
Analisi scomoda, scorretta ed imperfetta di un fenomeno che forse ha radici molto meno etiche di quanto sembri oggi
Una illuminante tesi di Alemanno Neri della Luiss dal titolo “L’astensionismo elettorale alle elezioni legislative in Italia: cause, entità del fenomeno e possibili soluzioni” ci apre spiragli cartesiani su un fenomeno che andrebbe studiato con un maggior cinismo. Non il cinismo scemo per il quale si devono proclamare a tutti i costi assiomi “forti” o per sottolineare letture magnetiche, quanto piuttosto quello sereno e disincantato per svelare verità scomode. E che nessuno dice.
Da questo punto di vista l’ottimo lavoro effettuato per il Dipartimento di Scienze Politiche, Corso di Governo, Amministrazione e Politica del professor Lorenzo De Sio offre una libbra di carne in preambolo molto utile. E’ questa, in punto schietto di definizione introduttiva.
La sfida per la salute della democrazia

“L’astensionismo elettorale rappresenta una delle sfide più rilevanti per la salute della democrazia italiana. Dagli anni ’70, quando oltre il 90% degli elettori si presentavano a votare, l’affluenza alle urne ha conosciuto una progressiva discesa fino a raggiungere quasi il 60% alle elezioni legislative del 2022”.
Una percentuale che è scesa di diversi punti in tutti gli appuntamenti d’urna ex post e che ha confermato un trend empirico: gli italiani non votano più o votano pochissimo. Perciò a determinare maggioranze, rotte, sorti dei sistemi decisori complessi e vita quotidiana dei cittadini sono delle “oligarchie” scremate da un parziale esercizio della democrazia.
Che resta un diritto ed un valore in punto di etica ma ha una funzionalità ridotta in quanto ad utilizzo pratico. “Ciò comporta importanti problemi dal punto di vista economico, sociale ed istituzionale”.
I due effetti palesi
“Da un lato, la scelta di astenersi equivale a rinunciare che i propri interessi vengano rappresentati nei palazzi del potere in cui si elaborano le politiche pubbliche”. Poi c’è il fattore due: “Dall’altro, essendo il suffragio l’istituto che conferisce legittimità ad ogni democrazia, una bassa partecipazione elle elezioni dimostra un allontanamento dei cittadini”.

Cittadini che si tengono tra il fiero ed il noncurante distanti “non solo dai partiti, ma anche dalle istituzioni rappresentative e garanti della democrazia italiana”. Con quale effetto? “Ad una minore affluenza elettorale corrisponde una minore qualità della democrazia del paese”. Perché se sono pochi a votare e decidere, allora il frutto della loro decisione non è rappresentativo di tutto il Paese. Paese che perde l’occasione della ecumenicità massima possibile in ordine alla sua capacità di rappresentanza.
Giorgia che vinse ma non per tutti
Il caso di Giorgia Meloni è esemplare. A suo tempo, a settembre 2022 cioè, Nando Paglioncelli spiegò che “Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni è il primo partito”. Tuttavia “nelle elezioni politiche 2022 c’è un ulteriore aspetto da considerare: il nuovo clamoroso record di astensione che ha raggiunto circa il 37%. Domenica 25 settembre oltre 16,5 milioni di italiani non hanno votato, un dato in crescita di 9 punti rispetto al 2018 con oltre 4 milioni di astensionisti in più”.

Eppure, con quasi 17 milioni di elettori che neanche tirarono la scheda fuori dal cassetto, oggi Meloni proclama ad ogni pie’ sospinto che lei governa, sceglie, decise ed a volte sbaglia “nel nome degli italiani”. Non fa una grinza, perché lei allude a quegli italiani che hanno esercitato un diritto. Tuttavia sono italiani anche quelli che non lo esercitarono, e qui scatta l’ossimoro. Ecco perché oggi si è accentuato il fenomeno per cui chi va a governare sta sempre costantemente in scia con i suoi elettori e non con tutto il Paese.
I dati della provincia di Frosinone
Non votare equivale a rinunciare al proprio potere di rappresentanza oppure significa che qualcosa deve cambiare nel sistema Paese? In provincia di Frosinone, a settembre 2022, i votanti crasharono. Di oltre dieci punti ed in linea col dato nazionale. Fu solo il 63 per cento degli elettori della Ciociaria a dire la sua in urna ed a votare non ci andarono 137mila ciociari.

Più o meno un triplo abbondante degli abitanti del comune capoluogo in una provincia che ha solo in Cassino una città, seconda in range, con più di circa 35mila abitanti. Insomma ed al di là dell’ovvio, l’astensionismo è un problema, al di là di chi la sua epifania abbia mandato a decidere per noi. Il che conduce al problema due e ad una domanda.
L’analisi scomoda
Eccola: al netto della disillusione giovanile che pure andrebbe analizzata noi a votare non ci andiamo più perché siamo delusi eticamente oppure perché siamo materialmente inappagati? Ecco, qui dovremmo essere più cinici per evitare di essere più ipocriti. Il dato è che, forse e per parte congrua, l’astensionismo non c’entra proprio nulla con la disillusione etica.
Fatta la tara a buona fede di pochi e pigrizia di molti gli italiani votano di meno perché la politica, per esiguità di cassa, collegi locali scarsini per candidature indicate dalle segreteria e non affinate dal door to door e capacità offensive alla gazzosa, fa meno favori diretti. Che significa? Che, con un pizzico di cinismo, manca all’appello la fetta storica di italiani che ha sempre infilato la scheda nell’urna pensando alla sola collettività che conoscono e riconoscono: la famiglia.
Guicciardini mon amour

Il dato è scomodo ma il Rosatellum lo ha fatto emergere, anche se in pochi di noi lo ammettono. Fatta la tara alle doverose e lodevoli indoli civiche di italiani che non devono sentirsi offesi noi siamo guicciardiniani da sempre. Amiamo quello che il toscano definiva “el suo particulare” e siamo sempre stati mediamente involuti come macachi sul bene comune.
Solo che essendo anche (mediamente, per carità) ipocriti e mediamente analfabeti ci costa ammetterlo. Su 10 di noi 4 hanno sempre votato per una idoneità ad un concorso o per il figlio militare vicino a mammà. Poi la naja è finita, le chiamate sono diventate solo a contratto. E i conti alla fine tornano.
Senza “zizza” votare non serve

Perciò il capezzolo delle grandi opportunità di micro sistema (qualcuno direbbe “la zizza”) si è fatto secco e molti hanno iniziato a pensare che votare fosse inutile. Sono 20 anni che tutti, più o meno, sentiamo dire che “tanto la politica è zozza” da gente che lo diceva per mascherare quanto fosse zozza lei.
E forse sarebbe ora di finirla di usare ottime analisi come biechi struscioni sociologici. Ed ammettere che non è finita la fiducia. Piuttosto si è rotto un patto di reciproca sazietà. E questo è un bene ma solo per qualcuno. Perché alla faccia dei democratici veri e di quelli da balera la vera democrazia è oligarchica. E tutto questo è molto amaro. Ma in parte è reale.