Un Podcast su Pio XII per dissipare le ombre evocate (anche) da Tasciotti

Radio Vaticana ed il restyling sulla figura del pontefice "quasi Beato": per rimettere quel Papa in asse con la Storia più buia del 1900. Per dissipare le ombre evocate anche dal cassinate Tasciotti

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Beatificare e canonizzare Eugenio Pacelli non è roba light. Non lo è perché sulla figura di Papa Pio XII aleggiano, più che nubi, contraddizioni. E se c’è una cosa che cozza con la tonda stesura di un protocollo che asseveri come un pontefice meriti di essere Beato quella è l’ossimoro storico, che di papa Pacelli invece sembra essere caratteristica saliente. Colpa della storia che visse e di certo colpa di certe messe a fuoco di quel contingente. Ma il problema non è la colpa come dato appurato, quanto piuttosto il solo sospetto che essa aleggi ostinata.

E faccia ombra, perciò è online un podcast rigoroso che dovrebbe fare a Pio XII quel che la liscivia fa ai panni “vissuti”. Il Papa delle Roma Città aperta e poi liberata dagli alleati il 4 giugno del 1944 è stato di fatto la figura che ha visto buona parte del suo pontificato sovrapporsi al periodo più buio per l’Italia tardo fascista.

Il pontefice del periodo più buio

Foto: US Air Force 232-6 / Collection if the National WWII Museum

Con lui sul soglio di Pietro il Paese si diede leggi “fascistissime”, poi razziali, subì una guerra che sperava di condurre e se la vide arrivare in casa a macellare cittadini. Fino a snodi cruciali e controversi come la decisione da parte delle truppe alleate attestate sulla linea Gustav di bombardare Montecassino e spianare alla V armata di Mark Clark la via per Roma.

Ecco, secondo il giornalista del Cassinate Nando Tasciotti, già penna argutissima de Il Messaggero, quella fu una delle circostanza in cui la condotta di papa Pacelli non sarebbe stata tra le più specchiate. Nel suo libro in “Montecassino 1944, un’abbazia torturata” sono contenuti documenti e frangenti per cui probabilmente il Vaticano non fece esattamente tutto il possibile per scongiurare quello sconcio.

Il libro era “emerso grazie alla recente apertura degli Archivi vaticani anche per gli anni del pontificato di Pio XII (1939 1958)”. E Tasciotti aveva scritto all’Huffington Post per “confutare”, o quanto meno proporne di alternative, le tesi espresse in due articoli dallo storico Matteo Luigi Napolitano su L’Osservatore Romano. La chiave di volta analitica era e resta: nel novero delle figure che “concorsero”, attivamente e/o con omissioni velate ma sostanziali, a non impedire con ogni soluzione il bombardamento di Montecassino, che posto ebbe Pio XII?

“Bombardate l’abazia”: le omissioni

Per Tasciotti quell’apocalisse giunta dal cielo il 15 febbraio del 1944 fu “uno degli eventi ancora controversi della Seconda guerra mondiale. Nel quale – con diverso grado di responsabilità – furono coinvolti direttamente Adolf Hitler, Winston Churchill, Franklin D. Roosevelt e Pio XII”. Già, Pio XII, il papa proclamato Servo di Dio nel 1990 ma non ancora Beato, il Papa lasciato “in sospeso” e per due motivi.

Il primo è di ordine prettamente tecnico: per essere proclamati Beati serve l’asseverazione di un miracolo, e Pio XII non ne fece. Lo ammise lo stesso Bergoglio nel 2014, nella ormai consueta modalità esternazioni in aereo: “La causa di Pio XII è aperta. Io mi sono informato: ancora non c’è nessun miracolo, e se non ci sono miracoli non può andare avanti. è ferma. Dobbiamo aspettare la realtà e poi pensare di prendere decisioni. Ma la verità è questa: non c’è nessun miracolo e ne è necessario almeno uno per la beatificazione”.

