
Come va letta la lettera aperta inviata questa mattina dal presidente Maurizio Stirpe ai tifosi del Frosinone. Diretto e senza fronzoli. A tratti aspro. Mai fasullo. Ma Maurizio Stirpe è così
Bastone e carota. O se preferite: empatico e difensivo. È il messaggio del presidente Maurizio Stirpe ai tifosi del Frosinone Calcio. Una lettera per mettere i puntini sulle i e fare una chiamata alle armi, o meglio… alla curva: perché nel mondo del pallone i momenti di difficoltà si superano solo con l’unità tra squadra, società e tifosi. I conti si fanno dopo.
Empatico e difensivo, appunto. Per esporre le ragioni delle scelte fatte dalla Società ed al tempo stesso rispondere alle critiche della tifoseria.
La lettera

«Cari Amici – esordisce il presidente – in queste settimane ho avvertito molte volte l’esigenza di condividere con Voi alcune riflessioni e quanto accaduto recentemente mi induce a rompere definitivamente ogni indugio a rappresentarvi in modo definitivo il mio punto di vista. Innanzitutto, non posso certamente non condividere la vostra insoddisfazione per i risultati che abbiamo finora conseguito in questa stagione sportiva che, all’indomani di una sofferta retrocessione, sembra essere la continuazione di un incubo che non trova più la sua fine».
«Non dovete, però, credere che gli unici a soffrire siate solo Voi: non potete neppure immaginare che cosa si può provare in questo momento a stare nei miei panni ed in quelli di ogni nostro tesserato».
In pratica. Stirpe apre la lettera riconoscendo la delusione dei tifosi e manifestando il proprio dispiacere per i risultati negativi. Costruisce così un ponte emotivo con il pubblico, sottolineando che anche la dirigenza soffre per la situazione. E soffre non solo per la passione e l’attaccamento alla maglia. Ma perché il Frosinone per Maurizio Stirpe non è solo una società, non è solo una squadra: è il sogno che il papà Benito gli ha affidato e che Maurizio ha costruito insieme al fratello Curzio. È sangue del suo sangue. E la sofferenza è profonda.
Le difficoltà

«Sapevamo bene che avrebbero potuto esserci dei contraccolpi e proprio per questo motivo, già alla fine del mese di maggio dello scorso anno, avevo pregato chi non se la fosse sentita di continuare il suo rapporto professionale con la Società di comunicarlo per trovare una sistemazione altrove. Questo puntualmente è avvenuto e coloro che hanno lasciato la nostra Società lo hanno fatto essenzialmente per loro libera scelta. Alla quale non ci siamo mai opposti per evitare ogni tipo di malumore».
«Siamo dovuti obbligatoriamente ripartire da un progetto nuovo che ha accentuato tutti i suoi rischi in presenza di un mercato condizionato dai tempi delle partenze e delle relative sostituzioni,dai problemi di identità e di mancanza di empatia da risolvere in breve tempo. Ed, infine, dai gravi infortuni che per un periodo non breve ci hanno privato di un numero importante di componenti di prima fascia della nostra rosa. Questo solo per dire che è vero che non siamo stati bravi, ma queste situazioni non ci hanno certo agevolato».

In pratica. Il presidente elenca una serie di fattori che hanno ostacolato la squadra: il trauma della retrocessione, le partenze volontarie di alcuni elementi, il mercato condizionato e gli infortuni. Questo passaggio punta a far comprendere che le scelte fatte non sono state frutto di negligenza, ma di circostanze difficili. Spesso impreviste ed imprevedibili. Non c’è stata una corsa al risparmio – lascia capire il presidente – si è operato come negli anni passati. Ma questa volta i vari pezzi non si sono incastrati.
L’appello all’unità

