
Dopo il caso delle lettere anonime che hanno colpito sul personale esponenti della maggioranza del Comune di Anagni, il sindaco è sceso in campo con una dura presa di posizione. Le critiche sono legittime ma non è tollerabile scivolare sul piano privato
C’è un episodio che dimostra quanto siano cambiate le regole del dibattito politico, a tutti i i livelli. E non in meglio. Riavvolgiamo il nastro; lo sfondo è quello delle presidenziali di 17 anni fa. Gli Usa stanno per eleggere il loro primo presidente di colore, Barack Obama. Il suo avversario è John McCain, senatore repubblicano. Un galantuomo, eroe della guerra del Vietnam, convinto che in politica esistano avversari, non nemici. Tanto che quando, durante un dibattito televisivo, Obama viene attaccato perché nero e musulmano, è lo stesso McCain a prendere le sue difese: “Obama – dice McCain – è una brava persona, che ha idee diverse dalle mie”.
Una frase da marziano, oggettivamente. Perché dimostra come sia possibile confrontarsi da avversari, ma conservando il rispetto, se non proprio la stima, nei confronti dell’interlocutore. Non solo per educazione e stile (che comunque non guastano mai). Quanto per il fatto che in politica le regole del gioco condivise sono essenziali. Altrimenti c’è solo la trivialità. O la legge del più forte. Non necessariamente in quest’ordine.
Il coraggio del sindaco Natalia

Un esempio? Qualche giorno fa ad Anagni il sindaco Daniele Natalia ha deciso di rompere gli indugi sul caso del “corvo”. Ovvero? L’autore di una lettera anonima diffusa su tutto il territorio. Lettera in cui, con toni irriferibili (ed infatti non ne abbiamo parlato) l’autore ha sparato a zero su tutti i componenti della maggioranza consiliare. Lanciando accuse in ambito amministrativo e privato.
Non è la prima volta che il dibattito politico cittadino viene reso torbido da vicende del genere. In seguito a ciò, ed al di là dell’aspetto giudiziario della vicenda (c’è una denuncia, e conseguentemente un’indagine in corso), la novità rispetto alle altre volte è la decisione del primo cittadino di tornare sulla vicenda con una serie di dichiarazioni alla stampa.

Decisione coraggiosa, visto che questo ha, di fatto, riportato in auge la discussione sulla lettera anonima. Il cui destino, come in altri casi, sarebbe stato quello di spegnersi progressivamente.
In questo senso, Natalia ha avuto coraggio. Accettando la sfida (ed il pericolo) di tornare a far parlare del caso. Perché lo ha fatto? A dirlo è stato lui stesso: “Non è tollerabile l’aver coinvolto persone estranee alla politica costruendo ad arte storie e fatti che pur non avendo nulla di fondato hanno comunque procurato tanto disagio e dolore alle persone citate”.
Gli attacchi personali non vanno tollerati
Le parole sono importanti. E colgono il punto. Il problema non è tanto l’attacco politico, ma quello personale. L’idea di voler colpire una persona non spingendo, anche duramente, su (eventuali) criticità politiche o amministrative, ma sulle (presunte) debolezze private. Questa è la discriminante. Il momento in cui l’attacco diventa personale, non istituzionale. E bisogna reagire.

Ad Anagni, come detto, c’è una lunga tradizione di lettere anonime (e meno) che, in anni oramai lontani, avevano già suscitato vespai non indifferenti. Chi ha qualche anno ricorderà la querelle Fiorito-PD su una pubblicazione che, giocando sull’espressione “Cosa nostra” lasciava pensare a frequentazioni complicate della maggioranza politica di allora. Oppure, qualche anno dopo, il volantino realizzato per colpire (e affondare) l’allora candidato del centro sinistra Enzo Diurni.
Qual è il punto comune di questi esempi? In entrambi i casi si puntava su (presunte) storture legate all’attività di governo. Qui si è deciso di passare (e pesantemente) al privato. Ma così la politica diventa lotta nel fango. Una cosa che la città non merita. Anche perché, molto banalmente, se l’idea era quella di destabilizzare l’ambiente, la conseguenza è stata, paradossalmente, quella di far compattare dietro al primo cittadino una maggioranza che tutto è meno che compatta. E che invece, fatalmente, ha stretto le fila. Non esattamente un gran risultato.
La critica è legittima ma deve essere politica

La morale di questa storia è semplice. La critica va esercitata sul piano politico. Con toni, nel caso, durissimi ma senza superare certi limiti. Nel caso di specie, gli elementi su cui puntare per colpire le fragilità e le contraddizioni della maggioranza di centrodestra non mancano. Ritardi amministrativi, faide interne, lotte per la successione. Il quadro del mondo conservatore è molto meno idilliaco di come lo si voglia far apparire. Ed incidere si può.
Ma serve la politica. Non il fango.