Il vero senso di essere una squadra

Non si vedeva da anni un Frosinone come quello sceso in campo contro il Chievo. È la dimostrazione che aveva ragione, ancora una volta, il presidente Stirpe: non c'era bisogno di uomini nuovi ma di una guida tecnica in grado di motivare. E creare il senso di squadra.

Elisa Ferazzoli

Giornalista in fase di definizione

… e sette. Il Frosinone di Alessandro Nesta non perde dal 24 settembre. Non solo. Il Frosinone di Alessandro Nesta batte per la prima volta nella sua storia il Chievo Verona. Nei sei incontri precedenti tra le due squadre per cinque volte i giallo azzurri ne erano usciti sconfitti; faceva eccezione lo scialbo 0-0 del 25 maggio di quest’anno, l’ultima giornata di due squadre ormai retrocesse dalla serie A. Ma c’è di più. Un Frosinone come quello di domenica non si vedeva da anni. Merito di chi ha raccolto un’eredità pesante, di chi si è sentito piovere addosso sfiducia ancor prima di cominciare. Merito di un allenatore giovane che non si è intestardito su un modulo, su una rosa, sulle sue convinzioni tattiche ma ha che ha rivisto le proprie idee in corso d’opera, che le ha adattate al contesto con flessibilità ed intelligenza.

Alessandro Nesta © Emiliano Grillotti

Frosinone-Chievo era stata indicata da molti come “la prova del nove”, un test di novanta minuti che verificasse e confermasse la sensazione, già molto forte, che la falsa partenza potesse dirsi definitivamente archiviata e che gli uomini di questa squadra avessero ancora tanto da far vedere.

Si è parlato spesso della necessità di avviare un nuovo ciclo ma è forse erronea la convinzione che per farlo il Frosinone avesse bisogno di nomi nuovi. Anzi la gara di domenica, con quei dieci undicesimi di “vecchia guardia” schierati titolari, ha dimostrato tutto il contrario. Se Francesco Bardi fra i pali è una molla; se il reparto offensivo con Brighenti, Ariaudo e Capuano non prende goal da tre giornate; se Maiello è un regista di centrocampo da premio Oscar; se l’esecuzione di Dionisi dal dischetto è magistrale allora vuol dire che questa squadra non aveva e non ha bisogno di uomini nuovi ma di una guida tecnica in grado di motivare, di una serie di risultati positivi, di fiducia.

Uomini e non solo giocatori. Uomini come Mirko Gori e Luca Paganini. Il primo è ovunque e non smette un attimo di correre, rincorrere, contrastare; il secondo fa altrettanto e non solo. È sua la splendida rete che al 53’ mette al sicuro il risultato. Mirko Gori e Luca Paganini. Entrambi in scadenza di contratto. Resta difficile credere che dal mercato di gennaio possa arrivare qualcuno in grado di rimpiazzarli.

Frosinone-Chievo © Mario Salati

Non è questione di affetto, di abitudine, di attaccamento nostalgico ai due “figli” del Frosinone. È questione di riconoscere il percorso di crescita fatto da ciascuno di loro, di dare un peso al ruolo avuto in questi anni, di tutelare il valore aggiunto che li distingue dal resto dei potenziali sostituti.

Perché nonostante l’incertezza del rinnovo, la prestazione in campo è stata quella di chi non si risparmia mai, di chi si sente parte di un progetto. Perché se durante l’esultanza finale sotto la Nord, l’emozione stampata sui loro visi è questa qui – vedi foto – forse non è ancora arrivato il momento di lasciarli andare.