La settima puntata della nostra storia industriale. Fu il 1957 l’anno che segnò l’inizio di un cambiamento epocale, con ambiti, regole e protocolli operativi per decollare
La storia della Cassa del Mezzogiorno si intreccia inevitabilmente con quella dei Consorzi industriali. Organismi nati negli anni Cinquanta proprio come bracci operativi per lo sviluppo del Paese. Entrano in scena nel 1957 quando inizia la cosiddetta “seconda fase” della Cassa del Mezzogiorno.
Con la Legge numero 634 l’organismo fu rifinanziato con una dotazione economica di circa 760 miliardi di lire e il prolungamento della propria durata d’azione fino al 1965. L’obiettivo di questa nuova fase della Cassa del Mezzogiorno era quello di creare un’industrializzazione nel sud Italia, generare possibilità e condizioni che avrebbero permesso ai territori del meridione di essere attrattivi e interessanti per i grandi gruppi industriali. Per questo motivo l’articolo 21 della Legge numero 634 diede la possibilità di creare dei Consorzi che si occupavano esclusivamente di creare queste condizioni molto attese.
Cosa recitava la norma
La norma recitava: “Allo scopo di favorire nuove iniziative industriali di cui sia prevista la concentrazione in una determinata zona, i Comuni, le Province, le Camere di commercio, industria e agricoltura e gli altri enti interessati possono costituirsi in Consorzi. E col compito di eseguire, sviluppare e gestire le opere di attrezzatura della zona, quali gli allacciamenti stradali e ferroviari, gli impianti di approvvigionamento di acqua e di energia per uso industriale e di illuminazione, e le fognature. Il Consorzio può assumere ogni altra iniziativa ritenuta utile per lo sviluppo industriale della zona”.
Quella novità introdotta dalla norma fu molto importante perché, per la prima volta, dava la possibilità di creare enti che si occupassero esclusivamente di promuovere l’industrializzazione del territorio. Ma il legislatore andò oltre pensando anche ai metodi di finanziamento di questi Consorzi e creando un collegamento diretto con la Cassa del Mezzogiorno.
Metà delle spese coperte
Nel medesimo articolo 21 si stabiliva che era nella facoltà dell’Ente quella di concedere ai Consorzi contributi per coprire la metà delle spese da affrontare al fine della realizzazione delle opere necessarie per lo sviluppo territoriale. Nella stessa norma si stabiliscono anche i compiti assegnati ai singoli consorzi che, come espressamente chiarito, possono assumere ogni iniziativa ritenuta utile per lo sviluppo industriale della zona di propria competenza.
Stabilito il principio si fissarono i requisiti necessari per l’istituzione delle aree. Questo è quanto contenuto nella circolare del Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno numero 21354 del 07.10.1959 “Condizioni e requisiti minimi per istituire aree di sviluppo industriale nel mezzogiorno”.
Nel documento si chiariva, senza possibilità di dubbi, che per avere il riconoscimento di aree industriali si doveva trattare di «aree sufficientemente ampie ed omogenee». Designate, cioè, in corrispondenza di un congruo numero di Comuni appartenenti eventualmente anche a diverse Province. Esse debbono servire «a promuovere ed operare tutte quelle trasformazioni ambientali atte a potenziarne ed a svilupparne la forza di attrazione ubicazionale. E, quindi, a costituirne delle aree di concentrazione geografica e di gravitazione degli sviluppi industriali, rispetto all’intero territorio meridionale».
Strumenti e finalità pratiche
Nell’interno di questa vasta area, secondo la nuova concezione allargata, le industrie potranno localizzarsi, distribuendosi in più “nuclei industriali di varie dimensioni”.
La concezione dell’Area di Sviluppo Industriale, introdotta dal Comitato dei Ministri, intendeva appunto essere il principale strumento operativo. Strumento di una politica che si propone di: “razionalizzare, sul piano finanziario e sul piano tecnico-economico, la predisposizione e l’utilizzazione di un’adeguata rete di infrastrutture nel più vasto ambito territoriale in cui i nuclei industriali si inseriscono”.
Da quel momento presero avvio gli iter procedurali dei Consorzi nei diversi ambiti territoriali, enti che avrebbero anche regolato l’insediamento industriale attraverso propri piani regolatori. Cioè strumenti indispensabili e che avrebbero permesso di ridisegnare e ridefinire i territori di propria competenza. Piani che furono elaborati seguendo le indicazioni fornite dal Comitato dei ministri per il Mezzogiorno nella circolare n. 2356 del 09.03.1961.
Principi, criteri e campi
L’articolo 3 della suddetta circolare stabiliva principi, criteri e campi di applicazione ma definiva anche le linee d’azione da seguire per la redazione dei piani regolatori dei diversi Consorzi. Che doveva tenere presente del maggior fabbisogno di opere pubbliche come acquedotti, fognature e qualunque mezzo di comunicazione infrastrutturale, e al tempo stesso mettere in atto qualunque opera necessaria al fine di garantire uno sviluppo produttivo delle singole aree.
I Consorzi industriali arrivarono anche in provincia di Frosinone. Fu il 1963 l’anno che segnò l’inizio di un cambiamento.
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1^ Puntata. La visione industriale che ci è mancata: fin dall’Unità d’Italia
2^ Puntata. La lungimiranza perduta che fece nascere la Cassa del Mezzogiorno
3^ Puntata. Il battesimo ufficiale della Cassa del Mezzogiorno ed i 4 anni di Rocco
4^ Puntata. Le cinque fasi ed il primo decennio della Casmez: decennio insufficiente
5^ Puntata. Le prime boccate di ossigeno per il Meridione: l’era di Pescatore
6^ Puntata. La magia nel Frusinate: da territorio agricolo a spot industriale virtuoso