Un giocatore lo vedi dal coraggio (di E. Ferazzoli)

Foto © Mario Salati per Alessioporcu.it

Un campione si riconosce dal coraggio. Anche quello di calciare un rigore in un giorno molto particolare. Lo stadio sarebbe un luogo migliore se invece di giudicare dai numeri sulle magliette pensasse alle storie degli uomini che le indossano

Elisa Ferazzoli

Giornalista in fase di definizione

Il 21 ottobre di due anni fa Federico Dionisi non era allo Stirpe. Era altrove. In un altrove privato, intimo e doloroso dal quale ha fatto fatica a venir fuori nei mesi avvenire. Mesi nei quali lo abbiamo visto smarrito, indolente, arrabbiato. Incapace lui di riconoscersi e noi di riconoscerlo. E nonostante tutto, si è preso la responsabilità di guidare una squadra dall’animo altalenante fino al punto di trascinarla dritta in serie A. Una serie A che pur spettandogli di diritto lo ha visto in campo soltanto a giochi fatti.

Dionisi e Ciofani Foto © Alfredo Falcone

Il 21 ottobre di un anno Federico Dionisi era seduto a guardare altri giocare la sua serie A. Inchiodato ad un seggiolino in tribuna a causa di un brutto infortunio. Rimanere a guardare è l’incubo peggiore per un attaccante come Federico Dionisi. Riacquistare la forma fisica perfetta è un percorso lungo. Il recente infortunio contro il Venezia, l’ultimo ostacolo di due annate storte.

È il 21 ottobre 2019. Federico Dionisi schierato titolare da mister Nesta contro il Livorno offre la migliore prestazione degli ultimi due anni. È veloce, propositivo, in diverse occasione serve ai suoi compagni l’assist giusto per passare in vantaggio. È il 9’ della ripresa. Rigore. Posa la palla sul dischetto a due anni esatti da quel giorno. Ci vuole tanto coraggio per battere quel rigore in un giorno così.

Avrebbe voluto segnarlo quel rigore. Probabilmente ieri, non c’era una sola persona in tutto lo Stirpe che desiderasse quel goal più di Federico Dionisi. Ma a Zima mancano 4 centimetri per fare due metri; si è allungato; forse il tiro non era abbastanza forte e nemmeno tanto angolato. Forse doveva andare così.

Perché nemmeno quello battuto da Ciano all’89’ è stato l’emblema del rigore perfetto. Anzi è possibile che fosse altrettanto lento e meno angolato. Eppure è entrato ed è valso tre punti.

“Non è mica da questo particolare che si giudica un giocatore”.

Federico Dionisi

Parole sante. Eppure Federico Dionisi è uscito dal campo al 67’ fra fischi immeritati e insulti ingiustificati. Si è seduto in panchina ed è rimasto per un bel po’ con la testa bassa fra le mani a guardarsi gli scarpini come fa chi cerca di nascondere una delusione grande, impossibile da celare. Come fa chi si interroga del perché di quello sbaglio e magari del perché sia arrivato proprio in un giorno così significativo. Poi però ha rialzato la testa, ha visto Ciano segnare e tutta quell’amarezza non c’era più.

Federico Dionisi è stato il primo ad esultare, il primo ad entrare in campo, il primo ad abbracciare il compagno a fine gara. Il primo a festeggiare la vittoria del Frosinone in un giorno così.

“Il mondo sarebbe un posto bellissimo se tutti, prima di giudicare, avessero la facoltà di immedesimarsi nelle storie altrui.”

Frosinone – Livorno, l’esultanza dopo il gol Foto © Mario Salati

E lo stadio sarebbe un posto migliore se invece di giudicare esclusivamente in base a dei numeri impressi dietro ad una maglia – e magari fischiare – provassimo a leggere anche le storie degli uomini che li indossano.

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