Prima puntata della nuova stagione di Senza Ricevuta di Ritorno su Teleuniverso. La crisi Stellantis e gli specchietti per le allodole. Che sono gli operai. Perché le riunioni di questi giorni non sposteranno di un centimetro le scelte su Cassino.
Le riunioni convocate dai sindaci ed i vari tavoli che si stanno tenendo in questi giorni in provincia di Frosinone incideranno meno di niente sulle decisioni Stellantis relative allo stabilimento di Cassino.
Servono a nulla: perché il problema non è qui e non è di loro competenza.
Il vocabolario della crisi
Nel vocabolario di questa crisi ci sono troppe parole degli Anni 80 ormai superate. E ne mancano altre fondamentali. Come Sovrapproduzione: cioè siamo organizzati per fabbricare molto più di quello che vendiamo. Da sempre. Ma prima quell’eccesso veniva assorbito dai mercati orientali. Oggi – e l’altra espressione che manca è Spostamento del Mercato – le auto se le fanno da soli e con qualità assolutamente competitiva. Altrettanto manca il concetto di Crisi globale: Volkswagen chiude due suoi stabilimenti in Germania, non ha più il gas russo a bassissimo costo che gli consentiva di tenere i salari più alti. Ed anche per lei, come per Mercedes, si è ridimensionato il mercato asiatico in maniera considerevole. In Europa va ripensato il modello di produzione delle auto tenendo conto di tutto questo. Che non è questione da sindaci né da Provincia.
Con un minimo di coraggio andrebbe detto che Fiat non esiste più. Parlargli come si faceva negli Anni 80 è come voler parlare con la nonna morta da anni. Stellantis è una società di proprietà francese con i libri contabili in Olanda ed ha messo in vendita il palazzo di Torino con l’ufficio del senatore Giovanni Agnelli.
Il prezzo da pagare
Il giorno in cui il nuovo amministratore delegato mise piede da queste parti disse, nella sostanza, una cosa: che qui le macchine non si possono fare perché la corrente elettrica costa troppo e si pagano troppe tasse.
Se i sindaci avessero coraggio, se il presidente della Provincia avesse coraggio, se il governatore della Regione avesse coraggio, direbbe che da quel giorno nulla è stato fatto per affrontare almeno uno dei problemi.
In Basilicata, seppure con 3 anni di ritardo, hanno fatto quello che era stato proposto nel Lazio ed a Piedimonte. Li la Regione ha blindato il plant di Melfi autorizzando la produzione di energia: e se Stellantis decidesse di andare via, tanti saluti. Su un’area con un impianto energetico di quel genere, ci sarebbe subito la fila per rilevarla. (Leggi qui: Melfi mette in sicurezza Stellantis, Cassino no).
Come sta avvenendo a Ferentino ed Anagni: perché a Patrica stanno costruendo la prima centrale per l’idrogeno destinato alle industrie, polverizzando i costi. (Leggi qui: Il soffio di Helios per spingere le industrie frusinati).
Il cambiamento si costruisce: anni prima. E quando si dice no a tutto, poi c’è un costo da pagare.