portoghesi Moonspell, una melodia suadente, un viaggio maestoso ed epico come la bevuta di questa sera. Buon 2023 e calici alzati, siempre!