di FRANCESCO BATTISTA
Motociclista
Nell’Italia del dopoguerra, le aziende motociclistiche si erano rese conto che gli italiani avevano bisogno di potersi muovere velocemente e con poca spesa, avviene cosi la trasformazione dell’unico mezzo di spostamento di allora: la bicicletta. Fioriscono allora i motocicli dal costo non troppo oneroso, quali: la Lambretta, la Vespa, lo Scooter 125 Agusta, il Cucciolo Ducati… Ed ecco che molti artigiani dell’epoca – anche in provincia di Frosinone – iniziano a renderli performanti, a misurarsi in gare che nella maggioranza dei casi si svolgono su circuiti cittadini.
In Ciociaria diventano subito famosi il circuito della città di Frosinone e la cronoscalata Poggio-Vallefredda di Isola del Liri. Iniziano cosi a fare l’avvento i primi driver: nulla hanno a che vedere con i piloti moderni, ma sono dei meccanici/collaudatori e all’occorrenza piloti.
Se l’Emilia Romagna è la “terra del burdell e del mutor”, c’è un lembo di terra a sud del Lazio la Ciociaria “Terra di motociclisti”. A molti questa affermazione potrebbe sembrare poco umile, ma se sulla Via Emilia ci sono campionissimi recenti e meno in ogni dove, il merito delle nostre strade, della contiguità con il Parco Nazionale di Lazio Abruzzo e Molise mixata alla passione e all’impegno di Concessionari storici, hanno fatto si che un “Ciociaro in Moto “ meriti rispetto, motociclisticamente parlando.
Il rispetto, è uno di quei valori che la vita non regala, ma che va conquistato sul campo. Tutti i motociclisti ciociari devono un grazie a campioni del calibro di Franco Mancini, Attilio Roccatani, Emidio Paolucci e Piero suo figlio, Walter Battisti, Franco Gucciardi, Silverio Archilletti e Antonio suo figlio, Franco Frasca, Giovanni Morgia conosciuto col nomignolo di Bicchierino, sino ad arrivare a veri e propri piloti professionisti dei giorni nostri, come Carlacci, La Marra e Pontone.
Questi piloti ciociari si sono misurati con loro colleghi che vanno dal calibro di Tazio Nuvolari (negli anni in cui correva in moto, prima di passare alle quattro ruote) sino ad altri di caratura mondiale tutt’ora in attività.
Da contorno al mondo dei piloti c’è una realtà parallela che è quella dei meccanici preparatori, ed anche qui la Ciociaria ha sfornato meccanici e capotecnici di primo piano; facendo un tuffo nel passato anche qui ricordiamo le preparazioni di Attilio Roccatani, Silverio Archilletti, Rocco Belli, Claudio Miacci, Tommaso Quadrini, Tommaso Raponi, Marco Quadrini, Alesandro Finelli, i fratelli Lorini. Anche loro hanno portato, tutt’ora alcuni di essi ancora portano, il nome della Ciociaria in giro per il mondo affiancando piloti tipo Iannone, Dovizioso e West.
Quello che in pochi sanno è che tutti i nomi citati, hanno percorso la Ciociaria in lungo e largo con le due ruote, sfidando le restrizioni contrattuali che gli vietavano di usare la moto su strade aperte alla circolazione. Sembrerebbe un controsenso, perchè nessuno conosceva quei mezzi come loro, nessuno conosceva altrettanto bene quelle curve e quei tornanti.
Alla maggioranza di quei piloti, preparatori, meccanici, collaudatori, piaceva la strada che porta su al passo di Forca d’Acero, strada che riesce a far emergere le qualità sia del mezzo che del pilota, grazie alla sua conformazione particolare, composta da tratti velocissimi, misto veloci, curve e contro curve di ogni genere.
Ho avuto la fortuna di assistere alle performance di alcuni di loro su quella strada, in certi casi con vere moto racing oltrepassando la legalità imposta dal Codice della Strada. Ma – va detto con chiarezza – mai e poi mai nessuno di loro si è permesso di non rispettare quel codice d’onore che una strada trafficata impone.
Le valli circostanti amplificavano e davano eco a scarichi in titanio dal sound che anche il compianto Mozart avrebbe apprezzato, vederli cavalcare 200 e più cavalli domati entro la carreggiata da occupare, li rendeva dei funanboli ineguagliabili, perchè come in pista anche sulla strada di Forca d’Acero quella linea bianca è invalicabile, può segnare il tuo destino e divide la tua vita e quella degli altri. Loro per osare un qualcosa in più usavano i circuiti, in cui il nemico da combattere era il cronometro.
Ognuno di loro aveva un proprio stile di guida,(purtroppo ho avuto la fortuna di vedere solo i piloti recenti) più o meno gradevole alla vista, ma efficace e professionale, protetti dalle loro tute di pelle di canguro, guanti con protezioni, stivali specificii e casco personalizzato, vederli impostare in maniera certosina una curva e poi con un fuori sella del miglior fantino li rendeva dei personaggi mitoligici per metà uomini e metà motocicletta, insomma un vero motociclista, che anche Omero se gli avesse visti gli avrebbe dedicato un capitolo dell’Odissea.
Un vero motociclista non è soltanto colui che ha la licenza per correre, ma chi ha una passione abbinata ad un senso di libertà ma sopratutto rispetto per gli altri.
Quei piloti, preparatori, meccanici, collaudatori, ci lasciano un esempio: rispettiamo le auto, le famiglie, i vacanzieri e tutti gli utenti della strada 666 che in molti ci invidiano. Le moderne orde di scalmanati utilizzatori di moto (che volutamente non chiamo motociclisti, proprio per sottolineare la differenza) stanno infangando la memoria di questi personaggi storici e la loro cultura che hanno cercato di trasmettere alle generazioni future.
E come disse l’immenso Giacomo Agostini “Un concessionario non ti farà mai motociclista”. Purtroppo spesso assistiamo a scene di ordinaria follia, con ragazzi che appena usciti dal concessionario e prendono la statale 666, senza alcuna protezione e cautela, abbandonati da quel senso civico introvabile nella società moderna, cercano di emulare dei professionisti giocando con le loro vite e con quelle degli altri.
La strada di Forca d’Acero o la statale 666 non è una pista, ma una strada divertente da percorrere in moto per panorama e per refrigerio.
Buona strada a tutti