Questa volta non è il racconto di una vendemmia o di un'azienda agricola. Ma di una passione totale. Che ha portato a trasformare il vigneto in un luogo dove fare ricerca e sperimentare. Portando alla luce vini unici. Quelli dei Pentri: "dove con l'uva ci parlano”
Vox Populi: “Quelli non fanno la vendemmia, quelli ci parlano con l’uva!”. Il vox populi spesso è esagerato e colorito, ma difficilmente parte da presupposti infondati, soprattutto se si parla di saggezza popolare. In questo caso mai ci fu una Vox Populi più azzeccata.
“Quelli” sono Dionisio e Lia, titolari della cantina “I Pentri”. Ci troviamo tra Guardia Sanframondi e Castelvenere, nel cuore del Sannio vitivinicolo, ma la nostra storia non parte da qui bensì da Roma.
Tutto nasce sul finire degli anni 70, è in quel periodo che Dionisio sceglie insieme a Lia, compagna di una vita, di tornare alle origini, ai terreni di Guardia Sanframondi, alla vigna. Eppure Dionisio non ne aveva bisogno, almeno materialmente. Nato e cresciuto nella capitale ha studiato legge all’università. Aveva un posto di lavoro fisso all’Aci ed una vita piuttosto tranquilla.
Ma quando si ama il vino i colpi di testa sono dietro l’angolo: “I miei nonni e i miei zii di Guardia erano viticoltori, quando ero piccolo e tornavo da Roma comunque bazzicavo sempre la campagna, sono cresciuto con i sapori e gli odori della terra”.
Eppure non deve esser stato facile mollare tutto e tornare nel paesino dei genitori per dedicarsi all’agricoltura: “È un rischio che ci siamo accollati molto volentieri, prima di tutto per amore, anche se sono nato e cresciuto a Roma io mi sono sempre sentito parte di questo territorio. E poi diciamocela tutta, rispetto ai viticoltori della nostra generazione noi siamo partiti con un vantaggio non indifferente, i nostri nonni ci hanno lasciato delle vigne perfette e già molto curate, noi ci siamo presi l’onere e l’onore di continuare a portare avanti il loro egregio lavoro”.
Le Terre intatte ed il Professore
I nonni e gli zii però coltivavano le vigne per vendere l’uva o il vino sfuso, il sogno di Dionisio e Lia era quello di fare lo step successivo e di iniziare ad imbottigliare: “L’obiettivo era quello, ma volevamo farlo in una certa maniera, senza improvvisare nulla. Lasciandoci le vigne perfette i nostri nonni ci hanno spianato la strada verso quello che era il nostro focus principale, quello di fare vino di qualità, volevamo fare un prodotto che fosse esattamente lo specchio del nostro territorio”.
Quindi Dionisio e Lia si sono messi al lavoro senza improvvisare nulla, hanno studiato, hanno passato la maggior parte degli anni ’80 e ‘90 a carpire l’essenza del territorio. E hanno aspettato il momento giusto per uscire allo scoperto. Prima annata imbottigliata è stata la 2002 ma c’è l’antefatto: “Eravamo sul finire degli anni ’90, credo fosse il 1996, invitammo alcuni amici a cena a casa,spesso facevamo queste cene per assaggiare il vino ed avere le prime spassionate opinioni delle persone più strette. Quella sera portai una paio di bottiglie di Piedirosso che avevamo fatto per noi, la vendita dello sfuso andava piuttosto bene ma notai che questo vino aveva delle caratteristiche uniche nel suo genere.
Il Piedirosso è sempre stato, almeno fino a qualche tempo fa, un vino da taglio, nella maggior parte dei casi era usato per moderare il vigore dell’Aglianico, ma quello che uscì da una vigna che avevamo in collina era notevolmente diverso, quindi comprai una barrique per vedere poi il risultato finale. Lo porto a questa cena e rimasero tutti sorpresi, soprattutto una persona che era al tavolo e che non conoscevo, classica amica di amici. Questa persona poi mi si avvicina e mi chiede una bottiglia perché voleva farla assaggiare al Professore. Il Professore in questione era Luigi Moio, un’autorità mondiale nel campo dell’enologia, professore ordinario di Enologia presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II. Ed io senza saperlo avevo a cena la sua chimica”.
