Al Camerlengo di Ceccano 100 pecore per una smarrita: Giovanni Senzaterra

La storia di Stefano dei Conti de’ Ceccano, abate di Fossanova e cardinale camerario di Papa Innocenzo III. Partendo dalle ricostruzioni, «l’inizio di un umile lavoretto», dell’avvocato ceccanese Davide Bruni.

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

Siamo agli inizi del Duecento. E la storia, frutto di ricerca e rilettura, la racconta l’avvocato ceccanese Davide Bruni. «Anno Domini 1211, Cattedrale di Winchester, Regno d’Inghilterra del sovrano Giovanni di Plantageneto, storicamente noto come Giovanni Senzaterra. Il vescovo Pietro de Roches detta e lo scrivano esegue: si fa donazione a Stefano di Fossanova dei Conti di Ceccano, Camerlengo di Sua Santità Innocenzo III, di 100 capi di pecore».

Cento pecore, come quelle della parabola, per aver riportato a casa quella smarrita. La “pecorella”, allontanatasi dalla Chiesa Cattolica, era nientemeno che Giovanni Senzaterra: il Re d’Inghilterra così chiamato perché, in quanto ultimogenito, non ebbe lasciti dal padre Enrico II. Era fratello minore anche di Riccardo Cuor di Leone. Chi l’ha recuperata la pecora rimasta senza terra e fede? Stefano di Ceccano, infallibile mediatore. «È lui, in questa vicenda, il buon Pastore e la donazione del gregge di 100 capi vuole essere un alto significativo riconoscimento simbolico».

Riporta l’avvocato Bruni: «Viene inviato da Roma, come messo pontificio, il Vescovo Pandolfo ma per la definitiva riconciliazione bisognerà aspettare l’anno successivo e, per la definitiva pubblica sottomissione, il 1213. È il 1213, infatti, l’anno della svolta definitiva. In quell’anno, Stefano de Ceccano viene elevato alla porpora cardinalizia ed è lui, da Cardinale, a ricevere e sottoscrivere il documento che sancisce la sottomissione di Re Giovanni alla Chiesa di Roma».

Stefano, Camerlengo di Innocenzo III

Stefano de’ Ceccano

Chi è Stefano de’ Ceccano? Uno dei Conti medievali, abate di Fossanova e cardinale per volere del Papa di Gavignano, uno dei Conti di Segni. È figlio di Landolfo I, a sua volta erede di Giovanni I e Rogasia, ed Egidia: matriarca dopo la morte del marito, tra le prime donne europee in pellegrinaggio a Santiago di Compostela. Stefano era imparentato anche con Giordano, suo predecessore alla guida dell’Abbazia di Fossanova e tra i vari cardinali ceccanesi affidati alla storia.

A Ceccano c’è una particolarità. Sant Jacu, San Giacomo, si festeggia il 23 agosto anziché il 25 luglio: storica data alternativa scelta per evitare la concomitanza con l’affermata Fiera nella vicina Ripi. Anche contro il volere di chi avrebbe preferito festeggiare il 15 agosto, pur durante la santa Assunzione di Maria e il pagano Ferragosto.

Giovedì 22 agosto alle 20 si svolgerà la processione con la statua di Sant Jacu e la reliquia della Porta di Santiago. Sarà accompagnata dalla terza edizione del “Corteo rievocativo del cammino di donna Egidia”, dal Castello dei Conti al santuario di Maria a Fiume. Infine, la messa con la benedizione del pellegrino.

«L’inizio di un umile lavoretto»

Papa Innocenzo III

Per gustarsi ancor più il racconto, ci si affida alle prime ricostruzioni dell’avvocato Bruni: scuola MSI, lingua colta e tagliente ai bordi della Politica. Le ha affidate, con sarcasmo, al suo profilo social: «Questo è un post da “saputo” insopportabile quale sono. È un dono ai ceccanesi che lo leggeranno. Mi scusino “gli storici ufficiali e patentati” del paese. È l’inizio di un umile lavoretto del sottoscritto». Altrettanto umilmente, pubblichiamo su Alessioporcu.it l’incipit del venturo scritto.   

