Toni ed i suoi vini, lì dove brindavano i briganti

L'azienda campana Terra di Briganti della famiglia Di Cicco è un incontro felice fra la storia e il futuro. Futuro biodinamico per tirar su vini sorprendenti. Lì dove un tempo si dava assistenza ai briganti

Marco Stanzione

Non invitatemi mai a bere...

Ci sono le vigne, le cantine, le tenute… e poi ci sono posti dove si producono vini che sono un crocevia di storia e storie. Oggi torniamo nel Sannio per parlare di vino, di due fratelli e di un luogo che ha rappresentato l’incrocio di sentimenti e grida di battaglia. «Esattamente qui, dove ora stiamo degustando vino c’era un rudere dove i miei bisnonni davano rifugio ai Briganti».

Sulle tracce dei Briganti

Ad accoglierci nella sua cantina è Toni De Cicco, proprietario insieme al fratello Romeo dell’azienda Terra di Briganti. E’ nome che evoca il passato non solo di Casalduni e dei paesi limitrofi ma anche della famiglia stessa. «Casalduni, Pontelandolfo, hanno pagato un prezzo enorme durante la spedizione garibaldina. Ma qui c’è stata anche la reazione forte di un manipolo di briganti che transitavano proprio su queste colline».

da sinistra i briganti Cosimo Giordano, Carlo Sartore e Francesco Guerra (Foto: archivio S.O.M.S. Cerreto Sannita)

«I miei avi in questo rudere erano soliti preparare loro un pasto caldo e un posto dove poter riposare. Era una sorta di protezione e nascondiglio. Perché i briganti non dovevano farsi vedere da nessuno, quindi veniva lasciato loro il cibo e la porta aperta e di notte venivano a riposare. Hanno fatto questo per un lungo periodo di tempo ma non dovevano mai vedere chi vi transitava!».

Ma già allora i Briganti di passaggio bevevano il buon vino della zona, perché gli avi di Toni e Romeo erano contadini e facevano il vino per la famiglia.

Lo schioppo e la caraffa

Le generazioni si susseguono, le tradizioni resistono e i ricordi vengono tramandati. Oggi quel rudere è diventato una bella cantina dove i fratelli De Cicco producono i loro vini, seguendo tradizione ed innovazione.

«L’azienda vera e propria nasce nel 2002. Tuttavia noi abbiamo respirato profumo di vino fin dalla nascita, nonni e bisnonni avevano queste terre e vendevano il vino sfuso o le uve a gente più facoltosa della zona di Napoli. Mio padre invece, decise di associarsi alla cantina sociale di Solopaca. Fu uno dei primi in zona».

I vigneti di Terra di Briganti

La collaborazione con la cantina sociale dura diversi anni e si rivela anche piuttosto fruttuosa.

Nel frattempo Toni e Romeo crescono e con loro anche la voglia di mettersi in proprio e di proseguire con le loro idee. In effetti la cosa non mi stupisce affatto, sento parlare Toni e capisco di trovarmi di fronte ad una personalità dirompente che non può accontentarsi di conferire uve agli altri. «Siamo in un territorio strategico, abbiamo avuto la fortuna di ereditare terre da nonni materni in zona Torrecuso, e terre dai nonni paterni in questa zona. Pochissimi km di distanza ma terreni diversi, possibilità di trattare un grande rosso come l’Aglianico. Ma anche di dedicarci ai grandi bianchi come Falanghina e Fiano proprio qui accanto. Non potevamo non sfruttare questo patrimonio naturale».

L’approdo al biodinamico

E così i fratelli De Cicco iniziano a plasmare la propria creatura. Lo fanno iniziando dalla terra, trasformando i loro impianti in guyot e pianificando il percorso biologico prima e biodinamico poi. «È una filosofia alla quale ci siamo ispirati fin da subito. Abbiamo iniziato come azienda biologica, poi anni di studi e tentativi fino ad arrivare al 2015, anno in cui otteniamo la certificazione Demeter. Un percorso duro ma ricco di soddisfazioni».

Biodiversità attorno le vigne, fertilizzanti ottenuti da cumuli naturali ed estratti erbacei, trattamenti con zolfo e rame dosati a basso volume. E ore ed ore di dedizione in cantina.

Oggi l’azienda vanta una produzione di circa 40.000 bottiglie annue e vorrei parlarvi di tutte quelle che il buon Toni ci ha fatto assaggiare. Cioè la Coda di Volpe, lo Sciascinoso in purezza, la Falanghina. Mi piacerebbe però focalizzare l’attenzione sui risultati più importanti del percorso biodinamico dell’azienda, il rifermentato Benepop e la linea Nato Nudo per Fiano e Aglianico.

