Fischi e Fiaschi della settimana IV – 2021

Fischi e Fiaschi. I protagonisti della settimana appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

FISCHI

ROBERTO FICO

Comunque vada sarà un successo. Il presidente della Camera sta mediando sulla base del mandato esplorativo ricevuto dal Capo dello Stato Sergio Mattarella. E lo sta facendo bene. Intanto è emerso il termine “contratto”, lo stesso che portò poi all’accordo tra il Movimento Cinque Stelle di Luigi Di Maio e la Lega di Matteo Salvini ormai quasi tre anni fa.

Roberto Fico (Foto: Alessandro Di Meo via Imagoeconomica)

Sono tutti d’accordo sul “contratto di legislatura”: i Cinque Stelle, il Pd e perfino Matteo Renzi. Non c’è però ancora l’intesa sul nome del prossimo premier.

Per carità: Vito Crimi e Nicola Zingaretti continuano a ripetere che non esiste alternativa al Conte ter. Ma Renzi ancora non scioglie il nodo. Cosa succede se non si trova l’accordo sul premier?

Proprio Giuseppe Conte, il quale è sempre più nervoso, ha detto ai Cinque Stelle che se cade lui c’è Mario Draghi. Prospettiva che terrorizza anche il Pd di Nicola Zingaretti. Quindi, se non c’è Conte potrà esserci soltanto Roberto Fico. Il grillino rosso passerebbe da esploratore a candidato alla Presidenza del consiglio. Con l’imprimatur pure di Italia Viva. (Leggi qui Se Fico fallisce Gentiloni a Palazzo Chigi e Conte in Ue).

Fichissimo.

MATTEO RENZI

Ha portato la crisi di governo esattamente dove voleva lui. Adesso qualunque tipo di soluzione lo vedrà centrale e determinante. Intanto ha disinnescato completamente il gruppo dei costruttori, dei volenterosi, dei responsabili e degli europeisti. Dovevano sostituire i parlamentari di Italia Viva. Non ci sono riusciti e rischiano seriamente di diventare decorativi. Ha ricevuto la telefonata di Giuseppe Conte, che in sostanza lo ha supplicato di non rendere definitivo il veto sul suo nome per un eventuale ritorno a Palazzo Chigi. (Leggi qui Conte è morto. Viva Conte.).

Matteo renzi (Foto: Livio Anticoli / Imagoeconomica)

Quindi è riuscito a far affidare un mandato esplorativo sedendosi al tavolo con chi con lui non voleva prendere neppure un caffè. E cioè Pd e Cinque Stelle. Adesso ci sono due possibilità. Un Conte ter alle condizioni di Matteo Renzi. Oppure un Governo Draghi, sempre alle condizioni di Matteo Renzi. Tutto questo con il 3% nei sondaggi. E se avesse il 15%

Fuoriclasse.

NICOLA OTTAVIANI

In qualunque tipo di contesto (dal parlamento ai talk show) il Capitano della Lega Matteo Salvini non fa che raccontare il modello Nuovi Orizzonti, conosciuto e apprezzato a Frosinone durante la visita di tre settimane fa. Quella visita fu organizzata da Nicola Ottaviani, che ha letteralmente “stregato” il leader leghista, al quale ha spalancato le porte di un confronto con il mondo episcopale oltre che cattolico. Fondamentale il faccia a faccia con il Vescovo diocesano, Monsignor Ambrogio Spreafico. (Leggi qui Salvini sceglie Frosinone per la svolta verso i moderati).

Nicola Ottaviani (Foto: Stefano Strani)

Poi la visita a Nuovi Orizzonti presso la struttura Cittadella Cielo ha fatto capire a Salvini che il volontariato non è una risorsa dedicata solo alla sinistra.

Qualche giorno fa Ottaviani si è “inventato” un modo brillante di ricordare l’Olocausto. (Leggi qui Top e Flop, i protagonisti del giorno: 28 gennaio 2021).

Al Comune di Frosinone, invece, ha dimostrato ancora una volta che o si fa come dice lui oppure non si fa. Alla richiesta di verifica da parte di Fratelli d’Italia nel capoluogo, il sindaco e coordinatore provinciale della Lega, ha risposto con un no. Neppure tanto garbato. (Leggi qui Frosinone, nessuno risponda a Fratelli d’Italia).

