Alviti, tanta gavetta ed un tiro magico

Il “gigante” di Alatri, ingaggiato dalla plurititolata Olimpia, ha raccontato la sua storia di talento di provincia salito alla ribalta dopo tanti sacrifici e supportato da una tenacia fuori dal comune. “

Alessandro Salines

Lo sport come passione

Un incrocio di destini con un canestro come denominatore comune ed Alatri sullo sfondo. Mentre il dottor Raffaele Cortina si prepara ad affrontare l’avventura olimpica con la Nazionale di Meo Sacchetti, un altro ciociaro quest’estate è salito alla ribalta del basket italiano ed internazionale. È Davide Alviti, 25 anni, ala di 2 metri, ingaggiato dalla gloriosa e plurititolata (28 scudetti) Olimpia Milano. (Leggi qui L’ortopedico ciociaro Cortina vola alle Olimpiadi con l’Italbasket).

Il “gigante” di Alatri in questi giorni si è tuffato nella culla della pallacanestro italiana, unico club tricolore ammesso nel salotto buono dell’Eurolega. “Quando l’Olimpia mi ha cercato sono rimasto colpito perché è la società top in Italia e ha dimostrato di esserlo anche in Eurolega dov’è arrivata in semifinale – ha detto nell’intervista di presentazione ai canali mediatici del team lombardo –   Però sono sereno, so che sarà difficile, ma nella vita tutto è difficile. E’ un’esperienza che affronterò come ho sempre con sacrificio, grinta e impegno. I frutti li vedrò al momento giusto, importante adesso è metterci tanto lavoro e massima dedizione”.

Alviti tra l’altro poteva essere nel gruppo azzurro in procinto di volare a Tokyo ma un infortunio lo ha bloccato. Una fastidiosa distrazione muscolare diagnosticata guarda caso dal dottor Cortina che vive e lavora proprio ad Alatri. Un incrocio di destini.

UNA STORIA DI PASSIONE E SACRIFICIO

Davide Alviti in azzurro

Davide Alviti è arrivato a Milano dopo tanta fatica, diverse rinunce, una dedizione fuori dal comune ed un tiro pazzesco. Ma se il sogno si è avverato deve dire grazie  alla famiglia ed in particolare al papà Giulio che lo ha accompagnato ogni giorno da Alatri a Roma, mangiando un panino con la mano destra e guidando con la sinistra.  

La passione per il basket non è nata da me ma da mio padre – ha rivelato su olimpiamilano.comE’ stato lui a portarmi ai primi allenamenti di minibasket perché ero più alto dei ragazzi della mia età. Per me era uno sport come gli altri, all’inizio praticavo il nuoto. Poi giocando ho scoperto che mi piaceva sempre di più e così è nata la vera passione”.

La svolta dopo una sconfitta. Sembrerà strano ma è così.Era una partita tra la NB Alatri e l’Eurobasket Roma. In trasferta – ricorda Davide – Perdemmo 100-14 e tutti i nostri punti li segnai io. Dopo una settimana, lo scout dell’Eurobasket venne ad Alatri e mi propose di proseguire il mio percorso a Roma con il suo club. Fu una scelta facile, perché avevo l’appoggio di mio padre. Lui mi chiese se me la sentissi e io, con l’incoscienza del 16enne, risposi di sì. Alla mia incoscienza ha fatto da contraltare la maturità di mio padre e il sostegno della famiglia. E’ stato difficile perché Alatri-Roma si percorre in un’ora e quindici-venti minuti di strada in condizioni di traffico moderato, e lo facevamo per tutta la settimana. Ogni volta mi veniva a prendere a scuola, mi portava i panini per essere al campo alle 16.30. Lui guidava e io mangiavo. Poi restava per l’allenamento, a lui piacciono gli allenamenti più che le partite. Erano una valvola di sfogo e poi al ritorno di nuovo panini, ma lui doveva anche guidare”.

