Mattarella e la ferita di Ustica: il dovere della memoria, il diritto alla verità

Il messaggio del Presidente Mattarella per l’anniversario della strage di Ustica è un richiamo alla verità e alla giustizia. Sottolinea l'importanza di non dimenticare le vittime e denuncia l'opacità che ancora circonda l'evento, evidenziando un dovere morale per la democrazia.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

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C’è un filo che non si spezza, neanche dopo 45 anni. È quello che lega il cielo di Ustica al cuore della Repubblica. Un filo sottile ma tenace, fatto di dolore, di rabbia, e soprattutto di una sete di verità che non si è mai placata. E che il Presidente Sergio Mattarella, ancora una volta, ha avuto il coraggio e la sobrietà di onorare.

Nel suo messaggio per l’anniversario della strage del 27 giugno 1980, il Capo dello Stato non si è limitato a un doveroso omaggio commemorativo. Ha fatto qualcosa di più. Ha riaffermato un principio che dovrebbe essere scolpito nelle fondamenta di ogni democrazia: il tempo non spegne il diritto alla verità, né può assolvere l’opacità.

Il nervo scoperto

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Mattarella, con la misura che lo contraddistingue, ha toccato il nervo scoperto della nostra storia recente. Ha definito Ustica una delle tragedie “più oscure e laceranti” della nostra Repubblica. Parole pesanti, ma giuste. Perché ciò che resta intollerabile – dopo sentenze, indagini, depistaggi, silenzi – è proprio l’ombra che ancora grava su quel Dc9 spezzato nel cielo e sul destino di 81 innocenti.

Non c’è revisionismo possibile che possa smussare i contorni di quella sera. Le vittime di Ustica non sono state solo le persone a bordo del volo Itavia 870. Sono anche gli italiani, traditi troppe volte da pezzi infedeli dello Stato, da verità taciute, da alleati che – come dice Mattarella – potrebbero ancora “aiutare” ma non lo fanno. Una chiamata internazionale che non è retorica, ma necessità: perché senza collaborazione esterna, quella verità completa non arriverà mai.

L’Italia è un Paese che troppo spesso si rassegna alla nebbia sugli eventi chiave della sua storia. La fermezza morale di Sergio Mattarella è più di un gesto istituzionale: è un atto politico nel senso più alto. È una lezione di civiltà. È un richiamo all’onore delle istituzioni. È, soprattutto, un messaggio ai familiari delle vittime, a cui viene detto che non sono stati dimenticati. Che non ci può essere futuro senza fare i conti con il passato. E il futuro, anche dopo 45 anni, passa ancora da Ustica.

Senza Ricevuta di Ritorno.