
Il primo novembre, giorno di tutti i santi, si entra in Chiesa, o solo dentro se stessi, e non si chiede miracolo, ma la possibilità che, comunque sia, non siamo soli che c'è sempre un santo a cui votarsi.
Esiste una festa per i cattolici che è particolare dentro un mondo di religioni monoteiste: Ognisanti. Chissà se è ricordo del bisogno romano di avere una divinità per ogni cosa e su tutte la divinità di creare quella che è la madre feconda. Sta di fatto che questa ricorrenza non me l’ha insegnato il rigore pio di mia nonna, Za Pippa, ma la follia deicida di miscredenti così rigorosi da credere anche di più.
“Protestare con Dio, talvolta arrabbiarsi un po’, fa bene. Perché ci fa svegliare questo rapporto da figlio a Padre, da figlia a Padre che noi dobbiamo avere con Dio” ha spiegato di recente Papa Francesco.
Ogni santo ha il suo miracolo

Ogni santi e ogni santo ha il suo miracolo: sant’Antonio si innamorò del porcellino, San Michele era cacciatore di draghi, San Marco scriveva le memorie di Dio, San Tommaso ci voleva mettere il naso. Il mio San Lidano non amava il “canto” delle rane, san Cataldo era permaloso, Sant’Agostino conosceva le cose del mondo e nell’edificare la città di Dio capiva quella degli uomini.
E le sante? Cercavano l’estasi in una fede travolgente, oltre le umane possibilità, così straordinarie che anche l’arte a questa estasi si è inchinata ed è diventata bellezza. Ecco che queste cose non sono cose che erano pie nel racconto da fare ad un bambino, poi ragazzo, poi uomo.
Per ogni malattia c’è una cura
Grandi bestemmiatori, irati con un Dio che aveva dimenticato la misericordia per lui. Irati con santi che non governavano le cose che erano chiamati a governare così facendo si facevano amare. Per ogni malattia c’è la sua cura, per ogni dolore il suo antidoto. E quindi per ogni bisogno c’è il suo santo e se anche questa speranza finisce c’è Maria “ultima speme dei tribolati”.

Mi hanno spiegato il giorno di Ognisanti, il primo novembre, i miei contadini che non erano preti, non erano cosini. Però sapevano che oltre questo mondo c’è il mondo e dentro ci sono presenze che sono state uomini. Ogni santo è stato uomo, ogni santa è stata donna: non insegnano una vita che non conoscono, ma testimoniano la vita che hanno fatto. Il bestemmiatore non offende ma riconosce, è deluso ma spera, è vivo e non vuole finire qui.
Non una festa, ma l’amico per lenire
Ognisanti non ha bisogno di teologiche spiegazioni, ma è l’amico, la compagna di cui non abbiamo bisogno per lenire, ma per vivere e vivere è sperare. Così, ho imparato da quei miscredenti bestemmiatori che la speranza non è mai permalosa ma riconoscente: San Rocco salvò dalla peste, e da allora è onorato in gloria. I fedeli a gridare “Viva San Rocco”, ma i falsi credenti irriconoscenti di quella peste scacciata mangiano le ciambelle alla faccia di chi non ha pane.

Il bestemmiatore inveisce contro i ritardi del santo ma divide il pane. Così è il credere da queste parti dove comandava il Papa ma non i preti, dove servivano pagani ricordi per una cristiana religione ma umana.
Il primo novembre, giorno di tutti i santi, si entra in Chiesa, o solo dentro se stessi, e non si chiede miracolo, ma la possibilità che, comunque sia, non siamo soli che c’è sempre un santo a cui votarsi.
Per pregarlo o per bestemmiarlo ma comunque considerarlo e il creatore fece di certo la bontà, ma lavorò anche per fare l’ira.