Quella benda che aiuta ad esercitare la Giustizia

Il ricorso in Cassazione per l'omicidio di Serena Mollicone. Ed il segnale che fornisce così la Procura Generale. Giustizia e non tifo da stadio

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

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Esiste un solco profondo e doloroso nel Diritto. È quello che ogni magistrato deve attraversare nel momento in cui è chiamato a decidere se impugnare una sentenza. Non è una ripicca tra bambini: “Siccome la mia tesi non è stata accolta la ripropongo ad un altro livello”. C’è invece sofferenza. Tanta. In tutti.

C’è quella di chi è stato assolto ed è stato dichiarato innocente. Ma vede ancora una volta la sua innocenza messa in discussione. C’è quella di chi ha subito un torto e chiede alla Repubblica di dargli Giustizia. C’è quella di un magistrato chiamato a decidere.

La lettura della sentenza di I grado

Il Procuratore Generale della Corte d’Appello, ha annunciato oggi la decisione del suo ufficio di impugnare in Cassazione le nuove assoluzioni per l’omicidio di Serena Mollicone, la liceale sparita da Arce il primo giugno 2021 e ritrovata dopo tre giorni, uccisa nel bosco Fonte Cupa in località Anitrella a Monte San Giovanni Campano.

Una scelta difficile proprio per il dolore che c’è in questa storia. Quello di una famiglia che s’è vista portare via ed ammazzare in modo crudele una ragazzina di 19 anni. Quello di altre tre famiglie che si sono viste accusare di quel delitto ed assolvere per due volte. 

Foto: Massimo Percossi © Ansa

Attraversare quel solco senza sofferenze è possibile. Rimanendo all’interno del Diritto. Per il procuratore, tutto il lavoro investigativo fatto è solido e ritiene che ci sia il dovere di portarlo avanti. Non per capriccio, né per un esasperato senso di giustizia. Ma perché ha individuato dei punti in cui ritiene che la norma non sia stata applicata correttamente.

Con gli occhi bendati, senza tifoseria, per rispetto del Diritto. Esattamente questo deve essere la legge: non tifo da stadio.

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