La pietra tombale che non è calata sul ricordo di Serena: che aspetta ancora

Le parole dell'avvocato Sandro Salera, legale di Consuelo Mollicone, e l’abbraccio che ormai manca da 24 anni tra Legge e Giustizia

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Legge e Giustizia. Sono eguali? No, assolutamente. E quello che successe a Serena lo dimostra. Amaramente e fisiologicamente al contempo. Il passato remoto è la sola chiave di lettura di una vicenda che sopravvive ai tempi verbali e che è ancora mestamente presente. Ed irrisolta in punto di Diritto. Riflettiamo: cosa è successo davvero a Roma, nel “Palazzone” della Corte di Cassazione dove, a piazza Cavour, deliberano i giudici con la stola rossa oggi bordata (Deo Gratias) di pelliccia sintetica?

Lo ha esposto in maniera duplice Sandro Salera, legale di parte civile per Consuelo assieme ad collega Antonio Iafrate nel lungo (troppo lungo) procedimento. Una lunga trama di difficile applicazione della Norma che ha condotto in toto a ben quattro Corti di Assise ed a due pronunciamenti degli “Ermellini” di Piazza Cavour.

Un’attesa lunga 24 anni

E poi all’imputazione per un innocente con firme Gup forse troppo frettolose alle misure di cautela ed a quelle, ancor in corso, per cinque persone prima e per tre oggi. Tutto questo in 24 anni e con la morte di un padre nel mezzo, padre di figlia ammazzata e con attori e perché ancora non qualificati in un definitivo.

Il dato crudo è quello noto a tutti: la Cassazione ha rinviato ad una nuova Corte di Appello diversamente composita la valutazione dibattimentale delle presunte responsabilità della famiglia Mottola nel delitto di Arce dei primi di giugno 2001.

Qualcosa non avrebbe funzionato in punto di Procedura. E nel modo con cui si era arrivati alla verità giudiziaria di secondo grado che aveva confermato le assoluzioni di primo grado. E quel qualcosa sta scritto in motivazioni che sono in fase di redazione, ergo solo ipotizzabili.

Tutto di nuovo in verifica

Foto: Massimo Percossi © Ansa

La Procura aveva appellato e le toghe della Suprema hanno rimesso tutto in gioco. Parrebbe sulla scorta di due elementi: carenze nella qualificazione oggettiva dello scenario per cui Serena sarebbe stata o meno presente fisicamente nella caserma dei Carabinieri di Arce ed un presunto teste chiave. Un militare che avrebbe raccolto le confidenze del brigadiere Santino Tuzi, suicida l’11 aprile del 2008. Questo pochi giorni dopo aver dichiarato di aver visto una ragazza con fattezze compatibili con quelle di Serena in caserma.

Sandro Salera era un “giovane avvocato all’epoca dei fatti”. Da allora di strada ne ha fatta: i successi nel Foro ed una nomea, meritata, di esserne uno dei “Principi”. Una cosa è certa: il legale cassinate è riuscito a condensare forse meglio di tutti – intervistato per “A Porte Aperte” su Teleuniverso lo stato dell’arte nel difficile caso. Emotivo e procedurale.

Le parole dell’avvocato Salera

Sandro Salera

Con parole accorte che hanno declinato sia gli aspetti tecnici della lunga (troppo lunga) vicenda giudiziaria che quelli empatici di un caso lacerante. Caso che di per sé rappresenta una ferita aperta nell’applicazione del Diritto. Perché non c’è (ci sono) ancora colpevole e perché Legge e Giustizia forse non sono mai state così lontane come nel caso del delitto Mollicone.

La Legge che spezza l’attesa della Giustizia e la Giustizia che si realizza tramite la Legge. In tempi congrui: lo dicono l’articolo 111 della Costituzione e ce lo ha ricordato per oltre un decennio la faccia schiantata ma indomita del maestro Guglielmo.

