La storia ed i segreti mai svelati del tecnico toscano che ha restituito entusiasmo alla piazza ciociara e regalato un'identità alla squadra. Genuino e sognatore, profeta di un calcio coraggioso, è stato autore di un grande avvio di stagione. E forse il bello deve ancora venire
Terra di scienzati, scrittori, navigatori, poeti, ciclisti, calciatori e… allenatori. La Toscana è un gran bel pezzo dell’Italia. Che si distende nel dominio incontrastato del verde e si distingue per il culto dei vini, l’inestimabile patrimonio architettonico e culturale. La culla della lingua e cultura italiana – che ha dato i natali a Dante Alighieri, Michelangelo, Puccini, Leonardo da Vinci, Galileo Galilei tanto per citarne qualcuno – ha dato tanto anche allo sport più amato dagli italiani.
Massimiliano Alvini, 55 anni e mezzo, allenatore del Frosinone dal luglio scorso, Max per gli amici, al pari di tanti suoi colleghi toscani si è letteralmente costruito da zero sui campi di casa. Una persona genuina, il dna del lavoratore inconfondibile, zero presunzione e per un toscano è quasi blasfemia. Ma lui è così. Un maestro di calcio.
Ultime tre stagioni, sei vittorie
Eppure quando il club giallazzurro lo annunciò il 2 luglio scorso per ripartire dopo aver accarezzato la paura della retrocessione, sarebbe da bugiardi non dire che l’occhio corse subito allo ‘score’ delle ultime 3 stagioni del mister di Fucecchio.

E quel dato, puramente statistico, fece incrociare le dita. Recitava che nelle ultime 64 gare in panchina, spese tra Cremonese (18 gare in serie A, 0 vittorie), Spezia (13 gare in serie B, 1 vittoria, esonerato) e Cosenza (28 gare in serie B, 5 vittorie totali, esonerato, tornato in sella a furor di popolo ma retrocesso) per Alvini si contavano appena 6 vittorie totali. Che salivano a 10 se si andavano a considerare le 2 di Coppa Italia vinte con i grigiorossi e le 2 di Coppa Italia vinte con lo Spezia.
In un mondo fatto di curriculum sbandierati, lo scetticismo era lecito? Ma quando un Presidente e i suoi più stretti collaboratori scelgono un allenatore, non possono lasciarsi andare influenzare da troppi calcoli. Stirpe, Doronzo e Castagnini avevano puntato sull’uomo in base al modello di calcio tracciato in sede di strategia.
Il calcio di Max è tornato
Ma c’è il rovescio della medaglia, la bellezza del calcio che non è scienza esatta. Il calcio è depositato in quel pallone che rotola da una parte all’altra del campo. Il calcio è anche programmazione, metodo, lavoro, spirito di collaborazione, dedizione e sacrificio. Il calcio è figlio legittimo dell’humus della terra dove lavori, dell’empatia che si scatena tra le componenti, della serenità.

Dall’Elisir di lunga vita all’Elisir di Frosinone? Chissà. Ci piace ricordare una frase della conferenza stampa del presidente Maurizio Stirpe nello scorso mese di giugno quando raccontò al Festival dello Sport raccontato a Veroli che la sera dell’arrivo di Alvini, vestì per l’occasione i panni del Cicerone e lo portò in macchina a fare un giro della città, “un tour di Frosinone dal centro storico fino alla zona bassa con un passaggio obbligato al vecchio Stadio Comunale, teatro di tante vittorie”.
Non fu un caso, di quelle cose che si fanno tanto per farle. Perché Stirpe aveva chiesto qualche settimana prima, in conferenza stampa allo stadio ‘Benito Stirpe Psc Arena’, un Frosinone che sapesse riscoprire spirito di appartenenza e identità. E che si sarebbe occupato in prima persona di far comprendere a tecnico, staff e calciatori dove erano arrivati, la maglia che sarebbero andati ad indossare e il significato di quei colori per i tifosi, per la Società, per tutto l’ambiente.
Compito riuscito?
Ai poster l’ardua sentenza. A Frosinone il girone di andata stratosferico dei giallazzurri guidati da Di Francesco – un tecnico che arrivava dagli esoneri dalla Samp, Cagliari e Verona – ancora è ben nitido nella mente. Tocchiamo ferro. Ma nel frattempo il dato statistico di Alvini alla guida dei giallazzurri ci racconta di 4 vittorie, 1 pareggio e 1 sconfitta. Senza quella ‘pausa’ con il Sudtirol in casa avrebbe già eguagliato il numero di vittorie nei precedenti 2 campionati.

