Fischi e Fiaschi della settimana VI – 2021

Fischi e Fiaschi. I protagonisti della settimana appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

FISCHI

MARIO DRAGHI – BEPPE GRILLO

L’ex presidente della Bce è riuscito a comporre un Governo come se fosse Archimede pitagorico. Tutto è nel segno dell’equilibrio numerico prima che politico: 15 ministri politici, 8 tecnici, 15 uomini e 8 donne, 17 veterani e 6 debuttanti. E così via. Sarà sostenuto dalla stragrande maggioranza del Parlamento: Pd e Lega, Cinque Stelle e Forza Italia, Leu e Italia Viva.

Mario Draghi sul trono di Spade (Foto: IchnusaPapers)

Adesso però toccherà a lui passare dagli impegni ai fatti e, considerando le aspettative, non può fallire, Anzi, dovrà stupire con effetti speciali. Con il piano vaccinale, con il Recovery Plan, con il rilancio dell’economia.

Beppe Grillo ha scelto di spaccare i Cinque Stelle pur di garantire un appoggio a Mario Draghi. La votazione su Rousseau è stata lacerante e tutti sanno che quel 40% di no sono in realtà di più sul piano identitario.

Stanno a significare che il Movimento potrebbe esistere ancora. Grillo però ha tirato dritto. E senza l’invenzione del ministero per la Transizione Ecologica quel quesito sarebbe stato bocciato.

La strana coppia.

GIORGETTI – CARFAGNA

Il leghista Giancarlo Giorgetti ministro dello Sviluppo Economico rappresenta una novità che dice due cose. Intanto che, ministeri affidati ai tecnici a parte, è suo il dicastero più pesante e strategico. È stato lui a convincere il Capitano Matteo Salvini che era arrivato il momento di svoltare, di lasciare le suggestioni sovraniste per avviarsi lungo il sentiero europeo, di archiviare la stagione del populismo per provare ad entrare nel Ppe, cioè nel salotto buono di Strasburgo e Bruxelles, dove è necessario sedere per governare.

Perché non basta vincere le elezioni. Il sostegno della Lega del Capitano a Mario Draghi rappresenta una svolta enorme nel centrodestra italiano. L’ideologo è stato Giancarlo Giorgetti.

Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna (Foto: Roberto Monaldo / Imagoeconomica)

Mara Carfagna ha appreso dalla televisione che era stata nominata ministro. Ed è vero. Silvio Berlusconi non aveva puntato su di lei, evidentemente ritenuta “scomoda”. Il suo nome, però, era stato fatto da un certo Sergio Mattarella. Sì, proprio il presidente della Repubblica, che evidentemente ne ha apprezzato le dori politiche e il senso dello Stato dimostrato quando, da vicepresidente della Camera, non ha avuto problemi a rispondere a tono a Salvini. Ma soprattutto Mara Carfagna è l’antesignana di un centrodestra antisovranista. (Leggi anche Il governo MattaDraghi, Cencelli e il Contrappasso).

Pontieri con le idee.

OTTAVIANI – DE ANGELIS

Sanno tutti e due che prima o poi si sfideranno. Per un seggio parlamentare, nel collegio della Camera Frosinone-Sora probabilmente. E sanno tutti e due che l’esito delle elezioni comunali di Frosinone del 2022 sarà decisivo. (Leggi qui Frosinone caput mundi. Guai a chi perde le Comunali).

Ottaviani, coordinatore provinciale “rampante” della Lega, non potrà ricandidarsi a sindaco ma intende vincere da regista. O meglio: da allenatore. Altrimenti sarà più difficile ottenere una candidatura eleggibile. Punta sulle primarie e ha messo in conto di poter tenere il centrodestra quasi unito. Per poi vincere al secondo turno.

Ottaviani e De Angelis

Francesco De Angelis è scatenato: sembra Apollo Creed quando allenava Rocky. Rocky è Mauro Vicano. De Angelis sta cercando, con successo, di staccare pezzi “civici” di maggioranza al centrodestra. Ci sta riuscendo e ha intenzione di continuare lungo questa strada.

