Il ricordo dell’avvocato Pallini da parte del collega Di Mascio come occasione per ribadire il ruolo di una professione cruciale
Sparare ad un avvocato sembra venire facile, a chi, privo di freni inibitori, matura convincimenti strambi sulla sua presunta inefficacia o su un ruolo avverso alle tue istanze. Se spari ad un avvocato commetti un omicidio, ma con l’arma in pugno magari senti, in animo malato e furore irrispettoso, che in quel momento ti stai riprendendo una Giustizia negata.
Il che è barbaro, ma pare stia trovando substrato sottile. Sparare ad un avvocato non è cosa che per fortuna questa società debole abbia imparato a “digerire eticamente”, ma di certo le pregiudiziali che negli ultimi anni hanno attecchito contro la categoria forense non aiutano.
Né a ridare decoro ad un professione nobile, antica e necessaria, men che mai a togliere le toghe da sotto la cappa del destino (la greca Tyke) e rimetterle sotto il cielo terso della Giustizia (la Dyke).
Qualche volta muoiono

E qualche volta gli avvocati muoiono sparati per davvero. Uccisi da clienti insoddisfatti o da persone rabbiose per averli avuti “contro” nelle logiche di un dibattimento o di una vicenda giudiziaria fascicolare.
Come il 49enne del Foro di Cassino Massimo Pallini, ucciso con quattro colpi di pistola dal santeliano Natalino Di Mambro il 27 ottobre del 2010. Il pensionato irruppe nello studio a via Cimarosa ed uccise il legale, marito e padre di quello che allora era un bimbo.
Dietro quella mano armata c’erano le disavventure dell’offender in ordine ad alcune aste giudiziarie. Omicida che venne rintracciato, processato e condannato, prima a 30 anni e poi con pena dimezzata a Piazza Cavour.
La lettera di Di Mascio
Giuseppe Di Mascio è presidente dell’Ordine Forense di Cassino, era collega ed amico di Pallini, ed ha voluto scrivere una lettera ad ognuno dei suoi colleghi. Il legale lo ha fatto in primis per annunciare la Messa di suffragio in memoria dell’Avvocato Pallini.

Cerimonia commemorativa che sarà celebrata a Cassino domani, lunedì 27 ottobre alle ore 18 nella Chiesa di Sant’Antonio di Padova. Ma Di Mascio ha fatto di più: ha colto l’occasione per una amara riflessione su quella sorta di “deprezzamento sottile” che da un po’ di tempo coinvolge una professione senza la quale il Diritto non troverebbe applicazione compiuta.
E con la quale il Diritto di rialza: fiero, certo delle sue funzioni. Inattaccabile nella sua sacra bipolarità procedurale e dibattimentale. “Carissimi Colleghi, in occasione del quindicesimo anniversario del barbaro assassinio del compianto Avvocato Massimo Pallini sento la necessità di scrivere personalmente ad ognuno di voi”.
Ricordo doloroso
“L’Avvocato Massimo Pallini fu brutalmente ucciso con quattro colpi di pistola nel suo studio il giorno 27 ottobre 2010”. Di Mascio non concede spazi ai sofismi: “In un grigio pomeriggio di ottobre una mano assassina e soprattutto vile pose fine alla sua esistenza. Il movente e le modalità di questo orrendo delitto erano strettamente legati all’esercizio di quella nobile Professione Forense che nemmeno un gesto così infame potrà mai infangare né intimidire”.

Poi l’amarcord, sentito, forte. “Massimo Pallini iniziò ad esercitare la professione a Roma ma dopo qualche anno si trasferì a Cassino. Con l’aiuto della cara moglie Eliana, partendo praticamente da zero, aprì il suo studio, riuscendo in pochi anni ad annoverare una considerevole clientela”.
“Una vita di impegno e di sacrifici, costruita, giorno dopo giorno, con spirito di abnegazione, con la dedizione al suo lavoro. Una storia d’amore, di progetti di vita insieme, spazzata via con un colpo di spugna in un pomeriggio di ottobre”.
Morire per quello che si fa
Cosa è un eroe borghese? E’ una persona che muore per quello che credeva servisse alla società. “Proprio per questo l’Avv. Massimo Pallini è stato considerato un ‘Eroe Borghese’, vittima di un bieco assassino che vigliaccamente non gli ha dato nessuna possibilità di difendersi. Fu una vile aggressione che offese non solo la sua persona, la sua famiglia, ma anche tutta l’Avvocatura”.
Mai dimenticare quindi. “A distanza di anni è ancora più attuale una riflessione su quanto accaduto soprattutto per ribadire la Nobiltà ed il Valore di una Professione che affonda le sue radici nell’inizio della convivenza umana”.
Poi l’affondo: “E che non può essere infangata né intimidita da un gesto così vile ed infame”. L’amara riflessione arriva d’impeto. “Purtroppo, dobbiamo prendere atto che nel sentire comune è sempre minore la considerazione che si ha della nostra professione”.
L’Avvocatura e i pregiudizi
Perché? Perché “negli ultimi anni si è affermato un trend culturale che ha partorito un vero e proprio pregiudizio ideologico nei confronti dell’Avvocatura”. Quindi serve una dichiarazione di intenti.
“Pur in questo diffuso clima di diffidenza, però, abbiamo il dovere di riaffermare il ruolo centrale dell’Avvocatura in una società che assuma di voler assicurare la libertà e la giustizia!”.
Quindi “è ora il tempo di cercare il riscatto facendo leva sul nostro orgoglio consapevoli, però, che lo stile di vita, la correttezza professionale ed un comportamento sempre più rispettoso dello spirito di colleganza, sono gli strumenti principe per riaffermare la dignità del ceto forense”.
Quella di domani non sarà solo una messa in suffragio: sarà uno scatto di orgoglio: nel nome di Massimo. Nel nome della toga che indossava lui e delle toghe che ne hanno raccolto l’esempio..




