Ogni 1° novembre, la provincia di Frosinone si ferma davanti ai nomi di Federica Mangiapelo e Gilberta Palleschi. Due vite spezzate, due storie che hanno segnato un territorio intero. A loro si aggiunge quella di Serena Mollicone e di tante altre donne vittime di violenza. Non è solo memoria: è un impegno a non voltarsi più dall’altra parte.
Il 1° novembre: il giorno del dolore per la provincia di Frosinone. Ogni anno, in questo giorno, la memoria di due donne di questa terra torna con forza: Federica Mangiapelo e Gilberta Palleschi. Le loro vite, spezzate brutalmente, continuano a lasciare un vuoto profondo nelle comunità che le hanno conosciute e amate.
Tre donne, tre tragedie

Federica aveva appena 16 anni quando, la notte del 31 ottobre 2012, uscì con il suo fidanzato e non fece più ritorno. Il mattino seguente il suo corpo fu trovato sulle rive del lago di Bracciano. Le indagini accertarono che non si trattò di un incidente ma di un’aggressione: Federica venne trascinata in acqua e annegata. Alatri — la sua città di origine — la piange ancora oggi perché quella vita che avrebbe dovuto essere cominciata — tra studi, sogni, amicizie — è stata interrotta troppo presto.
Gilberta, 57 anni, insegnante di inglese e volontaria dell’Unicef, residente a Sora, amava correre, camminare, donarsi agli altri. Il 1° novembre 2014 uscì per una corsa lungo il fiume Fibreno e non fece più ritorno. Dopo circa 40 giorni il suo corpo venne ritrovato in una cava di montagna: vittima di una violenza brutale, con un tentativo di violenza sessuale, malmenata e infine uccisa con una pietra al cranio. Sora e tutta la Ciociaria portano ancora il peso di quella domanda: “Perché tanta ferocia?”.
Accanto a queste due storie c’è la vicenda di Serena Mollicone, 18 anni, scomparsa l’1 giugno 2001 ad Arce. Il suo corpo venne ritrovato dopo due giorni, con mani e piedi legati, un sacchetto sulla testa. Una vicenda che ancora attende piena verità e che richiama quanto la memoria debba avere lunghezza e profondità: non basta ricordare il nome, serve chiedersi perché, serve vigilare fino a che la Giustizia non sia davvero compiuta.
Donne nel mirino

Queste storie individuali si inseriscono in un quadro nazionale che restituisce un’immagine drammatica quanto necessaria da guardare in faccia. In Italia, nel 2024, sono state 113 le donne uccise, di cui 99 in ambito familiare o affettivo. Di queste, 61 hanno perso la vita per mano del partner o dell’ex partner. È segno che la violenza contro le donne non è soltanto un gesto di follia occasionale: è parte di una dinamica in cui la casa, la relazione, la fiducia diventano luoghi di pericolo.
Nel nostro territorio — la provincia di Frosinone — queste tragedie non sono lontane, non sono astratte: sono dentro le nostre strade, nei boschi, nelle sponde dei fiumi che conosciamo. Oltre a Federica, Gilberta e Serena, ci sono altre perdite che restano nella memoria e nell’impegno: donne come Romina De Cesare, Gloria Pompili, Yirelis Pena Santana — e tante altre le cui storie chiedono che non si volti pagina troppo in fretta. È la nostra comunità che ha il dovere della memoria: non solo per piangere, ma per agire.
Non un gesto di pietà

Ricordarle oggi non è stato soltanto un gesto di pietà. È stato un impegno per Federica, ragazza con tutta la vita davanti, per Gilberta, donna che aveva scelto di donarsi agli altri. Per Serena, ragazza di cui ancora cerchiamo verità.
Tutte e tre, e tutte le altre assassinate nel corso degli anni, restano testimoni di un invito: fare della memoria una leva per un cambiamento reale. La provincia di Frosinone le piange, non le dimentica. Ma ora occorre un’aggiunta: la provincia si impegna. Si impegna verso le nuove generazioni, verso una cultura del rispetto, verso una comunità che non assista inerme ma protegga.
E che questo ricordo non resti solo un titolo di cronaca: che diventi materiale vivo di riflessione e magari anche di azione e tutela.



