Dal bagno di folla alla crisi: la parabola dell’icona Di Carlo

Dopo sole 3 giornate il Vicenza vuole esonerare il tecnico di Cassino, autentica “bandiera” del calcio biancorosso. Nel 2019 era tornato nel club veneto, accolto da un bagno di folla in piazza dei Signori. Al primo colpo aveva conquistato la promozione in Serie B e la stagione scorsa aveva raggiunto la salvezza. Sono bastate 3 sconfitte di fila per metterlo in discussione e cancellare un passato glorioso. La storia di Mimmo, partito dalla Ciociaria ed arrivato fino ai massimi livelli come giocatore ed allenatore.

Alessandro Salines

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Il calcio è spietato. Non guarda in faccia nessuno. Neppure le bandiere, i simboli e le icone. E’ un tritacarne a volte impazzito. Prendete la storia di Mimmo Di Carlo: il Vicenza vuole esonerarlo dopo sole 3 gare e malgrado sia un vero e proprio “monumento” del calcio biancorosso. Il tecnico, nato 57 anni fa a Cassino, paga le 3 sconfitte di cui la seconda contro il Frosinone. Nessuno sconto da parte del presidente Stefano Rosso che lo ha messo praticamente alla porta senza troppi complimenti e senza tenere conto del passato glorioso. (Leggi qui Un Frosinone d’autore sbanca Vicenza 0-2).

Manca ancora l’ufficialità perché il club non riesce a trovare il sostituto dopo i rifiuti di Venturato, Corini e Liverani e le difficoltà per Oddo. Di Carlo sta continuando ad allenare ma il dado è tratto.

E’ una vera e propria parabola quella di Mimmo Di Carlo: 9 anni da mediano di razza nel Vicenza bello e vincente, poi nel 2019 il ritorno come allenatore con tanto di bagno di folla allo stadio ed in piazza dei Signori, la promozione in Serie B ed oggi i 3 ko di fila che lo hanno messo all’angolo.

DI CARLO, ICONA BIANCOROSSA

Mimmo Di Carlo (Foto S. Sartore / L.R. Vicenza)

Mimmo Di Carlo ha giocato al Vicenza dal 1990 al 1999 (244 gare e 9 reti) diventando capitano ed uno dei giocatori più importanti della storia del club veneto. Nel 1993 è stato promosso in Serie B dove ha esordito a 29 anni. Con Francesco Guidolin in panchina ha vinto il campionato cadetto nel 1995 volando in A.

Pur di restare a Vicenza e giocare per la prima volta nella massima serie si presentò in sede per firmare in bianco. Un gesto d’amore verso la maglia biancorossa e che all’epoca fece molto scalpore nel calcio italiano. Quel Vicenza aprì un ciclo importante, conquistando la Coppa Italia ed arrivando in semifinale di Coppa delle Coppe. Di Carlo fu uno dei pilastri del centrocampo.

Sempre a Vicenza ha iniziato la carriera da allenatore nella Primavera dal 2001 al 2003. Nel 2019 il ritorno in una città che lo ha adottato e dove ha scelto di vivere. La famiglia Rosso lo ha richiamato per vincere, facendo leva sulla sua esperienza (a Cosenza sabato ha toccato le 600 panchine) e sull’attaccamento ai colori. E lui ha sceso due gradini, dalla A nel Chievo alla C per far sognare di nuovo i tifosi. La promozione in Serie B, una salvezza tranquilla la stagione scorsa. Il resto è storia recente.

Per il Vicenza il campionato appena iniziato doveva essere quello del salto in alto così come annunciato dal presidente Rosso. Ed invece qualcosa si è inceppato ben presto malgrado un mercato di primo piano. Tre sconfitte, zero punti, squadra senza anima: Mimmo in discussione, Mimmo esonerato alla faccia della bandiera. 

LE RADICI A CASSINO

Mimmo Di Carlo (Foto: Stefano Sartore / L.R. Vicenza)

Mimmo Di Carlo è nato e cresciuto a Cassino. La sua famiglia è molto conosciuta in quanto per anni ha gestito un negozio di macelleria. Mimmo ha iniziato col calcio nel club azzurro, esordendo sedicenne in C2 contro l’Osimana. “Il mister mi disse entra e marca il numero 10. Quel ragazzo era Gianfranco Matteoli”, ha ricordato in un’intervista a VicenzaPiù.

A 18 anni ha lasciato Cassino per iniziare la sua lunga carriera prima di calciatore e poi da allenatore. Ma il legame con la città d’origine è rimasto forte. A Cassino ha la famiglia e tanti amici. Segue gli azzurri impegnati in Serie D. “Sono tifoso del Cassino, ho indossato quella maglia e quella è la mia città, nonostante Vicenza mi abbia poi praticamente adottato – ha detto ancora – E’ un territorio stupendo, sul piano storico, ma anche su quello paesaggistico e naturalistico. Peccato che non si riesca valorizzarlo”.

Malgrado da anni si sia trasferito a Vicenza, ha mantenuto la tigna tipica della provincia di Frosinone, lo spirito di sacrificio e la voglia di emergere. Qualità che lo hanno accompagnato nella sua lunga gavetta fino ai vertici del calcio.