Armiamoci dunque di coraggio e facciamo sto sacrificio, in alto i calici. Nunc est Bibendum! 

Benepop 2019

I vini di Terra di Briganti

Vino giovane e gioviale a partire dall’etichetta, raffigurante due persone che cavalcano un sidecar vecchio stile. Per quanto non ami molto le moderne etichette “pop” che tanto vanno di moda, devo ammettere che questa è emblematica di quello che poi andremo ad assaggiare. Un rifermentato di Fiano e Falanghina, un prodotto che si beve con una facilità mostruosa. Pressatura soffice delle uve, fermentazione spontanea in serbatoi di acciaio con lieviti indigeni. Successivamente il processo di fermentazione viene prima rallentato e poi bloccato. Il vino riposa alcuni mesi. E conserva un contenuto di zuccheri sufficiente a garantire la ripresa della fermentazione dopo l’imbottigliamento.

Giallo paglierino che diventa sempre più torbido man mano che la bottiglia volge al termine. Perché è facile che volga al termine… ed è facile che se ne aprano due, con Toni ospitale come non mai e il sottoscritto con mio fratello in stato di grazia (pericolosi noi? Naaaa…). Sorso brioso e fragrante, Benepop è l’ideale per un aperitivo, antipasti vari e piatti di pesce. Da bere anche per accompagnare una bella pizza Margherita.

Nato Nudo Fiano 2018

La linea Nato Nudo dicevamo, racchiude in se il presente ed il futuro dell’azienda Terra di Briganti. Il punto d’approdo di un percorso concettuale iniziato ormai vent’anni fa. Lo dice il nome stesso. Nudo come alla nascita, puro ed essenziale, senza aggiunta alcuna di solfiti, senza filtrazioni né chiarifiche. Il Fiano che andiamo a degustare è senza dubbio molto particolare, giallo dorato al calice, il naso è arcigno al primo impatto ma acquista eleganza lentamente.

Spicca all’inizio la grande mineralità, poi emerge la frutta gialla e le erbe aromatiche. In bocca è elegante e corposo, ritorna la frutta gialla già evidenziata all’olfatto, poi frutta secca, nocciole e miele. Nonostante la struttura mantiene la facilità di beva ed una certa persistenza. Queste caratteristiche lo rendono abbinabile a diverse tipologie di pietanze come primi piatti di pesce, crostacei, pollame ma anche formaggi freschi.

Nato Nudo Aglianico 2017

La Terra di Briganti

Questo vino è per me una gradita conferma, me lo fece conoscere proprio Toni ad un Vinitaly qualche anno fa. Mi fece assaggiare la 2015 e subito lo apprezzai per le sue caratteristiche abbastanza diverse rispetto ad un classico Aglianico del Taburno. Questa 2017 è addirittura migliore secondo me, trasuda identità in ogni suo aspetto. Una volta aperto consiglio di farlo respirare per qualche minuto per poterlo apprezzare al meglio. Noi lo abbiamo fatto, dovevamo pur finire la bottiglia di Fiano!

Vendemmiato ad ottobre inoltrato, fermentazione con lieviti indigeni e poi circa un 60% va in acciaio per 12 mesi. Mentre il restante 40% va in barriques di secondo passaggio, infine almeno 3 mesi in bottiglia. Nato Nudo è davvero una bella esperienza sensoriale, come per il Fiano è un tantino ostile all’inizio. Però poi emana profumi netti ed inebrianti: amarena, ciliegia, pepe, tabacco. Sorso determinato, potente.

Guadagna eleganza e rotondità abbastanza lentamente e questo per me è un pregio perché è un vino che necessita la bevuta rilassata. Beva magari abbinata ad un bel primo piatto della tradizione campana, con sughi di carne. Oppure come stiamo facendo noi in cantina, con Toni che ha affettato salumi e formaggi con gli immancabili taralli locali. Una goduria!

Le chiacchiere dominano il nostro pomeriggio, siamo entrati che c’era la luce del sole, usciamo dalla cantina che è tramontato ormai da un pezzo. E saremmo rimasti ancora ma poi Toni avrebbe dovuto sistemarci per la notte, un giaciglio stile briganti dell’epoca. Io e Gianluca ci avremmo messo la firma, se solo fosse estate!

Consiglio di bere i vini di Terra di Briganti con Ninco Nanco di Eugenio Bennato in sottofondo, si parla di Briganti, chi meglio del maestro!

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