Quando i giudici sancirono la libertà da Mamma Rai: anche a Frosinone

La "guerra dell'etere" che cominciò il 28 giugno di quasi mezzo secolo fa, e che in Ciociaria e Cassinate produsse splendide realtà

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

In quegli anni il senso di ciò che stava accadendo in Italia lo dava anche la Provincia di Frosinone, in particolare il Cassinate. E non erano solo le “grandi” città del territorio a significare quella lotta, ma anche ed in alcuni casi soprattutto i piccoli paesi. Nella città Martire l’antesignana e pioniera assoluta, fin dal 1975, fu Radio Cassino Stereo, prima emittente radiofonica nata in provincia di Frosinone grazie a quel geniaccio pop di Michele Giordano.

Quei piccoli paeselli invece erano posti dove la sola idea di metter su una radio privata aveva quel sapore di eroismo assoluto maggiorato. Erano anni in cui la “guerra” tra le Feste de L’Unità e quelle dell’Amicizia, tra Pci e Dc, scandivano il ritmo di estati in cui il tempo te lo costruivi senza subirlo.

San Vittore e Radio Arci

Gli studi di Radio Lucca nel 1976, alla consolle Roberto Giovannini

Quel tono eroico l’idea di colonizzare l’etere ce l’aveva. Perché era eroico a prescindere il solo pensare di trasmettere musica libera e rubriche da posti dove subito dopo, a cento metri dal campanile, stava la campagna. E convincere un “pizzicagnolo” oppure un mobiliere a pagare per mandare il suo nome nell’etere era roba da ipnosi.

Posti come San Vittore del Lazio, dove Radio Arci furoreggiava tra processioni del Santo Patrono e competizione accesissima tra parrocchiani e compagni. Anche per mettere cappello sulle iniziative socialmente più di successo. L’emittente era il frutto degli sforzi della dirigenza comunista locale dell’epoca ma il suo non fu mai l’imprintig politico del media irregimentato.

Ma non fu un esempio isolato. In quegli l’etere era libero e bastava poco per trasmettere: spesso era sufficiente un piccolo impianto autocostruito in garage dopo avere frequentato con una certa attenzione i corsi a dispense di Scuola Radioelettra. Tra sezioni di Partito e canoniche della parrocchia nacquero Radio Vega ad Aquino e Radio Universo Sound (vicine alla chiesa) Radio Comunità ad Alatri, Radio Cassandra ad Isola del Liri o Radio Basso Lazio di Roccadarce che erano invece più di area prog.

Oltre il duopolio, da Freddy a Rtm

Lo storico logo di Radio Gari

Ma c’era spazio anche fuori dal duopolio chiesa – sezione: come dimostrano le nascite di Interpolitan Tele Radio a Sora e Radio Omega Top ad Arnara che grazie a don Stefano Giardino aveva piazzato il ripetitore sul campanile del paese. Radio Panda 80 aveva gli studi dietro alla chiesa di Arce.

Storia a se quella di Radio Gari creata da Freddy Geraci: uno dei rari esempi di imprenditorialità in quell’epoca di pionierismo ed approssimazione. In poco tempo Gerarci portò il segnale della sua creatura radiofonica a coprire ben 7 province, puntò sulla qualità dandosi una taglio ultra professionale: dai suoi microfoni partivano trasmissioni Cult per l’epoca con un giovane ma già affermato Michele Plastino ed dj nazionale Foxy John figlio di un diplomatico, il suo nome d’arte era un omaggio all’ambasciatore americano in Italia degli anni ’70 John Volpe ed alla canzone Foxy Lady di Jimi Hendrix.

Il compianto Sandro Iadanza negli studi di Isoradio

Storia a parte anche quella dell’altrettanto mitica Radio Tele Magia fondata nel 1980 (nome originario Radio Ciociaria): sede nel Grattacielo Edera dove occupava un intero piano. Da lì sono passate voci che poi si sono fatte strada nell’etere nazionale: da Sandro Iadanza (approdato in Rai ad Isoradio dopo essere passato per la redazione del Maurizio Costanzo Show), Francesco Maria Vercillo (approdato poi in Rai) a Giampiero Di Sora (voce di Rds – Radio Dimensione Suono) o Clelia Bendandi (a lungo pilastro di Stereo Rai, la risposta del servizio pubblico quando decise di trasmettere sull’Fm).