L’altro motivo è quello storico, e col crisma di ostacolo grosso perché ostacolo di merito, non formale. Pio XII fu il Papa sotto il cui regno si consumò l’immane aberrazione della Shoah, e non pochi studiosi ne indicarono la condotta come colposamente omissiva. Il sunto è che, ad 80 anni esatti dalla liberazione di Roma quella figura è ancora troppo polarizzata. Perciò tra un Pio “nero” ed un Pio “rosa” è spuntato fuori un podcast. Un lavoro che ha severe presunzioni di rigore ma uno scopo sottile: rimettere il pontefice delle troppe ombre al centro di un cono di luce analitica, non agiografica.

Il “Beato in sospeso”

Una delle immagini di Pio XII usate su Vatican News per pubblicizzare il podcast

E la sola cosa da fare era quindi riproporre le parole del papa stesso nei momenti salienti dei mesi in cui germinò la sua condotta poi passata al vaglio della Storia. Il 5 giugno del 1944 ad esempio, Papa Pio XII parla al popolo romano. E’ grato ma invita anche a “frenare istinti di rancore e di vendetta”. A questa immagine di “defensor urbis” si aggancia in parte il lavoro di Radio Vaticana – Vatican News.

Che parte dal concetto scomodissimo di “Pio XII e la Shoah”. La serie consta di quattro episodi ed il commento è affidato proprio allo storico Matteo Luigi Napolitano, autore del volume “Il secolo di Pio XII Momenti di storia diplomatica vaticana del Novecento”, e garbato confutatore a sua volta delle tesi di Nando Tasciotti. Momenti di storia diplomatica vaticana del Novecento”. Con lui anche Andrea Tornielli, “direttore dei media vaticani e studioso della biografia di Pacelli”.

Il gancio tecnico è sempre quello dei nuovi documenti d’archivio accessibili dal 2020. Tornielli aveva dato la cifra esatta di quell’operazione che non sa affatto di agiografia ma che sa chiaramente di rigore che, per converso, dovrebbe togliere focus all’immagine “nera” del pontefice. “Noi dobbiamo stare molto attenti a non creare, come contraltare alla leggenda nera su Pio XII , una leggenda rosa. Il tema va visto con i documenti in tutta la sua complessità. Ma Pacelli aveva un’idea ben precisa su dove stesse il bene e su dove stesse il male. Il bene per lui stava nelle democrazie o in chi combatteva il nazifascismo. Era profondamente anticomunista, ma cosciente che dei due mali il primo, il più urgente, da battere era il nazifascismo”.

La mappa etica e politica di Pacelli

Un Papa quindi dalla chiara ed inequivocabile geografia etica, ma di cui non si riesce ad affermare con pienezza che a suo tempo e nelle giuste circostanze la seppe applicare, oltre che proclamare. Il 2 giugno del 1945 Pio XII ebbe a dire “Ad ogni modo, però, niuno potrebbe rimproverare la Chiesa di non avere denunziato e additato a tempo il vero carattere del movimento nazionalsocialista e il pericolo a cui esso esponeva la civiltà cristiana”.

A tragedia cassata ma dagli effetti ancora roventi, quel pontefice forse colpevole solo di aver subito la Storia più di quanto non sia concesso ad una figura che per definizione la può determinare chiarì tutto o quasi, Ed il lavoro messo in piedi da Fabio Colagrande, Benedetta Capelli e Amedeo Lomonaco, restituisce con la viva voce del papa un’immagine meno pavida delle sue azioni, ma non ancora nettamente mondata.

Non al punto di aver centrato alla perfezione la “mission”, che è quella dei rapporti attuali del Vaticano con l’ebraismo. Tra l’altro in un momento storico in cui essere ebrei è concetto tondo ed essere israeliani è concetto dinamico ed a sua volta controverso.

Momento in cui la vera “beatitudine” sarebbe quella di rimettere la Storia a giogo delle fonti e non dei giudizi sommari. Scalzando questi ultimi dal novero delle cose che foraggiano la coscienza collettiva.