La bottiglia arrivò al professore e dopo tre giorni Dionisio riceve la chiamata da Luigi Moio che senza mezzi termini esclama.”Se davvero lei ha fatto questo vino io alzo le mani e le faccio i complimenti!”. Luigi Moio insiste per conoscere Dionisio e Lia e, soprattutto, per vedere le terre. C’è del potenziale, enorme, andava solamente seguito e sgrezzato, inizia così una proficua collaborazione a cui fanno seguito i nuovi impianti, una cantina rinnovata e la prima annata in bottiglia nel 2002.
Il Territorio
Quando assaggi un vino de “I Pentri” sai subito a cosa vai incontro, anche se sono diversi ad ogni annata sai che sono i loro, li riconosci subito.
Hanno la capacità quasi esclusiva di essere dei vini alla portata di tutti ma allo stesso tempo di essere senza compromessi. E non sono paletti messi li per strategie commerciali, anche perché non parliamo di una produzione di centinaia di migliaia di bottiglie. E’ semplicemente il modo di lavorare di Dionisio e Lia, “quelli che con l’uva ci parlano”.
“Dalla terra parte tutto, una botte, un silos d’acciaio sono solo dei mezzi. Il lavoro principale va fatto in campagna, bisogna essere scrupolosi, rigidi e attenti e se noi siamo conosciuti per questo motivo ne sono felice. La selezione non è grappolo per grappolo, ma chicco per chicco, cerchiamo di fare attenzione ad ogni minimo dettaglio ed il nostro modo di lavorare è del tutto naturale. Bisogna essere seri quando si parla di territorio, perché solo in questo modo se ne possono sfruttare le opportunità. Sono convinto da sempre che il Sannio non abbia nulla da invidiare a posti ben più blasonati a livello vitivinicolo, abbiamo tanta quantità ma anche tanta qualità. Ma il territorio va amato e rispettato e non tutti lo fanno”.
I Vini
La cantina “I Pentri” lavora i principali vitigni del Sannio, Aglianico, Falanghina, Fiano, e Piedirosso. A mio avviso tutti meritano un assaggio. Il direttore di questo sito conosce benissimo le conseguenze dell’assaggio del Fiano “Amore delle Api”: dopo tre settimane ancora aveva sete e si rifiutava di bere altro, ho dovuto portargli un’altra bottiglia per calmarlo! Inconfondibile “Pietra della Volpe”, un vino che parla da solo, un Aglianico che ha pochissimi eguali non solo nel Sannio (qualcuno ha detto Irpinia? Si, lo dico io!).
Oggi però voglio parlarvi di due vini che bevo spesso ultimamente e mi sto “divertendo” a degustarli anche dopo diversi giorni, la Falanghina ed il Piedirosso.
Flora 2018
Ancora un Vox Populi: “Uagliù, diciamoci la verità, ci sta la Falanghina e poi ci sta Flora!”. Questa l’ho sentita parecchie volte in giro dalle parti mie e devo dire la verità, trattasi di un vociferare che ha del fondamento. Vedete, Flora non è una Falanghina migliore di altre, è semplicemente diversa perché unica.
È il frutto della lavorazione delle vigne più antiche della tenuta, sono il dono della nonna di Dionisio, terre e vigne lasciate intatte e vegete da più di cinquant’anni. Flora si presenta al calice come una bella signora elegante, vestita di giallo vivo, dorato. Ha profumi che variano molto, l’ho assaggiata per 4 giorni di fila ed è rimasta sempre la stessa, ha cambiato profumo prima di uscire la signora elegante, ma non ha perso minimamente charme: ci sono sentori di agrumi, mela matura, talvolta del miele, per non parlare dei profumi di viola e ginestra.
Al palato una freschezza perenne ed una morbidezza che non ti aspetti, elegante, di buon corpo e con una notevole persistenza. Flora non perde colpi, è un vino piacevole, rotondo ed equilibrato. So per certo che questa 2018 migliorerà col tempo, se fosse stata un’altra falanghina avrei sicuramente scritto “matura”, ma non lo è. È pronta, ed è già perfetta così.