«Oggi queste criticità non sono quasi più presenti e sono convinto che ci possano essere tutte le condizioni per migliorare in modo decisivo il nostro rendimento, a condizione che tutto ciò che ruota intorno alla nostra Società mantenga la compattezza necessaria, indispensabile per recuperare il terreno perduto».
«Suggerisco di remare tutti nella stessa direzione e di rinviare i processi, anche quelli sommari, a fine stagione sportiva al termine della quale si tireranno le somme, ognuno si assumerà le proprie responsabilità e le decisioni successive saranno solo una conseguenza del raggiungimento o meno degli obbiettivi programmati».
Qui Stirpe invita la tifoseria a non abbandonare la squadra perché sarebbe ancora più dannosso. Invita a rimandare i giudizi a fine stagione, quando si potranno fare bilanci più oggettivi. Questo tentativo di ricompattare l’ambiente è cruciale per evitare tensioni che possano influenzare ulteriormente le prestazioni della squadra. Sentire che nemmeno i tifosi ci credono rischia di essere il semaforo verde per il crollo finale, per lo sbrago emotivo. perché è per l’urlo dei tifosi che spesso si scende in campo.
I rimproveri

«Allo stesso tempo, mi preme però respingere alcuni vostri rimproveri che considero, quantomeno, ingenerosi ed in contraddizione con il percorso della nostra Società negli ultimi vent’anni».
«In primo luogo, ci chiedete chiarezza: non voglio indisporre nessuno, ma voglio solo ricordare che il 24-6-2024 avevo indicato (poi ribadito in più di un’occasione) quale obiettivo quello della salvezza tranquilla evitando di fare disastri. E che gli strumenti che avremmo posto in essere sarebbero stati sviluppati su un progetto fondato sui giovani, avendo rispetto dell’equilibrio economico e finanziario della Società, dello sviluppo dei settori giovanili e delle infrastrutture e della valorizzazione di tutte le attività di collegate al nostro marchio. Vi assicuro che stiamo operando seguendo questi principi anche in relazione a questa fase di mercato, particolarmente complessa, dove proveremo a fare il massimo per migliorare la struttura e la qualità della nostra squadra».
«In secondo luogo, ci rimproverate mancanza di rispetto: forse dovrebbe essere la nostra Società a rammaricarsi per questo, ma in ogni caso, evitando ogni polemica, basta solo ricordare il percorso comune compiuto negli ultimi vent’anni e l’innalzamento del livello di considerazione e di dignità della tifoseria collegato alla realizzazione del nuovo stadio».
Sul rispetto e la lealtà

«In terzo luogo, chiedete lealtà: non mi sembra che la nostra Società ed i suoi tesserati abbiano mai promesso niente che poi non abbiano mantenuto. O che si siamo macchiati di comportamenti o azioni fondate sulla disonestà, sulla falsità o sulla mancanza di senso del dovere e di responsabilità. Mi dispiace, ma non condivido questo addebito».
Notoriamente, Maurizio Stirpe non è abituato alla critica. Non la legge come spunto per il confronto. Per lui è attacco, frontale e personale. Che lo ferisce nell’orgoglio. È un limite: perché talvolta l’amarezza ha bisogno di sfogo e va semplicemente ascoltata; ribattere significa aprire un contenzioso che in questa fase rischia di esaperare gli animi. Soprattutto per il tono che si fa più fermo e meno conciliatorio, difendendo l’operato societario e sottolineando i risultati raggiunti negli ultimi vent’anni. Vero. Ma ora è il momento di curare la ferita. Le spiegazioni possono venire pure dopo.
La chiusura motivazionale

«Mentre da un lato vi confermo tutto il mio dispiacere per le ansietà e le tensioni che vi stiamo procurando, dall’altro vi assicuro il mio massimo impegno e quello di tutti i miei Collaboratori per provare ad uscire il prima possibile da questa delicata situazione. Sono sicuro che solo insieme ce la potremo fare. Con l’affetto di sempre».
La lettera di Stirpe è lo specchio del personaggio: ruvido ma passionale, sincero fino alla spietatezza, orgoglioso fino all’ostinazione quando difende fermamente l’operato societario, respingendo le critiche ritenute ingiuste.
Se da un lato è l’elogio dell’onestà intellettuale di Stirpe, dall’altro alcuni passaggi potrebbero risultare poco efficaci nel placare il malumore della tifoseria. In particolare, la difesa rigida rispetto alle accuse di mancanza di rispetto e lealtà potrebbe essere interpretata come una mancanza di autocritica. Una maggiore apertura al confronto avrebbe potuto rendere il messaggio più conciliatorio.
Ma Stirpe è così: prendere o lasciare. Ci ha messo la faccia. Lo ha fatto nel momento più brutto. Non solo per i tifodi. Ma anche per lui.