Nicholas Altare e il dolcetto nato per sfida

Torno nelle Langhe ma stavolta vado a Dogliani per parlarvi di un Dolcetto che farà molto parlare di se. Nato tra mille timori ed un nonno che non voleva abbandonare le sue stalle…

Marco Stanzione

Non invitatemi mai a bere...

La visita in vigna che rasenta la perfezione è molto rara e di questo me ne prendo il demerito: almeno per il 70%, sono un  disturbatore seriale di poveri viticoltori ad orari o giornate improbabili. Spesso sono loro a venirmi incontro anche quando non potrebbero. Poi magari ci sono belle storie e vini che non lasciano ricordi, oppure vini immensi e storie che rasentano l’ordinario. Parlare di Nicholas Altare mi riconcilia col concetto di “visita perfetta” per diversi motivi, in primis la qualità dei suoi vini. Poi l’ospitalità in cantina, a casa sua a Dogliani, qui però non ho disturbato all’ultimo minuto, ci eravamo messi d’accordo!

E poi Nicholas ha molto da raccontare…

Una storia da cambiare

Una vicenda che mi ha quasi commosso. Che se vogliamo nasce prima di Nicholas stesso: “Una percorso che ho dovuto e voluto cambiare io, altrimenti non sarei mai riuscito a trasformare in vino tutta l’uva di proprietà, sono stato il punto di rottura con mio padre e mio nonno“.

La parola rottura qui non sta a significare semplicemente un punto di svolta o un’idea nuova, Nicholas ha rischiato proprio la rottura morale, soprattutto con nonno Vittorio, per tutti Tojo, 92 anni contadino fiero ancora oggi:”Eccolo lì nonno Tojo – Nicholas lo indica e lo guarda con occhi lucidi – si alza presto tutte le mattine e ancora ci da una mano in tutto. Indossa sempre i jeans, anche d’estate, non l’ho mai visto in pantaloncini. Un vero testardo, non è stato facile convincerlo della bontà del mio progetto!” 

Nonno Tojo e le sue stalle

Tojo ha un carattere forte e già suo figlio – Giuseppe, papà di Nicholas – fu scoraggiato da giovane a fare il viticoltore, meglio dare le uve ad altri, troppi rischi, troppe problematiche, meglio il bestiame, la frutta. Ma Nicholas è di un altro parere, si appassiona al vino appena maggiorenne e si fa le ossa lavorando da Ferdinando Principiano, e proprio quest’ultimo gli dà la spinta ed il coraggio necessario a rischiare e a fare il passo decisivo.

I terreni sono perfetti per tirar fuori un grande Dolcetto, del resto siamo a Dogliani. Resta da convincere nonno Tojo, non tanto perché Nicholas avesse bisogno di un permesso, piuttosto di spazio! 

Nonno ha cercato di dissuadere anche me, come fece con mio padre ma non mi sono lasciato intimorire riguardo i rischi. Sia chiaro non li ho mai biasimati, mettersi ad imbottigliare nelle langhe vuol dire esordire come un ago in un pagliaio, è un rischio enorme ma sentivo che potevo farcela. Dopo le prime annate fatte nelle cantine di Principiano avevo bisogno di spazio per costruire una cantina tutta mia, decido quindi di sacrificare le stalle del nonno…apriti cielo!

Tojo non la prende bene, non si capacita di come si possa rinunciare agli animali: “Almeno il letame non lo paghi” questo diceva sempre al nipote. Saggio, forse un po’ troppo, ma ormai Nicholas aveva deciso. C’è stato un periodo nel quale si sono parlati pochissimo ma alla fine quando è stata presentata la prima annata il vecchio Tojo ha aiutato ad imbottigliare e diceva a tutti che quelle erano le bottiglie di suo nipote:”Alla fine si è ricreduto ed ora è un convinto sostenitore della mia scelta e alla soglia dei 93 anni ancora mi da una mano, l’anno scorso ha toccato con mano tutte le 14.000 bottiglie in fase di imbottigliamento, una vera roccia!” 