Frosinone in controtendenza netta con la stagione precedente ma anche una delle migliori partenze dei giallazzurri sotto la gestione-Stirpe. E allora il calcio di Max ha ripreso la lunga marcia interrotta il 14 maggio 2022 nei preliminari contro il Brescia? Presto per dirlo perché la serie B è una palude vietnamita.
Ma il suo Frosinone butta l’anima ed anche qualcosa in più, il suo Frosinone lo segue passo dopo passo, il suo Frosinone brillante ha riacceso gli entusiasmi di una tifoseria che ha tremato per una stagione intera prima di tirare a bocce ferme un sospiro di sollievo.
I primi passi in panchina
Il Corriere Fiorentino 10 anni fa raccontava di un anello di congiunzione, l’Empolese, che univa tre allenatori: Spalletti (che, Nazionale a parte, qualcosa ha vinto tra Russia e Italia), Indiani (uno che si caratterizzò come tecnico di categoria) e appunto Alvini. Nati tra Certaldo e Fucecchio, poco meno di 50 chilometri di strada. Quasi un ‘must’ diventare allenatori di calcio da quelle parti.

Se si considerano, tra i tanti, il toscano nato a Napoli Maurizio Sarri, ‘Renzaccio’ Ulivieri (presidente dell’Assoallenatori) e i livornesi Max Allegri, Cristiano Lucarelli e Walter Mazzarri. Alvini come Sarri iniziò a vincere in Promozione con il Signa e il Quarrata (peraltro avversaria del Frosinone nella Quarta Serie degli anni Sessanta) ma il vero lancio ci fu a Ponte ad Egola, con il Tuttocuoio, preso dalla Promozione e portato in serie C e dove fissò il record di 149 panchine.
Poi il salto alla Pistoiese, 33 partite e l’avvicendamento nelle ultime 4 con Bertotto. Quindi due stagioni e mezza sempre in C alla guida dell’Albinoleffe (98 panchine, un 9° posto, un 5° posto con la disputa dei playoff e un esonero dopo 12 giornate della stagione 2018-’19). Segno che dopo aver accarezzato un sogno, è sempre complicato ripetersi.
A 51 anni l’esordio in Serie B, Perugia nel destino
Alvini si identifica come allenatore di categoria. E al primo anno di Reggiana viene promosso in B. E’ il calcio di Max Alvini. Spumeggiante per la categoria. In serie B ci arriva per la prima volta il 27 settembre 2021 (2-2 in casa con il Pisa) ma non si snatura. I granata pagano dazio anche per qualche ingenuità di troppo ma giocano un gran bel calcio.