Da Sirio Tele Radio a Nuova Rete

A Ceccano iniziò a trasmettere Sirio Tele Radio, nata dalla genialità di Massimo Pizzuti e Mario Compagnone. Dopo pochi anni è a Frosinone ed ha una personalità che ritroveremo solo vent’anni più tardi nell’etere nazionale. Con Paolo Romano racconta in diretta da una trincea croata la secessione e la fine della Jugoslavia, con Edoardo Fedele è live per la prima promozione in C1 del Frosinone. Anche quella fu una palestra per grandi voci: a quei microfoni si alternarono l’inarrivabile Marco Biondi con la sua trasmissione Fronte del Palco, Giampiero Di Sora, Claudia Balzerani (da RTM) Alessandra Zacchino (poi Radio 105 e RTL 102.5) e il dj producer cassinate Dino Lenny all’inizio della sua carriera internazionale tra Londra e Malta.

⁠È la radio che inizia a parlare di politica ogni mattina con Buongiorno Città di Paolo Romano: trasmissione che vede muovere i primi passi di un Fabrizio Casinelli proveniente da Arpino Radio 1 e destinato da lì a poco a Rds e poi a guidare l’ufficio stampa di Palazzo Chigi ed oggi alla guida della comunicazione Rai. Ma è anche la radio del karaoke che negli anni 90 gira le piazze del Lazio portando nelle finali a Frosinone ospiti come Giorgia, Valeria Marini, Manuela Arcuri, Nek.

A Sora prende forma Nuova Rete Indipendente per iniziativa di Pasquale Mazzenga: una delle poche realtà che ha attraversato i decenni ed ancora oggi trasmette.

Di sentenza in sentenza

Pasquale Mazzenga, fondatore di Nuova Rete

Tranne le eccezioni di Radio Gari, Rtm e pochissime altre, in linea di principipo le radio dell’epoca erano spot di libertà assoluta, dove i ragazzi del posto erano disk-jokey e conduttori. Posti dove potevi ascoltare i Blue Oyster Cult e Bob Seger alternati a De Andrè con la Pfm ed agli Immagination.

Una libertà che serpeggiava in tutto il Paese che abbracciava l’intero mondo della comunicazione, in un lungo arco temporale che va dalla sentenza della Consulta del 1976 al varo della Legge Gasparri del 2004. Quando cioè si arrivò ad un Testo definitivo che fotografasse in punto di norma quel che negli anni era sostanzialmente già accaduto. Perché con radio e televisione, e prima del web, le cose andavano così: la tecnologia si faceva ancella ed elemento precursore della società.

Ed i grandi cambiamenti della Storia andavano a rodaggio proprio dove cambiare era considerato più facile, bello ed impunito. Dove? Tra i giovani e nel bel mezzo di un’imprenditoria che sgomitava contro i vecchi monopoli giolittiani.

Stop al monopolio: la grande utopia

Frame da Esterno Notte di Marco Bellocchio

E accadevano cose su cui fare vaticinio era impossibile: che ad esempio quello che era nato come un mondo anti-monopolista si trasformasse, proprio in virtù della sua spinta propulsiva, in un monopolio bis avverso al primo. Ma tutto questo i ragazzi degli anni ‘70/’80 non lo sapevano, per loro contava solo trasmettere, come Peppino Impastato e la sua Radio Aut da cui la mafia di Tano”Seduto” Badalamenti usciva sbeffeggiata ogni giorno. Tanto sbeffeggiata che alla fine quella beffa costò il sangue del martire siciliano di Cinisi che venne mischiato a quello di Aldo Moro trovato morto negli stessi giorni.

La data cruciale di questo fenomeno gigantesco è oggi, il 28 luglio. In una stessa giornata del 1976 a fare giurisprudenza su quello che la società urlava ci pensò la Corte Costituzionale. Che in tema di Tv da un lato confermò il monopolio della Rai, dall’altro però sancì la assoluta legittimità delle emittente private. Ad una sola condizione: che trasmettessero in esclusivo ambito locale.

Anche i Pretori in provincia di Frosinone sono chiamati ad esprimersi. Sul ripetitore di Patrica, Sirio Tele Radio fu la prima radio in Italia ad essere assolta dal reato di abusivismo edilizio per aver installato un ripetitore a Patrica. A difendere l’emittente fu un principe del foro: Romano Misserville. Ottenne l’assoluzioine con la formula “il fatto non costituisce reato”: una sentenza che apri un varco incredibile per tutti gli operatori.

