Saviano ridotto a modello negativo, ed è colpa anche… di Caivano e Cassino

Il post di Fratelli d’Italia in occasione dell’anniversario della strage di Capaci ed una tesi quanto meno ardita

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Roberto Saviano ci ha sempre tenuto, a girare la clessidra delle smanie analitiche sulla sua persona e sulla sua opera di maggior successo. E lo scrittore che vive da lustri sotto protezione ha sempre precisato che non è stato “Gomorra” a suscitare spirito e modelli di emulazione nelle parti giovani delle società in cui lo Stato si è mezzo arreso.

Semmai, se non ci fossero stati i fenomeni letterari e catodici che hanno preso in esame l’universo della camorra allora quello stesso universo, a sé stante e con modelli di emulazione tutti propri, sarebbe rimasto nella sua nicchia d’ombra.

E di conseguenza non si sarebbero accesi riflettori “maggiorati” sulla perniciosità beffarda del suo esistere.

Il welfare alternativo

don Giuseppe Diana ucciso in chiesa dalla camorra

Su quella e soprattutto di un welfare interno di tale potenza da scalzare qualsiasi sistema complesso legalitario debole come quello istituzionale. Paradossalmente e per comprendere la portata dell’analisi dello scrittore basterà citare due esempi.

Uno che rimanda alla concezione pubblicistica del fenomeno della malavita associata ed un altro che richiama il lessico che è andato dopo la pubblicazione del suo romanzo.

L’attenzione che cambia le cose

Partiamo da Caivano: era (ed è ancora, spiace per l’attuale Esecutivo) un archetipo di quella camorra metropolitana e pasciuta ai margini delle grandi aree urbane. Una mala endemica che nel corso di decenni di indolenza statale ha saputo fagocitare tutto: dignità sociale, decoro, diritto al lavoro e cultura della legalità soprattutto nei giovani.

Eppure, quando il governo attuale lo aveva scelto come “spot da spot” per dimostrare che la lotta alla camorra è uno dei suoi punti cardinali in agenda nessuno si è sognato di dire una cosa essenziale.

Che al di là delle smanie pubblicistiche di Palazzo Chigi oggi a Caivano i clan sono più deboli perché sono più attenzionati. Ergo: non è vero che avere a che fare, in maniera culturale o istituzionale con i malommi campani significa creare modelli in negativo, ma “solo” disvelare modelli negativi proprio perché si è deciso di avere a che fare con essi.

E magari batterli.

Cassino, “Storie infinite e gomorrini”

E veniamo a Cassino: nel corso dell’ultimo decennio la Città Martire è stata teatro di episodi, e conseguenti, micidiali, reazioni della magistratura che occhieggiavano ai modelli organizzativi e criminali dei clan aversani.

Nel frattempo era andata in onda la serie “Gomorra”, ispirata e sotto consulenza di Roberto Saviano, ed era nato un lessico di iperbole. Quello per cui gli arrestati erano “gomorrini”. Poi indagini come “La Storia Infinita” che erano state descritte come archetipo di un modello malavitoso che ormai aveva attecchito anche a Cassino.

Il punto però è un altro, al di là della flebilità dello spessore criminale dei coinvolti in giudicato. Ed è quello per cui non è stato Saviano a creare un modello da emulare, ma l’imbolsimento delle singole società cittadine a svelare come a volte il guappo cassinate o ciociaro copi quei “suoi” modelli autonomamente acquisiti.

I malommi non leggono

E no, non sono modelli che quel format illegale ha “rubato” alla televisione incentivando la sua predisposizione al crimine. Men che mai ad un ottimo libro, dato che in certi ambiti e purtroppo (tolte eccezioni ‘virtuose’ come Augusto la Torre ‘O’Chiuvo’ che leggeva Hegel) leggere è un po’ una mezza eresia. Oppure come smettere di avere settimanalmente ed a 17 anni i soldi per comparsi mezza boutique griffata ed invece decidere di fare domanda alla Comau.

Carabinieri in un’operazione antimafia. Foto © Imagoeconomica

Il piccolo criminale che spaccia frequenta le piazze della camorra e ne assimila i riti, per osmosi entusiasta li fa suoi e ne diventa una concrezione “minimal”. Un format culturale aberrante che poi i media leggono come prova provata di un contagio totale.

Ecco perché il post di Fratelli d’Italia pubblicato in occasione della ricorrenza della strage di Capaci è una faccenda storta nel merito e messa storta nella forma.

Il post di Fdi: inutile

Il post recita: “Diffida di chi ha migliorato la propria vita speculando sulla criminalità. Prendi esempio da chi l’ha combattuta, pagando con la vita”. Come a sire che Falcone e Borsellino sono martiri e Saviano invece è una sanguisuga. La domanda è d’obbligo: al di là dell’analisi stortignaccola, siamo sicuri che Roberto Saviano nello scrivere di camorra abbia migliorato davvero la sua vita?

Giorgia Meloni

Bene ha fatto Nicola Fratoianni di Avs a replicare, ed a farlo con durezza canonica.

Così, e contrastando una rara ineleganza, non foss’altro per aver avuto input converso in occasione di un ricordo che dovrebbe essere ecumenico: “Nel giorno in cui si ricordano le vittime di una delle stragi più efferate della mafia, come Giovanni Falcone, sua moglie e il personale di scorta, il partito della premier, sull’account ufficiale di FdI, non trova di meglio che attaccare un intellettuale come Roberto Saviano.

Poi la precisazione, doverosa ma pleonastica, a contare che tra Giorgia Meloni e lo scrittore scorre il sangue cattivo di chi decisamente non si ama e che supera ormai le questioni di merito. “E lo fanno senza citarlo, lanciando la pietra e nascondendo la mano. Come i codardi. E lo fanno utilizzando le stesse argomentazioni che ricordano quelli che la camorra ha utilizzato contro Saviano”.

Abbandonare Saviano?

Roberto Saviano (Foto: Canio Romaniello © Imagoeconomica)

E a chiosa magari un filino iperbolica: “Lo dice il partito della presidente del Consiglio, un messaggio pericolosissimo che può essere letto come lo Stato che abbandona Saviano (e gli disegna un bersaglio sulla schiena). Lo scrittore vive sotto scorta da anni ormai, proprio per aver avuto il coraggio di raccontare. Lo Stato dovrebbe proteggerlo. E invece…”.

E invece “Gomorra” non sarebbe più un esempio da cui trarre linfa per cambiare la società italiana nella sua parte peggiore, ma un totem per dimostrare che peggiore lo è diventata grazie ad una cosa che, invece, le società le ha sempre migliorate.

Qualche centinaio di pagine attaccate ad una copertina in cui le brutture del mondo non trovino più i pascoli d’ombra che le avevano fatte diventare giganti. Un’occasione di riscatto, e ben vedere, non certo una prova di interessato dolo.