Joe che vince battaglie grazie alla forza che gli danno Giuseppe e gli altri

L'uomo prima dell'atleta che è atleta immenso. E la lezione che chi ha dato negli anni a tutti, anche oggi che non andrà ai giochi di Parigi

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Dietro Joe Black e la sua forza straordinaria ci sono tante persone e tante cose. C’è Cristiana innanzitutto, cioè una donna che ama Giuseppe Campoccio al punto da squarciare la sua pelle e far venir fuori quell’altro satanasso, Black. C’è una dedizione allo scopo talmente pignola e tenace che da quell’omone calvo in pizzetto ci dovremmo andare tutti a scuola almeno una volta al giorno. Ci sono i suoi amici, tra i quali spiccava una Valentina Prato che quell’omone mezzo drago e mezzo meringa lo adorava. E c’è una città, quella Cassino che vuole bene a Giuseppe e rispetta Joe come si rispettano i gladiatori della vita.

A Cassino, città risorta dal bombardamento, certe storie e certe persone sono sempre piaciute particolarmente. Questo perché il riscatto che Cassino ha nel sangue diventa orgoglio puro quando va ad abitare nel sangue dei tipi come Joe. Uno che nelle discipline paralimpiche ha infranto tali e tanti di quei record da briscolarsi quel concetto di sussiegosa “normalità” che ci mettiamo tutti in petto quando lodiamo, spesso solo per corvée civica, i diversamente abili.

Cassino e l’imprinting del riscatto

Giuseppe Campoccio

Tornei nazionali, europei, mondiali, Invictus Games, dovunque quel tizio calvo e col pizzetto sia andato col Tricolore sulle spalle e nel petto lì c’è stato il bingo dei lottatori di razza.

In effetti Joe Black, il Puma Nero, è abile in maniera decisamente diversa dalla più parte di noi, nel senso che è migliore in senso empirico, non dietrologico. Perché? Perché il tenente colonnello Giuseppe Campoccio, una torre e due stelle di tigna, è esattamente quello che vedi nelle foto in cui getta il peso, il disco o il giavellotto: un ringhio di spregio in faccia alla vita bastarda.

Una vita che con un incidente di servizio avrebbe voluto togliergli tutto, senza sapere che Joe da quel fattaccio ci ha preso qualcosa. E poi se lo è messo davanti agli occhi come una banderilla: facendolo diventare la birra etica e fisica per un Ruolo d’Onore che gli sta in petto prima che sul foglio matricolare. Quella ed una calma olimpica che dovevano farlo arrivare ai Giochi Paralimpici di Parigi di questa estate del 2024.

Il comunicato della Fispes

Non è stato possibile, lo ha detto la Fispes, la Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali. Che ha messo assieme esiti in medicina e rammarico ed ha sentenziato: “A causa di complicazioni mediche, l’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport di Roma Acqua Acetosa ha negato al lanciatore Azzurro Giuseppe Campoccio il rilascio del certificato di idoneità agonistica. Tutta la Famiglia FISPES esprime a Giuseppe Campoccio-Joe Black la sua vicinanza e un grande in bocca al lupo, nell’attesa di rivederlo al più presto”. Joe ha dato l’annuncio in questi giorni, che non potrà esserci, dove i cinque cerchi scontorneranno la Tour Eiffel.

Gli hanno risposto in tanti, gli hanno risposto come si risponde ad una certezza che per un attimo cede alla bruma nera di un dubbio ventilato. Il dubbio che sia finita una storia in cui appeso ad una lancia, ad un peso o ad un disco ci stava e ci sta il riscatto. Nessun dubbio: solo la certezza che al Puma Nero la sua vetta da cui guardare chi si sfascia l’anima sui social per un braccio rotto o una storia finita non gliela togli. Mai.

“Amore mio, hai già vinto”

Gli ha risposto anche la moglie. Così: “Amore mio tu hai già vinto queste Paralimpiadi, forse non te ne sei reso conto. Non sarai li fisicamente, non starai in campo a fremere per lanciare il peso, non sentirai l’emozione di uno stadio gremito di gente e la goccia di sudore non ti scenderà sulla fronte, anche questa volta dovrai essere spettatore, quando tu sei sempre stato ‘spettacolo’. Purtroppo questo ‘pit stop’ ti ha tolto questi momenti. Queste emozioni che ti sei guadagnato con il sudore, con la caparbietà che ti contraddistingue e so che con la stessa forza continuerai il tuo percorso, tu sei un vincente, tu sei tu…”.

Già, Joe è solo e semplicemente Joe, uno che imparando dalla vita che è maestra puttana ci ha insegnato a non lagnarci quando magari con noi è solo governante dispettosa. Di due cose siamo certi: che sì, quel Puma Nero là la Fispes lo rivedrà al più presto a digrignare le zanne in uno spasmo muscolare. E che soprattutto del Puma Nero noi abbiamo comunque già visto abbastanza.

Il podio a prescindere, e di diritto

Abbastanza per metterlo fin da ora sul podio, abbastanza per avvicinarci deferenti ad esso. Ed abbastanza per prendere quel che ci ciondola come un piccolo sole in mano e cingergli quel collo da toro guastatore con la convinzione delle Cose Giuste. E con l’Oro di un’olimpiade che Joe, Giuseppe, il Puma, il marito di Cristiana, l’amico di Valentina, il nostro, il cassinese ed il colonnello, tutti insieme in un’unica persona gigante hanno già vinto.

Perché per Joe Black abbastanza non è mai abbastanza. E noi lo sappiamo, perciò semplicemente aspettiamo. Che quell’omone calvo ci dia un’altra lezione, un’altra occasione per andare fieri di lui. E per finirla di piangerci addosso, imparando a fare come lui: a lanciare il peso della vita il più lontano possibile da quel che la vita ci fa.