Della pronuncia della Cassazione Salera si è detto “molto soddisfatto, perché questo è un risultato importante che potrà condurci ad un esito favorevole del processo”. Ma Salera è legale di parte civile, parte lesa e dolorante ancora, perciò ha spiegato che “chiaramente questo risultato vorrei dedicarlo a Serena e Guglielmo Mollicone”. In Procedura la parte civile può solo “seguire la scia” dell’accusa, non può chiedere condanne ma solo avallare quelle elaborate dai requirenti.

Il “lavoro del Pm Siravo”

Perciò Salera ha espresso un “particolare apprezzamento alla Procura della Repubblica di Cassino. (Procura) che attraverso la dottoressa Beatrice Siravo ha compiuto un lavoro importante e certosino, che è stato premiato dalla Suprema Corte”. Non poteva mancare il riconoscimento allo storico avvocato della famiglia Mollicone, il “collega Dario De Santis. Fu lui che mi volle e scelse, quando ero ancora un giovane avvocato e quando queste vicende ebbero inizio”.

Salera mette da parte la soddisfazione, questione di eleganza e Procedura. Sa che nell’Appello bis nulla è scontato, che la veste indiziaria del procedimento è (quasi) del tutto inalterata e che adesso si deve “lavorare per il futuro”. Il dato empirico è quello dei possibili nuovi scenari. E rispetto a quelli l’avvocato Salera è andato a silloge.

I possibili nuovo scenari

Così: “La Suprema, con la sentenza di annullamento, ha rinviato il processo innanzi alla Corte di Assise d’Appello di Roma in diversa composizione”. Che significa? Che la Cassazione non ha condannato i Mottola o asseverato la loro certa colpevolezza che attende solo un bollino di merito, ma ha “solo” statuito che il metodo per arrivare alla verità giudiziaria con cui era maturata la loro assoluzione è stato carente.

“Ora sarà importante verificare quale sarà il perimetro di criticità che la Suprema ha individuato. In ordine ad una eventuale carenza istruttoria, in ordine alla eventuale non ammissione di un teste determinante. E in ordine anche alla superficialità di valutazione del complesso indiziario”.

I nuovi pezzi del puzzle

L’avvocato Sandro Salera

Che vuol dire? Che quel processo sarebbe stato apparecchiato male e che forse c’è qualcuno che possiede un pezzo di verità. Un pezzo forse determinante, forse ininfluente. Ecco, la seconda Corte di Appello dovrà ricominciare includendo i nuovi pezzi nel puzzle, e verificare se si arriverà ad un verità simile o divergente dalla prima. Salera ha chiosato: “Peraltro non possiamo dimenticare come la Procura generale abbia definito ‘pilatesca’ la sentenza impugnata. E questo è certamente un aspetto pesante e non trascurabile”.

Perché “pilatesca”, anche se in definizione di parte a dibattimento? Perché a parere del Pg nella vicenda Mollicone nessuno si è voluto assumere la responsabilità di emettere una condanna. Dopo le prime firme Gup alle misure per Carmine Belli sfociate in una “sconfitta” per il primo team requirente Arcuri-Morra quel fascicolo ormai ingiallito è diventato rovente come la lava.

Dopo Belli tutti “Pilato”

Il che in punto di Diritto è un bene in assenza di prove. Ed a sua volta prova provata del fatto che su quel fascicolo grava lo spettro inibitorio del primissimo errore giudiziario.

Di quando cioè venne incarcerato, rinviato a giudizio, gettato in pasto alle tv anche con repliche di discesa dalle scale dei luoghi di fermo ad uso di troupes tv nazionali, poi processato e poi assolto sui tre gradi il carrozziere Carmine Belli.

Nessun auspicio, valutare prima

In ordine all’auspicio di una sentenza di condanna l’avvocato Salera dimostra perché lui è “Sandro Salera“, e perché 24 anni fa gli venne chiesto di rappresentare la sorella di una 18enne ammazzata. Ancora oggi senza che si sappia chi la spedì tra ricordi, dolore e rammarico.

“Sarebbe poco serio azzardare oggi auspici di questo tipo prima degli approfondimenti. Quel che è certo è che la Corte di Cassazione avrebbe potuto porre una pietra tombale su questo processo. E questo non è avvenuto.