
Sabato pomeriggio allo “Stirpe” sfida speciale per l’attaccante marchigiano dal sinistro magico. La favola dell’O’ Rey di provincia, lanciato dal club giallazzurro e consacratosi in Calabria. In Ciociaria capocannoniere in Serie C con 18 gol tra cui un poker memorabile alla Casertana. In carriera ha segnato 13 reti direttamente dal corner
E’ la sua partita del cuore. Un cuore diviso a metà: da una parte giallazzurro e dall’altra giallorosso. Frosinone-Catanzaro sarà la gara di Massimo Palanca, il “Piedino d’oro” nazionale, l’O’ Rey di provincia, lo specialista dei gol da corner, ancora oggi chiamati alla “Palanca”. Un doppio ex speciale: il Frosinone lo ha lanciato, a Catanzaro si è consacrato. E sabato pomeriggio è annunciato allo “Stirpe” tra gli spettatori di una sfida fondamentale per entrambe in corsa per playoff e salvezza.
Palanca, 71 anni, nato a Loreto ma originario di Porto Recanati, figlio del custode del campo sportivo (un segno del destino), oggi è un personaggio da romanzo, un campione trasversale, amato da tutti gli appassionati. Vive a Camerino dove gestisce un negozio d’abbigliamento diventato una sorta di tempio dove tanti tifosi (molti ovviamente del Frosinone e del Catanzaro) spesso lo vanno a trovare per un autografo, una foto, un abbraccio o solo per scambiare due parole sul calcio di ieri e di oggi.
La partita del cuore dunque sarà un subbuglio di emozioni per Palanca che è stato scoperto dal Frosinone nel 1973 quando aveva appena 20 anni e giocava in Promozione al Camerino. E poi è approdato a Catanzaro dove è diventato un simbolo tanto da essere insignito della “Cittadinanza onoraria” in occasione dei suoi 70 anni.
Frosinone, il trampolino di lancio
“Sarò sempre grato al Frosinone, mi ha dato la possibilità di intraprendere la carriera nel migliore dei modi. Io vinsi la classifica cannonieri in Serie C e fu una grande soddisfazione, mi feci conoscere a livello nazionale”, ha sottolineato Palanca in un’intervista. L’arrivo a Frosinone nell’estate del 1973 di “Piedino d’oro” è stato un colpo del direttore sportivo Adriano Zecca dopo una dritta di Gabriele Guizzo, attaccante del Frosinone di quegli anni: “A Camerino gioca un fenomeno”.

Il provino non convince l’allenatore frusinate Umberto Mannocci: il ragazzo è bravino, ma è troppo esile, finora ha giocato nei dilettanti, la C è un’altra cosa. Alla fine però Mannocci dà il via libera perché il talento è talento ed il tecnico è un vecchio volpone. Il presidente Domenico Franceschi, rampollo di una famiglia di costruttori romani, lo paga 18 milioni. Tanti ma non troppi per un personaggio abituato a guidare Rolls Royce Silver Shadow e Ferrari 365 Gtb.
L’esplosione di un talento
Palanca incanta il girone C della Serie C con un repertorio di punizioni, calci d’angolo, rovesciate, assist al bacio e perfino colpi di testa malgrado i 169 centimetri. Ma soprattutto segna a raffica tanto da laurearsi capocannoniere del campionato con 18 reti (più del 50 % dell’intero bottino della squadra, ovvero 30 gol). In una sola partita contro la Casertana cala un poker (finisce 5-3) davanti al papà Renato che si commuove. Gonfia la rete anche nel sentito derby col Latina vinto 2-0 (l’altra marcatura di Vescovi). E’ un idolo dei tifosi.

Malgrado abbia giocato a Frosinone solo un anno, Palanca è rimasto molto legato alla Ciociaria. Spesso ha partecipato ai raduni di vecchie glorie come nel 2008 in occasione dell’ottantennale. Al “Comunale” si sono ritrovati diversi giocatori e tra i più acclamati c’era proprio lui. “Piedino d’oro”, l’O’Rey di provincia.
La cessione al Catanzaro
A metà del girone di ritorno del campionato 1973-74, la Reggina strappa un’opzione per l’acquisto di Palanca che solo se gli amaranto resteranno in Serie B. “In caso di C sarei rimasto a Frosinone dove mi sono trovato molto bene”, ha raccontato Palanca. Anche il Catanzaro comunque segue il bomber, ma il patron Ceravolo preferisce temporeggiare. La Reggina retrocede per differenza reti e l’opzione diventa nulla.

Ceravolo a quel punto sferra il colpo e prende Palanca per 120 milioni. Franceschi, malgrado il rilancio del Foggia di 160 milioni e la corte del Bologna, accetta l’offerta dei giallorossi. In un solo anno il valore dell’attaccante marchigiano si è moltiplicato di quasi 10 volte. A Catanzaro trova un club che ha già assaporato la Serie A, una tifoseria calda, un tecnico giovane e ambizioso come Gianni Di Marzio ed un ingaggio di 1 milione al mese.
La consacrazione
Massimo Palanca a Catanzaro diventa l’icona di un calcio d’altri tempi fatto di sacrifici, pochi soldi e valori oggi scomparsi. Eroe di una provincia che faceva tremare i grandi club del Nord. Baffoni d’ordinanza, una massa di riccioli neri, un sinistro magico e numeri di ogni tipo. Come i gol dalla bandierina diventati un cult (ne ha segnati 13). Simbolo di un Catanzaro (137 gol in 367 gare tra Serie A, B e C), riscatto della Calabria.

“Il calcio di oggi ha perso genuinità, non mi piace. E mi chiedo: quante vite ti servono per goderti un ingaggio da 20 milioni?”, ha detto in un’intervista a repubblica.it. Palanca in carriera ha conquistato 3 titoli di capocannoniere (in B, in C e in Coppa Italia), 1 di vicecapocannoniere in A dietro Roberto Pruzzo, 2 promozioni in Serie A, 1 in B. Con un’impresa indimenticabile: la tripletta all’Olimpico contro la Roma, il 4 marzo del 1979. E’ stato compagno di squadra di Claudio Ranieri. “Il vento e l’azione di disturbo di Claudio hanno favorito i miei gol dalla bandierina”, ha confessato Massimo.
Per Sandro Ciotti, ex giocatore del Frosinone e soprattutto mitica voce di “Tutto il calcio minuto per minuto”, è “uno dei migliori sinistri d’Europa”. Il segreto nel piedino numero 37 fasciato di pelle. Nel 1981 la cessione (1 miliardo) al Napoli dove non è riuscito a sfondare. Poi Foligno, Como e sembrava il declino. Ed invece tornò a Catanzaro: aveva 33 anni e riportò la squadra in B con 17 reti. Sfiorando la Serie A da protagonista.
Sabato la sua partita del cuore: Frosinone-Catanzaro, le squadre che hanno segnato la sua vita calcistica e non solo.