«La donazione è altamente simbolica – interpreta Bruni -. Poco tempo prima, a Roma, nel corso dell’investitura di alcuni Vescovi, durante l’omelia, il grande Innocenzo III ha lungamente riportato e approfondito la parabola evangelica del Buon Pastore che, perduta una pecora, è disposto anche a lasciare incustodite le altre 99 per recuperarla».

«La citazione è riferita strettamente al presente – continua -. Sono in corso, infatti, promettenti trattative, per riportare all’ovile della Chiesa di Roma il Re inglese Giovanni, già scomunicato dal Pontefice per i noti gravi dissidi. La trattativa è condotta personalmente da Stefano de Ceccano che è in continuo contatto, tramite emissari, con il Re Giovanni, anche servendosi della mediazione del Vescovo di Winchester».

100 pecore per una smarrita: Senzaterra

Giovanni Senzaterra

«La cosa sembra fatta e il Vescovo, uno dei pochi a restar fedeli al sovrano scomunicato senza perdere il favore di Roma, vuole lodare Stefano di Ceccano per l’attività svolta, attribuendogli anche simbolicamente il merito: con il recupero della pecorella smarrita, il Re Giovanni, alla fedeltà alla Chiesa di Roma, Stefano de Ceccano ha il merito di aver ricostituito il gregge».

Poi il succitato racconto del “buon Pastore” che risottomise Re Giovanni Senzaterra alla Chiesa di Roma. La spaccatura era arrivata a causa delle nomine e contronomine nel Cda dell’Arcivescovato di Canterbury. «Quello delle 100 pecore non sarà l’unico riconoscimento che il cardinale ceccanese riceverà dall’Inghilterra – aggiunge l’avvocato Bruni -. Il Re Giovanni, personalmente, gli farà importanti e significative donazioni come, per esempio, la Chiesa di Sant’Osvaldo di Bamburgh, in Northumbria».

È intitolata al figlio di Etelfrido, figlio del sovrano dell’antica terra tra Inghilterra e Scozia. Diventò cristiano dopo la fuga in Scozia e ottenne la corona dopo la morte di Re Edwin e la battaglia vinta contro il successore Cadwalla. Diventò Santo perché «divulgò strenuamente nella regione la fede cristiana e fu ucciso in odio a Cristo mentre combatteva contro i pagani».

Abate sott’inchiesta fino al Cardinalato

«Un piccolo tempio di immensa importanza per la storia del cattolicesimo inglese, essendo stato Sant’Osvaldo il difensore del cristianesimo dai pagani scozzesi – si conclude l’inizio del lavoro -. Una storia che risale agli albori della diffusione del cristianesimo nelle isole britanniche. Le prebende legate alla chiesa di Sant’Osvaldo saranno devolute da Stefano de Ceccano ad un convento di monache in Roma».

AD 1211, tornando all’Anno Domini iniziale. Stefano de’ Ceccano venne inizialmente accusato di cattiva gestione dell’Abbazia di Fossanova. «È plausibile – si ricorre alle altre ricerche storiche – che tali accuse riguardassero disordini nella gestione abbaziale, soprattutto nell’applicazione dell’officium visitationis alle badie figlie in Calabria e Sicilia».

Finito sott’inchiesta, fu salvato dall’intervento di Papa Innocenzo III: la rimozione da Abate e l’elevazione a Cardinale, ancora come Camerlengo. Fu il Pontificato di Onorio III, dal 1216, a rompere l’asse tra Chiesa Cattolica e Contea di Ceccano per il controllo del Basso Lazio. Il Conte Giovanni restò senza alleato e Stefano de’ Ceccano non fu più Camerlengo, bensì uditore del Tribunale della Curia. Morì il 23 novembre 1227, quando aveva almeno 46 anni, e riposa nella Basilica di Santa Maria Maggiore di Roma.