Un audio privato, una donna tradita e umiliata, una registrazione diffusa come un meme. Ma il fondo si tocca quando testate d’informazione decidono di pubblicarlo: non c’è notizia, c’è solo la pornografia del dolore. Una violazione brutale della dignità, del Codice deontologico e del senso stesso del mestiere.
Il punto più profondo dell’abisso nel quale la nostra vita è sprofondata, lo misura un file audio di 4 minuti ed 1 secondo. Contiene tutta la rabbia, l’amarezza, lo sconforto, la delusione di una donna arrivata ad 80 anni e che scopre il tradimento del marito: appartato in macchina come un adolescente, insieme ad una conoscente.
Dal profondo del nostro abisso, dove il calore della compassione non arriva, non solo qualcuno ha registrato quelle urla di rabbia; ma le ha anche diffuse su WhatsApp. Trasformando così la disperazione in vergogna pubblica, in linciaggio collettivo, sbattendo sulla pubblica piazza l’offesa privata fatta da un marito alla sua donna.
I quotidiani cartacei hanno giustamente dato la notizia. Che non è il tradimento, ma il pubblico ludibrio al quale la vittima di quel tradimento è stata sottoposta: tradita due volte, la prima dal marito e poi dalla gente che le stava intorno e da chi, uno ad uno, ha ricondiviso quel file.
Oltre il giornalismo

Il fondo però è stato toccato questa mattina, quando c’è stato chi ha voluto andare oltre: ed ha preso quell’audio di 4 minuti pubblicandolo on line su testate di informazione: sciacallaggio indecente, cinico stupro pubblico di una povera donna tradita, assenza totale di sensibilità umana.
Chi è iscritto all’Albo dei Giornalisti sa che è vincolato ad un codice, che si aggiunge a quello Penale. E rivelare conversazioni private, senza che ci sia un oggettivo interesse pubblico per violare l’intimità delle persone, è un crimine.
Ma per i giornalisti è doppio: perché c’è un Codice interno che parla di dignità, riservatezza, tutela delle persone fragili. In questa storia è stato ignorato, calpestato, sbeffeggiato. Il Codice Deontologico, questo stupro dell’intimità lo vieta e lo condanna.
La vittima è riconoscibile. In poche ore è stata schiacciata dal tradimento e dalla notorietà. Non si può trasformare il dolore in un palinsesto: il giornalismo non è roba da guardoni.
In questa storia c’è anche un’altra vittima: la nostra credibilità.
(Foto di copertina © DepositPhotos.com).



