Fischi e Fiaschi della settimana V – 2021

Fischi e Fiaschi. I protagonisti della settimana appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

FISCHI

MARIO DRAGHI

È stato chiamato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella a salvare l’Italia. Dal dilagare della pandemia e da una voragine economica che rischia di inghiottire il Paese. I due aspetti sono collegati, perché le priorità risiedono nella campagna vaccinale (di fatto bloccata) e nella capacità di spesa del Recovery Plan (totalmente da riscrivere). (Leggi qui Competenza al potere. E il cinismo dei mediocri).

Draghi ha consigliato Barack Obama, ha costretto Angela Merkel ad accettare la strategia dell’acquisto dei titoli di Stato per tenere sotto il controllo il debito pubblico di molti Paese, a cominciare dall’Italia. E lo ha fatto da Francoforte, alla guida della Bce. Con la Bundesbank di traverso. Ora si trova a dover comporre un Governo di unità nazionale, mediando tra Lega e Pd, tra Cinque Stelle e Forza Italia.

Mario Draghi al Quirinale

Oltre che tra personaggi in cerca d’autore che mai avrebbe pensato di incontrare.

Eppure è l’unico che può riuscirci. Al suo cospetto tutti gli dico di sì e ne rimangono in qualche modo “stregati”. Mario Draghi però non è uno che si illude. Sa che se anche il suo Governo dovesse nascere, la luna di miele finirà presto e poi lascerà spazio all’assalto alla diligenza.

Ma ha un vantaggio straordinario: dopo di lui non c’è più niente. Nel senso che anche nel caso di elezioni, chi vincerebbe troverebbe solo macerie. Per questo ascolterà tutti ma deciderà lui.

Tredicesimo apostolo.

MATTEO RENZI

Senza l’azzardo del leader di Italia Viva non saremmo arrivati a… Draghi. L’errore è quello di giudicare Matteo Renzi per la simpatia o l’antipatia e per le percentuali che gli attribuiscono i sondaggi.

Lui ha capito prima di tutti che il Governo Conte due si era impantanato. Nessun progetto vero sul Recovery Plan, nessuna misura davvero efficace per il contrasto al dilagare della pandemia, pasticcio organizzativo sul piano vaccinale, volontà di commissariare Governo e Parlamento con cabine di regia non elette da nessuno, strapotere assoluto del Movimento Cinque Stelle nel solco di un immobilismo senza precedenti.

Matteo Renzi (Foto: Alessandro Serranò, via Imagoeconomica)

Dal punto di vista della strategia parlamentare non ha sbagliato nulla: avvertimenti prolungati, ritiro dei ministri, strada sbarrata al Conte ter. Poi richiesta di un mandato esplorativo, porta in faccia al “volemose bene” e “facciamo tornare tutto come prima”.

Alla fine è andata a finire come diceva lui e dove voleva lui. Mario Draghi a Palazzo Chigi, con un’ampia maggioranza, è l’unica vera soluzione di questo Paese. Lui ha pagato un prezzo durissimo in termini di attacchi e tentativi di delegittimazione.

Però è l’unico ad aver mandato a casa prima Matteo Salvini e poi i Cinque Stelle quando entrambi, nella sostanza, avevano chiesto i pieni poteri.

Primo della classe.

FRANCESCO DE ANGELIS

Il raddoppio della Morolense, con il collegamento diretto e veloce con la futura stazione dell’Alta Velocità e con il casello autostradale di Ferentino è l’ennesimo progetto portato a dama come presidente del Consorzio Asi. (Leggi qui “Scusi, quei miliardi sono ancora lì? Ah si? E allora…”).

Ma Francesco De Angelis è molto di più. Intanto fra qualche mese andrà a guidare il Consorzio industriale regionale unico del Lazio. Il più grande d’Italia, un ente che avrà un peso stratosferico su ogni tavolo di trattativa. De Angelis però è innamorato della politica. E’ stato il primo a blindare il segretario nazionale del Pd Nicola Zingaretti dopo essersi reso che il fallimento del Conte ter avrebbe provocato dei contraccolpi fortissimi anche all’interno dei Dem. Cosa che sta succedendo con il freno a mano tirato solo perché ci sono le trattative sull’opzione Draghi.

Francesco De Angelis durante la presentazione del raddoppio della Morolense. Con lui Mauro Buschini, Sara battisti e il Prefetto Ignazio Portelli

Ma Francesco De Angelis è andato subito oltre. Il che vuol dire che la politica la mastica come nessun altro in questo territorio e anche oltre. Ha evitato perfino di gioire della sconfitta di Goffredo Bettini, quello che nella sostanza gli aveva precluso la conferma come europarlamentare. (Leggi qui Il risentimento di Bettini per Renzi che non aiuta Zinga).

In realtà Francesco De Angelis ha una magnifica ossessione: diventare parlamentare. Anzi, senatore. La prossima volta sarà candidato per Palazzo Madama. Nel frattempo punterà ad espugnare il Comune di Frosinone. Con quello “scalpo” rivendicherà il collegio.

Balla coi lupi.

FIASCHI

GIUSEPPE CONTE

L’avvocato del popolo ha scoperto che in questa fase è risultato essere l’avvocato delle cause (politiche) perse. Ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare. Intanto non ha capito che la prima rivendicazione di Renzi (via la cabina di regia sul Recovery Plan) gli aveva tolto ogni possibilità di manovra e di ricucitura all’interno della maggioranza.