Aprirò un’altra bottiglia tra 2 anni e mi darò ragione da solo, non per eccesso di ego, ma per atto di fiducia.
BluAstro 2011
Anche il Piedirosso de i Pentri, gode di una certa popolarità in zona, quando avevo il locale mi toccava sempre fare rifornimento di Kerres, il Piedirosso, perché durava sempre pochissimo tempo.
Con il Kerres si va sul sicuro, dicevano tutti, ed effettivamente era ed è così. Un vino che non tradisce mai, una personalità forte e delineata.
Oggi però vi parlo di un assaggio che mi ha lasciato particolarmente colpito. Cos’è il BluAstro? “Il Piedirosso Kerres si è evoluto negli anni, all’inizio lo facevamo solo con le uve provenienti dai vigneti impiantati su argilla rossa, poi negli anni abbiamo iniziato a lavorarlo anche con le uve provenienti da un altro piccolo appezzamento con terreno di argilla blu. Vinificazioni separate e poi insieme in bottiglia. Sapendo che sull’argilla blu si fanno i Barolo più longevi abbiamo deciso nel 2011 di fare un Piedirosso solo con quelle uve li e di imbottigliarlo a parte”.
“Terreno difficilissimo e con rese molto basse. Il risultato è questo BluAstro. Un vino particolare, nato più che altro come forma di ricerca, abbiamo voluto semplicemente dimostrare che la tipologia di suolo è fondamentale nel vino. Molti enologi mettevano in discussione il fatto che si trattasse di Piedirosso visti i risultati, noi abbiamo dimostrato che un diverso tipo di terreno può stravolgere completamente le caratteristiche di un vino”.
In effetti BluAstro è il Piedirosso che non ti aspetti, dimenticate tutti i tipi di Piedirosso che avete assaggiato fino ad oggi, proiettatevi su un altro livello.
BluAstro già alla vista ti spiazza, perché il rosso rubino con riflessi violacei c’è ma è scuro, impenetrabile. Al naso more, lamponi, e in generale frutta rossa ma anche qualche sentore etereo. Ma tutto ciò è riduttivo, quando lo assaggi poi, soprattutto dopo che la bottiglia ha respirato per bene esplode in tutto il suo fragore. Ruffiano nemmeno per sogno, è uno schiaffo in faccia che sa di carezza: secco, fresco nonostante i quasi 10 anni, sapido, decisamente lungo, avvolgente quanto basta. Ecco la differenza di suolo, un vino che ha corpo e vigore, tannini decisi e carattere forte, un Piedirosso che ha muscoli, anima e cervello.
Un concetto di Piedirosso diverso, che rimescola le carte in gioco e va oltre quello che è sempre stato questo vino per questo territorio, un vino che sa essere protagonista e sa diventare longevo.
Dionisio, Lia ed Alessandro
“Secondo me il futuro del Sannio sarà positivo, siamo lenti e abbiamo paura di osare, ma è bello vedere tanti giovani che già ventenni si mettono a lavorare la vigna con il solo desiderio di fare del buon vino, è bello vedere mio figlio Alessandro che è diventato negli anni ancora più ossessivo dei genitori in vigna…”.
Sono venuto a far visita a “I Pentri” con mio fratello Gianluca, compagno negli anni di generose bevute di Kerres, abbiamo ascoltato Dionisio parlare e saremmo rimasti ad ascoltarlo per ore, perché da lui e Lia c’è solo da imparare.
Grandi lavoratori e persone umilissime: “Il segreto è quello di non sentirsi mai arrivati, continuiamo a lavorare sodo, a sperimentare e anche a sbagliare. Ma questo è il nostro mondo, la nostra vita. Fino ad oggi i nostri vini ci hanno dato tantissime soddisfazioni, sono venduti ed apprezzati anche all’estero ma la gioia più grande è quella di vedere arrivare dei giovani viticoltori della zona che si ispirano a te o che magari ti chiedono consigli su come migliorare il vino. È un testimone che si passa con orgoglio perché anni fa lo abbiamo fatto anche noi, il confronto e l’umiltà arricchisce tutti”. Parole sacrosante.
Consiglio di bere i vini della cantina I Pentri con Tom Waits in sottofondo, magari con con Drunk on The Moon. Connubio perfetto!