E Alvini si merita il salto al Perugia, ancora in B. Lo scelse il ds Marco Giannitti, già direttore sportivo nel Frosinone dal 2013 al dicembre 2019. I grifoni, che si sentivano all’inizio orfani di Caserta, al fotofinish della stagione 2021-’22 ottengono la qualificazione ai playoff da ottavi, a pari punti con il Frosinone del secondo anno di Grosso, ma con il vantaggio negli scontri diretti.
Alvini era arrivato come una scommessa e lasciò un segno. Quel Perugia giocava alla… Alvini, in maniera anche spregiudicata, coraggiosa, propositiva e con un rendimento da trasferta importante. Creò una bella empatia con la piazza, fu bravo a proporsi in maniera genuina.
Arrivando a Perugia raccontò la sua storia: da rappresentante di scarpe, quando transitava sulla E45 e vedeva le luci del ‘Curi’ accese, sognava di arrivarci un giorno come allenatore. Quel giorno era arrivato. Da Perugia – dove oggi gli addetti ai lavori lo ricordano come l’ultimo tecnico a regalare soddisfazioni – andò via con un anno di anticipo perché c’era l’Olimpo del calcio ad ammaliarlo.
Le “sirene” infide della Serie A
Lo chiama la Cremonese promossa in serie A, rimasta senza Pecchia passato al Parma. Il ds Giacchetta conosceva bene Alvini, con lui aveva lavorato nell’Albinoleffe. Per il tecnico di Fucecchio è la grande occasione. Ma se la B è una palude vietnamita, la serie A è un tritacarne. Squadra inesperta, forse cub impreparato dopo 26 anni di assenza dalla massima serie, tanti giocatori stranieri. Alvini paga dazio, mette in campo le sue idee.

Cerca di costruirsi un gruppo tutto suo e rinuncia a giocatori esperti come Castagnetti (oggi al Cesena) e Daniel Ciofani (indimenticato ex bomber canarino). Si sentiva in bilico già prima della seconda pausa delle nazionali dopo un ko ad Empoli, immeritato, con Vicario assoluto protagonista.
L’esonero arrivo a cavallo della terza pausa per un motivo che fa capire la stoffa dell’uomo e del professionista: Alvini sapeva mettere in campo sempre formazioni che buttavano l’anima oltre la… metà campo, squadre votate allo spettacolo dalla cintola in su ma anche ingenue.
Alvini a Cremona non lo ricordano come un difensivista, tutt’altro. Due immagini lo hanno immortalato: mentre si fa un selfie all’Olimpico e mentre contempla da quel sognatore genuino che è lo spettacolo di San Siro. Il 14 gennaio 2023, dopo 4 ko di fila, paga con l’esonero. La Cremonese con Ballardini non si salverà per 4-5 punti.
Bufera sul Golfo dei Poeti, Cosenza da dimenticare

All’inizio della stagione 2023-2024 sbarca a La Spezia. Destinazione dichiarata, serie A. Lo volle il ds Melissano. Ma il Responsabile dell’Area Tecnica, Macia, forse lo vedeva poco. Ma Alvini non si è mai snaturato per piacere di più. Ha sempre lavorato con lo stesso impegno di sempre. Fu esonerato dopo 13 giornate, i ‘blancos’ avevano 7 punti. Alla fine si salvarono all’ultima giornata con D’Angelo in panchina.
Ma Alvini ha lasciato un ottimo ricordo. Si devono a lui i lanci del difensore Bertola (oggi all’Udinese) e del nuovo golden boy del calcio italiano Pio Esposito (Inter). Un commento di un addetto ai lavori a distanza di 2 anni: “Alvini, una profondamente persona onesta. Un ottimo tecnico, finito qui a La Spezia dentro un tritacarne”.
Alvini torna in pista a Cosenza. Ma il 29 agosto sulla testa di squadra e tecnico arrivano 4 punti di penalizzazione che non verranno mai riformati. Il suo Cosenza però risponde: in 7 partite mette insieme 9 punti. Il calcio è sempre quello di Max: propositivo. Ma alla fine di febbraio paga 5 sconfitte e 1 vittoria in 6 partite. Lo richiamano a furor di popolo dopo 4 partite.

Riparte da Frosinone, il 2-2 dei giallazzurri al 97’ fa tremare i tifosi che oggi lo acclamano. E’ il calcio spietato. Mors tua vita mea. Perché i ‘lupi’ non trovano più la forza di ‘azzannare’ la classifica e chiuderanno ultimi a 30 punti. Quel pareggio invece fu linfa per il Frosinone. Che oggi è nelle mani di quel toscano genuino e sognatore.



