Cadono gli alberi e noi perdiamo la mappa degli odori

Gli alberi ai margini delle strade non vengono sostituiti. Con loro si perde una 'mappa dei profumi' che fino a qualche tempo fa indicava con chiarezza dov'eri. Perché ogni son aveva la sua caratteristica

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

C’era l’Appia che da Cisterna a Terracina era un tunnel di alberi, pareva la macchia di Caserta: quella foresta che dalle porte di Roma arrivava quasi a Napoli, una Amazzonia tutta italiana. Poi, l’Appia incrociava le Migliare alberate ed alberati erano i canali di esoticissimi eucalipto australiani.

Era una natura che stava nell’ordine nuovo degli uomini. Sentivi i profumi degli aghi di pino, delle sue resine, o gli odori balsamici degli eucalipto. La piana era anche olfattiva: se c’era odore di ferro stavi nella piana dei carciofi di Sezze, se l’odore era di melone e cocomero stavi sicuro tra borgo Grappa, Sabaudia e il Vodice, per non dir di Montenero. 

Se sentivi lo stallatico eri tra Pontinia e Cisterna dove l’Appia si faceva via del latte con i caseifici a go go: Pettinicchio, Cuomo, Francia, Olivieri, Valle Lata, Locatelli, Cisternino (resta solo Francia, Cuomo e uno spruzzo di Olivieri). C’era una mappa olfattiva della pianura che ad Aprilia e a Cori sapeva del dolciastro dell’uva matura ad ottobre.

Ora? Gli odori non ci sono, l’Appia sta diventando calva, e anche a Latina gli alberi che vanno non ritornano, stanno sparendo alberi e bambini e tra poco i cani non sapranno dove far pipi, i gatti dove salvarsi da croccantini e cani.

Un mondo senza alberi.