In secondo luogo nell’ultimo anno mai ha dimostrato vera gratitudine politica nei confronti del leader del Pd Nicola Zingaretti che lo ha blindato e sostenuto anche quando i Cinque Stelle lo avevano sostanzialmente mollato.

Giuseppe Conte

Poi, nel momento in cui Renzi ha ritirato ministre e sottosegretario, doveva subito salire al Quirinale e rimettere il mandato nelle mani del Capo dello Stato. (Leggi qui Mario, i Draghi e il Trono di Spade).

Non lo ha fatto, preferendo una imbarazzante rincorsa di responsabili, costruttori e volenterosi. Senza però riuscire a raggiungere l’obiettivo, vale a dire la maggioranza al Senato. Dopo molte titubanze ha rimesso il mandato nelle mani di Mattarella. Cercando però di pilotare la situazione per un terzo incarico a lui. La telefonata a Matteo Renzi prima che quest’ultimo salisse al Colle, ha rappresentato plasticamente la più grande ammissione di debolezza politica. Oltre che di ingenuità.

Il mandato esplorativo a Roberto Fico poteva essere l’ultima carta, ma l’avvocato del popolo ha costretto gli alleati sulla posizione estrema: “O Conte o niente”. A quel punto Matteo Renzi ha fatto saltare il banco. Ma Giuseppe Conte è uno che non si arrende. Il predellino-bonsai davanti a Palazzo Chigi, con la regia di Rocco Casalino, è stato l’inno al rosicamento.

Ora sta addirittura pensando di poter far parte del Governo Draghi, mentre Beppe Grillo vorrebbe lui alla guida dei Cinque Stelle. Giuseppe Conte non vede l’ora, di entrambe le opzioni. Ma sarebbero ulteriori errori fatali.

Il potere logora chi non ce l’ha più.

MASTELLA-TABACCI-ROSSI-POLVERINI

Sono saltati sul carro del presunto vincitore un attimo prima che il presunto vincitore diventasse il grande sconfitto di una fase politica decisiva. A Clemente Mastella, sindaco di Benevento e vera volpe del Ccd prima e dell’Udeur poi, non era parso vero di tornare centrale nelle dinamiche politiche parlamentari, peraltro sul terreno più democristiano che esiste. Quello degli inciuci. Ma stavolta ha fatto male i suoi conti, riportando alla mente una celebre frase di Bettino Craxi su Giulio Andreotti: “Anche le vecchie volpi finiscono in pellicceria”.

Clemente Mastella. Foto © Paolo Lo Debole / Imagoeconomica

Bruno Tabacci è ringiovanito di 30 anni almeno, ma anche lui ha fallito per l’incapacità di rendersi conto che i tempi e i protagonisti sono cambiati.

Renata Polverini è stata la prima a saltare il fosso, lei che da presidente della Regione Lazio aveva incarnato più di tutti i valori del centrodestra. Era andata a sostenere un possibile Conte ter dopo aver preso atto che in Forza Italia non ci sono le possibilità di cambiare le cose. Risultato: Forza Italia sosterrà il Governo Draghi, lei sarà una parlamentare senza casa politica.

Infine Mariarosaria Rossi, l’amazzone di Forza Italia, il capo della guardia pretoriana di Silvio Berlusconi. La più berlusconiana di tutti. La zarina. Anche lei aveva lasciato Forza Italia per saltare sul carro di Conte, che poi si è ribaltato alla prima curva. Forse però la Rossi giocava una partita più sottile, forse Berlusconi sapeva delle sue mosse. Questo però adesso non cambia nulla. Il fatto è che i responsabili sono più ininfluenti di prima.

Sul carro dei perdenti.

TAJANI-FAZZONE

L’unico dato di fatto è che Forza Italia continua a perdere pezzi. Il sindaco di Pontecorvo Anselmo Rotondo è passato con la Lega. Il sindaco di Sgurgola Antonio Corsi dagli “azzurri” si era allontanato da tempo, ma è indubbio che la sua carriera politica ha quelle radici. Quanti se ne dovranno ancora andare per costringere i big a intervenire?

Un breve elenco per rinforzare la memoria: Alfredo Pallone, Antonello Iannarilli e Alessia Savo sono in Fratelli d’Italia. Nicola Ottaviani, Pasquale Ciacciarelli, Danilo Magliocchetti nella Lega. Mario Abbruzzese in Cambiamo con vista sul… Carroccio.

Antonio Tajani e Claudio Fazzone

Ma soprattutto se sono andati tanti sindaci e consiglieri comunali. Nicola Ottaviani, nel frattempo diventato coordinatore regionale del Carroccio, sta facendo shopping in Forza Italia. Antonio Tajani, vicepresidente del partito, preferisce restare concentrato sul piano nazionale (il suo nome gira tra i possibili ministri politici del Governo Draghi), ma la Ciociaria è la sua roccaforte. Ormai abbandonata.

Il senatore e coordinatore regionale Claudio Fazzone fatica ad intervenire per dare la spallata decisiva. Entrambi evitano di concordare una strategia comune e unitaria per fermare l’emorragia.

Capponi di Renzo.