Le mie istantanee in bianco e nero con Mario Iacobucci

Andrea Renna oggi è un funzionario Coldiretti, negli anni '80 era con il mitico Mario Iacobucci. Ad una settimana dalla morte, sfoglia l'album dei ricordi

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

di ANDREA RENNA

Adesso che i riflettori si sono spenti, le voci si sono zittite, il silenzio è sceso, posso sommessamente ricordare il mio amico Mario Iacobucci.

Se n’è andato in silenzio una settimana fa, al novantesimo minuto di un’intera esistenza dedicata alla sua unica passione: il calcio. Di lui mi rimangono, idealmente, centinaia di fotografie, molte delle quali in bianco e nero: ognuna su un campo di gioco diverso; ognuna con centinaia di chilometri d’asfalto percorsi prima d’arrivare a quella fatidica istantanea.

La prima immagine lo ritrae con i calzoncini e la maglietta da calciatore. Il destino gli concesse molto meno di quanto avrebbe invece meritato. Non aveva centrato
scudetti né coppe nazionali quando decise che era arrivato il momento di appendere gli scarpini chiodati. Ma non di lasciare il campo. Rimase nel calcio, reinventandosi direttore sportivo. Fu lì che Mario centrò le soddisfazioni migliori.

Il Frosinone dei miracoli

Tra le foto scorrono quelle di metà degli anni Ottanta. Figurine di una formazione leggendaria: è il 1985/86 ed i canarini trionfano conquistando la promozione in serie C. Dietro alla saracinesca Cari, al mediano Orlando, a talenti come Lattuca e Davato, all’ex stellina del Milan tradito da un infortunio al ginocchio Gaudino, c’era l’intuizione e la genialità del diesse riuscito a formare quell’invincibile armata e metterla a disposizione di mister Alberto Mari. Nel caos societario è’ Mario lui il punto di riferimento per tutti.

Un’altra istantanea è quella di un Mario dal volto triste ed i lineamenti tirati. E’ scattata poche settimane dopo la promozione. Ma sembra trascorsa una vita. Frosinone non è mai stata una piazza facile. Mario è costretto a lasciare il Matusa.

Fu quello il periodo in cui cominciai a macinare con lui ancora più chilometri. E l’album dei ricordi ne porta alla luce tanti. Un’immagine è con mister Giovanni Galeone, dentro la Lancia Thema di Mario che gli parla fino allo sfinimento per convincere il mister del Pescara a provare Marchegiani sulla fascia. Fu una scelta vincente. Come quella di mandare Berardi alla corte della squadra abruzzese con trattativa sotto un diluvio universale in autostrada. Un’altra immagine è in via Marittima a Frosinone, nei vecchi uffici della società: Mario sta costruendo la formazione dei miracoli per Mari ed ha messo gli occhi su un ragazzo della Torres che si chiama Pippo Orlando; lui in Sardegna stava divinamente e non aveva la minima intenzione d’andare via dalla Costa Smeralda. Venne solo per cortesia e ribadire il suo no a Mario. Quando rimise piede sull’asfalto di via Marittima aveva in tasca il contratto che lo legava al Frosinone.

Le fettuccine con Luciano

Mario era così. In un attimo riusciva a capire tutto e organizzare al meglio la strategia. Non mollava. Mi chiamava all’improvviso e diceva «Dobbiamo andare un attimo a Siracusa». ma poteva essere tranquillamente a Coverciano o a Parma e Milano.

Le altre immagini sono quelle più personali. Sono istantanee di tante serate con Mario, anche a casa sua con la figliola Miriam: in casa ormai erano rassegnati alla sua insaziabile voglia di calcio. L’unica cosa che riusciva a distoglierlo erano il pianoforte e le immancabili… linguine che mangiava sempre con mio papà Luciano.

Ora che i riflettori si sono raffreddati e non c’è più mormorio, ora che riesco ad asciugare le lacrime, posso dire che lo ricorderò con la grande voglia di vivere e la passione per il calcio e le amicizie vere: quelle che restano come resterà per sempre nel mio cuore.