Quattro passi con Giovanni (il Duro del weekend)

Luciano Duro

Narratore e Sognatore

Ho incontrato un amico che non vedevo più da tanto tempo. Andò via da Isola del Liri, subito dopo la laurea e si era affermato come giurista e docente universitario.

Abbiamo percorso insieme un tratto di strada alimentando i sogni di quella stagione irripetibile degli anni ’60, quando il cambiamento sembrava a portata di mano.

Era andato in giro per il mondo e si era fermato a Milano. L’ora era tarda, passeggiavamo tranquilli in una città deserta con il freddo gelido e l’umidità del fiume che penetrava fino alle ossa.

Discorrevamo così, tra vecchi amici che si volevano bene nonostante la distanza che ci teneva lontani.

Stimavo Giovanni che aveva fatto scelte coraggiose allontanandosi da una provincia arida che non offriva ciò che lui cercava.

Fu inevitabile che si parlasse del mio essere stato sindaco, un ruolo che meglio di prima mi aveva consentito di osservare la complessità delle esigenze e le caratteristiche diverse e spesso contrapposte, all’interno di un tessuto sociale in rapido e tumultuoso cambiamento. Lui mi ascoltava ed io ero un fiume in piena che aveva travolto ogni argine. «Vedi Giovanni, ho conosciuto uomini e donne di grande dirittura morale con il senso del giusto e dell’onesto, ma ho incontrato anche uomini cosi piccoli ma tanto piccoli da essere pericolosi nel contesto in cui operano, da loro mi sono tenuto lontano perché gli uomini “piccoli piccoli” sono ambigui, cattivi e narcisisti, pronti alla delazione».

Giovanni mi ascoltava guardandomi con un bonario sorriso: «E’ vero, gli uomini “piccoli piccoli”, spesso consapevoli della propria inadeguatezza tendono a livellare il mondo che lo circonda alla loro minuscola altezza ma bada bene, anche gli uomini “piccoli piccoli” quando il sole è basso fanno l’ombra lunga e questo spesso trae in inganno». Affermò, quasi a sostenere con forza le mie ragioni, poi continuando a discorrere tra un passo e l’altro aggiunse: «pure le pulci hanno la tosse, anche chi non vale nulla si permette di sentenziare. E’ difficile vedere la pulce che si annida nel corpo di una comunità, ma la tosse spesso si sente e provoca un maleodorante e dannoso flusso d’aria».

Si era appena conclusa la mia esperienza di sindaco, ne ero uscito con dignità, ma anche ferito nell’intimo per non aver potuto mantenere tutti gli impegni con la mia gente e il mio ego ancora ne soffriva. Dove Avevo sbagliato ?

L’espressione di Giovanni divenne subito seria, come se volesse rimproverarmi. «Tu non sei un coccodrillo, non riusciresti mai a nuotare nelle acque limacciose della politica».

Quelle parole che esprimevano con durezza un’opinione, mi urtarono non poco e risentito risposi: «Che la politica sia diventato uno stagno di acqua putrida e limacciosa e ormai una realtà che si conferma giorno dopo giorno, ma non mi rassegno all’idea che un qualsiasi cittadino, il quale aspiri ad impegnarsi in politica, debba diventare un feroce coccodrillo che divori uomini e cose per regnare in quello stagno maleodorante e torbido, dove neanche una luminosità viva e intensa riesce a dare chiarezza».

L’amico con atteggiamento di canzonatura mi guardò e sorrise di nuovo: «Dicono che i coccodrilli verserebbero lacrime di pentimento dopo aver divorato i propri figli e se si tratta di prede umane, la lacrimazione aumenta di intensità». Poi troncò la conversazione che diveniva sempre più impegnativa e parlammo di altro, dei tempi andati quando, giovani, ascoltavamo i concerti al palasport e corteggiavamo le stesse ragazze.

Attendo l’occasione di un suo ritorno, cosa voleva dire, con quella metafora così enigmatica nell’interpretazione? Che ero stato un ingenuo, una offerta sacrificale sull’altare della più bieca politica e divorato da voraci coccodrilli? Certo è che ho coltivato l’illusione di considerare l’impossibile come se fosse possibile, di bonificare cioè quello stagno e rendere l’acqua limpida.