La rivoluzione di linguaggio e politica

Era uno dei grandi snodi della storia italiana, snodo da cui poi germinò una rivoluzione del linguaggio e perfino della politica. Nel frattempo il Parlamento restò in modalità stoccafisso e non ci fu alcuna iniziativa di regolamentazione sul rapporto tra televisioni commerciali e servizio pubblico. Come sempre accade da noi (ricordate il fine vita normato in Consulta nel 2019 e mai affrontato esaustivamente nelle Camere?) restò solo quella sentenza a fare giurisprudenza ma senza il traino della necessaria codificazione parlamentare.

Un mese dopo la sentenza scoppiò il caso di Tele Malta. Cos’era? Una creatura dell’editore Angelo Rizzoli che aveva deciso di mettersi in comparaggio con il premier isolano Dom Mintoff. Malta emetteva il segnale e l’Italia lo riceveva. Serviva un normato sulle licenze in quel Far West di segnali in etere e ci pensò un Consiglio dei Ministri del 1978. La pubblicità non doveva superare il 10% del totale delle trasmissioni ed era fatto divieto “di ottenere più di una licenza radiofonica o televisiva nella stessa area”.

Erano anni di pionierismo e passione. Le radio trasmettevano a prezzo di sacrifici degni dei pionieri del West: si narra di un’arrampicata invernale di un furgone di Radio Gari in quel di Castro dei Volsci per settare un ripetitore che finì con il mezzo in panne dopo essere scivolato all’indietro lungo i ripidissimi vicoli ghiacciati del paese.

Arriva il Cav, che si prende quasi tutto

Silvio Berlusconi e l’annuncio della discesa in campo

Due cose facevano fede in quegli anni: gli occasionali blitz dei carabinieri nelle stazioni tv e radio per “attività sovversiva” ed il primo censimento: 600 televisive e 200 radio. A settembre del 1980 ed in ambito televisivo nacque l’emittente tv antesignana del duopolio che sarebbe arrivato: Canale 5.

La Consulta bissò poi nel legiferare nel 1981: la Rai era nazionale e le emittenti erano solo locali, perciò Rizzoli perse la sua prima battaglia. Il primo gennaio del 1982 vide la luce Retequattro, “il network Mondadori-Perrone-Caracci”. In quegli stessi mesi un altro editore dal sangue frizzante, Edilio Rusconi, battezzò Italia Uno appoggiandola localmente anche a Tele Lazio. A quel punto era guerra tra Rai e network privati. Tutto questo in un 1982 segnato da ricorsi al Pretore e culminato nella sentenza storica dell’anno dopo emessa dal Tribunale di Milano: i network privati erano legittimi ed avevano pieno diritto di trasmettere in contemporanea.

Per la televisione il mese di agosto del 1984 è un po’ la “scoperta dell’America” di Colombo: un fatto eccezionale ma non senza esiti imprevisti. Mondadori e Caracciolo cedono alla Fininvest di Silvio Berlusconi Rete Quattro e il Cav, già proprietario dei Canale 5 ed Italia 1, diventa il monopolista due del panorama. A nulla servì il blitz, quello famoso, dei tre pretori di Lazio, Piemonte e Abruzzo, per l’oscuramento dei network.

Tutto in regola: da Mammì a Gasparri

Michele Giordano

I “decreti Berlusconi” innescarono una lunga querelle di “accendi-spegni” il segnale. A dicembre una sentenza statuì che era tutto in regola e che “le trasmissioni in contemporanea dei circuiti nazionali non costituiscono reato”. La questione rimase in sospeso e divenne oggetto di rimpallo tra Camere e Palazzo Chigi fino a quando il Cav non scese in campo e vinse alle Politiche con Forza Italia. Dalla “vecchia” Legge Mammì del ‘90 che almeno toccava il tema in maniera sistemica e non frattale si arrivò al 3 marzo 2004.

Cioè alla “legge delega sul riordino del sistema, la “Gasparri”. 30 anni di braccio di ferro scomparvero in un solo Testo. E i media privati divennero liberi di esistere giusto in tempo per accorgersi che nel frattempo la libertà che testimoniavano non era più una costante, ma un obiettivo. Tutto da conquistarsi sgomitando tra due titani. E con il terzo, quello più immane, che già vagiva: il web.