LA GAVETTA NEL DNA

Alviti tra i trofei

All’Eurobasket, dopo due stagioni nelle giovanili, ha giocato in Serie A2 e ha potuto esordire in A1 con la Virtus Roma proprio a Milano. Poi tanta gavetta ancora tra i cadetti. La strada sempre in salita, ma senza mai smettere di crederci. Ha cambiato quattro squadre in altrettanti anni: Mantova, Tortona, Imola e Treviso. E la Serie A se l’è sudata vincendo il campionato con Treviso.

Tutte esperienze che mi hanno aiutato tutte a crescere – ha sottolineato Alviti – La gente pensa che Mantova sia stata un’esperienza negativa, ma era il mio primo anno in A2. Confrontarmi con giocatori di alto livello mi è servito in seguito. Poi a Tortona, coach Demis Cavina mi ha dato fiducia e mi ha fatto giocare da 3. Ed infine l’anno di Imola è stato quello in cui ho trovato la massima consapevolezza nei miei mezzi”.

Con quella consapevolezza compie il balzo. “Dopo c’è stata Treviso: volevo un club che mi consentisse di lottare per la Serie A, volevo arrivarci per merito e non grazie al mercato. E così è stato: Serie A e Coppa Italia, è stato un crescendo”. A Treviso ha giocato un altro anno nel massimo campionato. Poi nella stagione scorsa l’ennesimo trasferimento. A Trieste  dove è esploso ed è arrivata la convocazione in Nazionale.

Volevo capire se potevo competere a quel livello e ho lavorato perché accadesse – ha continuato il suo racconto – Non pensavo di riuscirci così velocemente, credevo fosse un processo graduale, ma ci ho lavorato e ci sto lavorando tuttora. Ho esordito (30 novembre del 2020 Russia-Italia 566-70 ndr) anche in Nazionale: una sensazione indescrivibile perché ti viene da pensare a tutti quelli che hanno indossata quella maglia prima di te, cosa hanno fatto e quello che hanno vinto”. 

L’OLIMPIA NEL SEGNO DI DATOME

Alviti con la divisa dell’Olimpia

A Milano è sbarcato con l’umiltà che lo ha sempre contraddistinto. Il “Mediolanum Forum” evidentemente era nel destino. “Ho esordito in Serie A proprio al Forum, era il 16 marzo 2015, indossavo la maglia numero 17 e il giorno dopo morì mia nonna, appunto il 17 marzo. Per questo lo ricordo bene: sono passato dalla gioia dell’esordio alla disperazione del giorno successivo”, ha rivelato Alviti.

All’Olimpia lo attende una sfida incredibile che vuole vincere. Davide giocherà con tanti campioni e sarà allenato da un grande coach come Ettore Messina e dal suo vice Giammarco Pozzecco. “Avrò continui benefici perché potrò stare a contatto tutti giorni con campioni ed allenatori di alto livello – ha osservato – Quello che faccio solitamente non è prendere una sola cosa da un giocatore, ma prendere un po’ di tutto, mettermelo in testa e portarmelo dietro, nel mio zaino appunto”.

Cercando di emulare il suo idolo Gigi Datome che tra l’altro in un’intervista lo ha eletto a suo erede. “Ho sempre detto che era lui il mio idolo, lo è dalla prima volta in cui l’ho visto a Roma – ha affermato Alviti – Lui era alla Virtus, era l’anno in cui vinse l’MVP. Io e mio padre ci fermavamo a vederlo allenarsi. Mi chiedevo come facesse a fare sempre canestro. Mio padre cercava di spiegarmi, farmi notare, come spezzava il polso, come metteva le gambe. Così mi ha affascinato, ho sempre cercato di capire cosa facesse e come. Le sue parole in quell’intervista mi hanno dato la spinta per premere ancora di più sull’acceleratore, Non credevo a quello che stavo leggendo”.

Un incrocio di destini

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