Lucido e spietato.

FIASCHI

ALESSANDRO DI BATTISTA

Se il Che Guevara dei Cinque Stelle (si fa per dire) non dovesse consumare lo  strappo, sbattere la porta e urlare tutta la sua rabbia per le scelte del Movimento, allora sarebbe preferibile che mettesse una pietra sopra l’attività politica. Fino a pochi minuti di prima si salire al Quirinale i Cinque Stelle avevano ripetuto che le elezioni anticipate sarebbero state meglio di un ritorno all’intesa con Matteo Renzi. Poi invece Vito Crimi, il capo del Movimento, ha platealmente fatto cadere quel veto. Evidentemente d’accordo con Giuseppe Conte, con Luigi Di Maio e perfino probabilmente con Rocco Casalino.

ALESSANDRO DI BATTISTA. (FOTO: SAVERIO DE GIGLIO / IMAGOECONOMICA)

La fronda dei Cinque Stelle si è subito materializzata. Dovrebbero esserci almeno 7 senatori sulle posizioni di Di Battista. Il quale però da anni ci ha abituato a minacce di scissioni senza mai andare avanti però. Solo che stavolta è tutto diverso sul serio.

Se i “ribelli” dei Cinque Stelle si allineano, se Alessandro Di Battista si allinea, poi non potrà neppure alzare la mano per chiedere il permesso di parlare alle riunioni dei pentastellati.

Alessandro Di Battista è quello che più di chiunque altro ha il profilo giusto per guidare il Movimento come era stato concepito. Ma le condizioni sono cambiate. Deve decidere: o spacca o… non la va.

Credevo fosse amore invece era un calesse.

GIUSEPPE CONTE

Con il Conte ter rischia di tornare al profilo del Conte uno. Non del due. Vale a dire che l’avvocato del popolo sarebbe impossibilitato a muoversi con autonomia. Lo schema del contratto richiama quello nel quale i due vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, dettavano le regole. E a lui non restava altro che adeguarsi. Mentre invece all’interno della maggioranza giallorossa, Giuseppe Conte è riuscito ad imporsi e a dettare la linea. Quell’equilibrio però si è rotto e ora per tornare a Palazzo Chigi ha bisogno del via libera di Matteo Renzi. Il quale sta alzando la posta a livello esponenziale: dal Mes al contratto.

Giuseppe Conte

Chiaro anche che Pd e Cinque Stelle farebbero altrettanto per non essere scavalcati dal leader di Italia Viva. La prima dimostrazione di debolezza c’è stata con la telefonata a Matteo Renzi. Errore strategico fatale. Poi l’appello ai Cinque Stelle: dopo di me c’è solo Mario Draghi.

Sul ponte sventola bandiera bianca.

PAOLO PULCIANI

In Ciociaria i Fratelli d’Italia stanno procedendo in ordine sparso. Ad Alatri Antonello Iannarilli costringe al ritiro preventivo il possibile candidato sindaco del centrodestra. A Cassino Angela Abbatecola “dimentica” di citare Gabriele Picano, a Frosinone il gruppo consiliare presenta una richiesta di verifica di maggioranza diciassette mesi prima la fine della consiliatura, esponendosi al rifiuto di Nicola Ottaviani. Indicativo anche il silenzio del senatore Massimo Ruspandini, al quale evidentemente non piace intestarsi politicamente certi passi falsi.

Paolo Pulciani. Foto © AG IchnusaPapers

Ma in generale i Fratelli d’Italia, che sono molto radicati in Ciociaria, non riescono a contare come dovrebbero nelle dinamiche del centrodestra. Forse sarebbe necessario un passo preliminare: rimettere la delega di presidente del consiglio provinciale. Attualmente appannaggio di Daniele Maura. Perché in quel modo si darebbe un segnale fortissimo che non esiste nessuna collaborazione, neppure istituzionale, con il presidente Antonio Pompeo, uomo di spicco del Pd. Ma il portavoce provinciale di Fratelli d’Italia, Paolo Pulciani appunto, non assume iniziative.

Fermo.