
La figura dell’ultimo Savoia regnante ed un episodio sui cieli di Montelungo e della Cassino presidiata dai tedeschi
Quasi tre anni prima che gli italiani scegliessero la Repubblica era accaduto esattamente questo. A riportare il testo integrale uno splendido approfondimento di Francesco Atanasio. “Il 7 dicembre 1943, alla vigilia dell’attacco su Montelungo da parte della 36a divisione americana si cercava un volontario fra gli ufficiali delle forze armate italiane presenti sul luogo, pratico della topografia della zona, che si offrisse di volare in un apparecchio di ricognizione per dare informazioni di vitale importanza sui punti essenziali della zona da attaccare”.
E lui, “considerandosi il più anziano degli ufficiali presenti, ritenne suo dovere di offrirsi per la missione, tenuto conto del pericolo e dell’importanza di essa, perché questa avrebbe sicuramente risparmiato migliaia di vite italiane e, specialmente, americane; come infatti avvenne”.
Il testo prosegue: “In tal modo, nonostante ripetuti avvertimenti del capo di Stato Maggiore della 36ma divisione, debitamente informato, egli volò più di venti minuti sulla pericolosa zona di Cassino e, in particolare, sull’area di Montelungo tra un nutrito fuoco di artiglieria contraerea”.
Il volo su Cassino difesa dai tedeschi

Sì, ma lui chi? Chi si andò a prendere il micidiale muro di sbarramento della Flak tedesca? Il già principe di Piemonte Umberto di Savoia, Luogotenente del Regno dopo l’abdicazione di suo padre, Vittorio Emanuele III “Sciaboletta”. Le differenze tra Umberto e suo padre non si esaurivano nella pur evidente struttura centimetrica – alto, elegante e longilineo il primo, basso, basso assai e grifagno il secondo.
Umberto era empatico lì dove suo padre era freddo, e quasi romanticamente irruento dove suo padre era scacchista, di solito a ribasso. Il dato storiografico però era un altro: il “Re di Maggio”, chiamato così perché fu sovrano solo per quaranta giorni prima che il 2 giugno di 79 anni fa l’Italia si desse la forma di governo repubblicana, sembrava subire l’usta gigante di una necessità assoluta.
Quella di spiegare che forse i Savoia non erano solo quello che noi oggi, in mainstream, sappiamo dei Savoia. Non tutti almeno.
Il bisogno di un principe
Cioè quelli che permisero al fascismo di fare il nido nel Paese e che lo abbandonarono quando il fascismo dimostrò tutto il fallimentare orrore della sua ventennale tirannia. Ed in questa mission il Luogotenente d’Italia non ci mise solo la tattica di chi deve togliere fango da un blasone, ma l’indole sincera di chi era effettivamente altro dalla sua schiatta.

Fuor di inutile agiografia rispetto ad una cosa trita e vacua come la monarchia che cacciamo via con il referendum istituzionale, Umberto fu forse il più italiano degli italiani che all’epoca stavano nel novero di quelli che oggi avremmo messo sulle rivistucole da parrucchiere per signora.
Visitò il fronte della linea Gustav, arrivò a San Vittore del Lazio come ci arriverebbe un alto ufficiale, corse con l’auto da Aversa verso Mignano per dare conforto ai fanti del generale Dapino e, quando un’auto di fronte alla sua saltò in aria, accompagnò i feriti in ospedale di persona.
“Diamogli la Silver Star”
La proposta di insignirlo della “Silver Star”, onorificenza militare di massimo rango negli Usa, arrivò direttamente dal generale Walton Harris Walker, comandante della 36ma divisione “Texas”, che a Mignano e Cassino avrebbe guidato decine di migliaia di uomini contro le difese arcigne della Gustav.

La risposta non fu di quelle sperate. Dopo un anno dalla menzione ufficiale il governo di Washington rigettò la proposta ed il futuro generale di Squadra Aerea Oreste Genta, testimone diretto dei fatti come pilota, avrebbe spiegato cose che dicono molto di noi italiani. “Dalle varie ricerche che ho potuto esperire appare non del tutto improbabile la pressione negativa da parte dei nostri governi allora in carica”.
Questo “per non fare sembrare tale conferimento come una simpatia politica degli Alleati per la Monarchia. Il fatto deve essere stato veramente sensazionale al di là di ogni possibile normalità”. E “perché, tenuto conto dello stato di soggezione in cui gli alleati tenevano gli italiani, non avrebbero mai proposto – per lo meno in quel periodo – una decorazione a un nostro soldato”.
La forma di governo migliore

Il 2 giugno del 1946 noi scegliemmo la forma di governo migliore, quella che dà la maggior rappresentanza possibile a tutti i cittadini. E lo facemmo perché non avremmo potuto più aver pace con quell’altra forma di governo arcaica che ci aveva apparecchiato l’abisso di quei vent’anni matti, foraggiati da uno spaventoso ed ipocrita consenso iniziale ed insanguinati.
Ma lo facemmo come fanno tutti i popoli costretti a resettare simbologicamente tutto nella forma ma senza esagerare nella sostanza.
Molti “non più fascisti” si presero l’Amnistia De Gasperi e si riciclarono rientrando nella vita pubblica. Con cento “medaglie” sacrosante del perdono che fecero dimenticare quella sola medaglia che forse, sul petto del Re di Maggio sia pur in sacrosanto esilio portoghese, non avrebbe sfigurato.