Un'ecografia sbagliata, l'incubo di una gravidanza fatta entrando ed uscendo dall'ospedale. A portare la serenità era Marina... che ora vola tra gli angeli.
Ricordi in bianco e nero… Ogni tanto l’archivio fotografico di Piero Albery ti consegna delle immagini che ti lasciano senza parole, ti scaraventano in un fiume inarrestabile di ricordi.
Fissa la tua attenzione sul primo volto sorridente a destra. Sorridono tutte, sorridono alla vita. Sono giovani ragazze di quella generazione che ha attraversato la mia gioventù ad Arpino.
Marina Iafrate, la prima a destra, è stata una mia compagna di classe così come la Tulliola al centro. La Marina aveva una casa bellissima nel quartiere Ponte, con un cortile talmente grande che si poteva giocare all’aperto. Spesso ero ospite privilegiata, per via di quelle amicizie tra ”grandi”: un mio zio e un suo zio stavano spesso insieme.
Nonostante quel sorriso invitante, una malattia l’ha strappata precocemente alla vita. Ricordi in bianco e nero… lei era diventata infermiera, all’ospedale di Arpino. L’ho incontrata in una ”sosta piacevole, ma piena di ansie”: la prima volta che si affacciava nella mia vita una nuova condizione, la mia prima maternità.
Una frana, ricordi in bianco e nero, un’ecografia sbagliata aveva scatenato dubbi, una gravidanza vissuta entrando e uscendo dagli ospedali. La logica avrebbe voluto la scelta di un ospedale altisonante, invece ero tornata ”al paesello”. Ansie e paure divise proprio con lei, che già aveva la sua malattia galoppante.
Ricordi in bianco e nero… Incredibile. A restituirmi la calma dell’attesa fu proprio lei. Fu proprio lei, appena sveglia dal cesareo, anestesia totale, a dirmi «che dicevo, manco in incubatrice, ha tutto, è bella e sta bene». Nei miei ricordi lei è diventata l’angelo della vita.
L’archivio di Piero la consegna nelle sfilate del gonfalone, quartiere Ponte, la restituisce nelle feste, immagini sorridenti. Possibile – si chiede qualcuno – che i ricordi di quell’epoca sono sempre belli, che eri felice in un paese che era molto classista? Quella piazza era la nostra prigione dorata da cui volevamo fuggire.
Con Marina non andavo solo a scuola, ma ho trascorso molto tempo in quella casa sempre aperta. Ricordo una sorella più grande Rosalba, papà Antonio e mamma Gina. Se la memoria nei ricordi in bianco e nero non si confonde, in quella casa per un periodo ha abitato anche mio zio Angelo, già stava male ed era stato ospitato in attesa dei lavori nella casa di Arpino. Con la malattia da Roma era voluto tornare a vivere ad Arpino, in quella casa ”zio Marcello” lo aveva adottato come un fratello, con la sua auto l’accompagnava in piazza, ma questa é un’ altra storia.