Altare, un’azienda in crescita

Il vigneto

La scelta è stata quella giusta perché il dolcetto di Nicholas Altare è già un must, apprezzato anche oltre confine; una crescita costante nonostante l’azienda sia molto giovane ed abbia alle spalle solo poche annate.

Due ettari e mezzo di superficie vitata, quasi tutto dolcetto, il resto è Nebbiolo e Barbera. Viticoltura fieramente biologica e vigne che hanno la bellezza di 65 anni. 

Dopo una bella passeggiata in vigna ed una visita in cantina Nicholas ci accoglie sotto un gazebo con la sua produzione in bottiglia e uno snack con salumi e formaggi…facciamolo sto sacrificio! 

Langhe Nebbiolo 2019

Mi preme sottolineare la bontà di questo prodotto perchè non è il cavallo di battaglia della zona ne della cantina di Nicholas, siamo a Dogliani e si punta più sul Dolcetto ovviamente. Ma qui ho avuto una bella sorpresa.

Poco più di mille bottiglie prodotte l’anno, tre settimane di macerazione sulle bucce, affinamento prima in legno per due mesi e poi 13 mesi in cemento. Rosso bello e trasparente, con inconfondibili riflessi granata, al naso rose, lampone e ciliegie. Dopo qualche minuto emergono note vegetali e resina.

Anche in questo caso l’assaggio è contagioso e schietto, strutturato si ma dai tannini non troppo ruvidi, sapido e succoso. Un vino che ha tutte le caratteristiche per invecchiare bene ma che bevuto giovane presenta quel classico difetto del buco sotto la bottiglia, o ai lati del calice…dipende da chi a tavola è il più vorace e su questo credo di essere imbattibile (lo affermo con tracotanza nella speranza di essere sfidato…fatevi sotto!).

Da bere con piatti tipici della cucina piemontese, non esageriamo bolliti o stufati perché questo nebbiolo è ancora un teenager; pasta ripiena, tajarin al tartufo o una bella Toma piemontese stagionata con altri salumi credo siano l’ideale. Rivelazione.

Dogliani Dolcetto 2019

La ragione che mi ha portato qui, assaggiare di nuovo questo dolcetto, l’essenza di Dogliani. Particolare già dalla lavorazione: macerazione di tre settimane sulle bucce, fermentazioni metà in acciaio e metà in cemento, affinamento di dieci mesi solo in cemento; questo dolcetto è il risultato dell’assemblaggio delle uve di tutte le vigne di proprietà, da quelle che hanno 45 anni fino a quelle più vecchie di 65.

Assemblaggio che però avviene solo prima di andare in bottiglia, l’affinamento in cemento è per singola vigna, così da studiarne le evoluzioni e le caratteristiche. Rosso porpora al calice, naso davvero intrigante: ribes, mirtilli, prugne, poi viole. Il sorso è molto simile a quanto ricordavo, fresco, agile, mineralità che cavalca. Colpiscono due caratteristiche all’assaggio: la leggera salivazione che di solito ti aspetti da un buon bianco e la persistenza che può superare anche un rosso più robusto.

In poche parole c’è acquolina e lunghezza, tradotto in italiano: la bottiglia finisce subito! Conferma.

Non ci resta che …studiare?!

Salutiamo Nicholas con la promessa di una visita entro un anno, dobbiamo assolutamente assaggiare le nuove produzioni e controllare le evoluzioni delle annate già uscite: voi le chiamate molto superficialmente “scuse per bere” io invece la chiamo “didattica”, perché, parafrasando la dolce Pia di “Non ci resta che piangere”, bisogna provare, provare, provare, provare…

Consiglio di bere i vini di Nicholas Altare con Highway Tune dei Greta Van Fleet in sottofondo, band di talento, con radici seventies ben radicate ma giovanissima all’anagrafe, mi ricordano molto il percorso di Nicholas che, sappiatelo, ha soli trent’anni!

Ad Maiora…

(Leggi qui tutte le scorribande di Marco Stanzione)