Ci stiamo abituando all’idea che Stellantis smonti i suoi stabilimenti pezzo dopo pezzo. Ma più preoccupante è che nessuno, nel frattempo, provi a montare una strategia industriale degna di questo nome.
C’è qualcosa di tragicamente simbolico nella parabola discendente di Stellantis a Cassino. Un tempo fiore all’occhiello dell’industria automobilistica italiana, oggi stabilimento svuotato, dimezzato, relegato ai margini di un settore in dismissione. E non per caso, ma per progetto.
Carlo Calenda – ex ministro dell’Industria – era lì dentro accanto a Matteo Renzi il giorno in cui venivano presentate Giulia e Stelvio da Sergio Marchionne. Ed oggi lo ha detto chiaramente: siamo dentro un piano di deindustrializzazione silenziosa, e – secondo lui il governo Meloni fa spallucce. (Leggi qui: Cassino, ultima chiamata: Stellantis va via in silenzio e nessuno grida).

Ora. Premesso che questo Paese non ha un’agenda industriale dagli Anni ’80, a prescindere dai colori politici, è innegabile che oggi vengano prodotte meno di 20.000 auto contro le 135.000 di qualche anno fa.
Esodi incentivati, cassa integrazione a pioggia, assenza di nuovi modelli. Non è solo la fine di un’epoca. È la sconfitta di una visione industriale. Stellantis guarda ai margini finanziari, non più alle catene di montaggio. E l’Italia sta a guardare, schiacciata tra l’ideologia del “tutto mercato” e l’assenza cronica di una politica industriale degna di questo nome.
Vero quello che dice Calenda rilanciato da Alessio D’Amato: serve una mobilitazione nazionale. Serve una strategia. Serve una parola antica e dimenticata: intervento.

Perché senza automotive, l’Italia perde molto più di un pezzo di PIL: perde competenze, storia, identità. Non si tratta solo di Cassino ma di cosa vogliamo diventare. Un Paese che produce o un Paese che importa. Un Paese che investe nel lavoro o che lo svende alle logiche dei fondi.
Anni fa Romano Prodi fece una previsione: rischiamo di diventare un gigantesco agriturismo, una Disneyland d’Europa. Sta succedendo. Ma noi non ci stiamo divertendo affatto.