Qualche anno fa Nicola Ottaviani fu decisivo per l’elezione di Francesco De Angelis alla presidenza dell’Asi. Erano gli anni in cui nel Pd c’era la concorrezza di Francesco Scalia. Adesso però quell’episodio è lontanissimo.

Il leader maximo del Pd e il capo provinciale della Lega dovranno sfidarsi prima o poi.

Il nemico che preferisco.

FIASCHI

DI BATTISTA – FICO

Il rivoluzionario a Cinque Stelle ha annunciato l’addio al Movimento. Ma lo farà davvero? Perché se non lo fa, a cosa è servito tutto questo? Grillo, Di Maio e Crimi gli hanno servito su un piatto d’argento il 40% (almeno) di una forza politica che può ancora scrollarsi di dosso le incrostazioni del Palazzo e provare a riprendere il cammino originario. Con un altro nome magari.

Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. (Foto: Raffaele Verderese / Imagoeconomica)

Ma Alessandro Di Battista non riesce mai a scegliere i tempi giusti e ad andare fino in fondo. Negli ultimi anni non gli hanno fatto letteralmente toccare palla e lui, a parte qualche strepito, non è mai uscito. Se non la fa neppure stavolta, meglio davvero ritirarsi a vita privata.

Roberto Fico, presidente della Camera, dopo il fallimento bis del mandato esplorativo, è tornato a fare quello che sa fare meglio: restare dietro le quinte. Anche il grillino rosso fa ormai parte del Movimento di Palazzo.

Diversamente ininfluenti.

GIORGIA MELONI

Ha scelto il sentiero più comodo, quello dell’opposizione. Ha fatto un calcolo elettorale non un ragionamento di lungo periodo. Vuole semplicemente puntare ad ottenere più voti, rosicchiandoli alla Lega. Sperando cioè che nell’elettorato del Carroccio possano aprirsi delle falle per via del sostegno a Mario Draghi.

Giorgia Meloni

Uno scenario che potrebbe verificarsi più al sud che al nord a dire la verità. Ma mai come in questa occasione si capisce che se il centrodestra fosse stato compatto nell’appoggiare Draghi, avrebbe avuto una larga maggioranza nella maggioranza. Rendendo ininfluente uno tra Pd e Movimento Cinque Stelle.

La storia politica, non solo italiana, è piena di Partiti che ottengono straordinari risultati all’opposizione senza mai arrivare a governare però. Giorgia Meloni corre lo stesso rischio, anche perché se il Governo di Mario Draghi riesce a far bene su campagna di vaccinazione e progetti per il Recovery Plan, una parte dei meriti sarà di chi quell’esecutivo lo appoggia.

Mancanza di prospettiva.

FRANCESCO MERLO 

Premessa necessaria: l’articolo “Quel che resta di Conte” dell’editorialista de La Repubblica è un affresco ineguagliabile della politica italiana degli ultimi tre anni. Caratterizzati dai vezzi, dal vuoto cosmico, dal barocco imperante, dai Dpcm e da un approccio da gossip.

Ma poi Francesco Merlo, accostando Conte a Teodosio, ha scritto: “che davvero credette di poter fare l’imperatore di Roma pur essendo un ispanico, un provinciale, un burino, un ciociaro”. Ma cosa c’entrava ciociaro?

Francesco Merlo

Sicuramente a Merlo sarà venuta in mente l’immagine della Ciociaria propagandata nei decenni da spot che tendono a dipingere questa terra come la patria dei villani, degli analfabeti e di tutto il resto. Non è così. Non vale neppure la pena ricordare i tanti personaggi storici e di cultura che hanno le loro radici in Ciociaria. Da Cicerone a Vittorio De Sica, per citarne solo due.

Bene ha fatto il sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani a rispondere prendendo spunto dal compianto direttore sportivo ciociaro Mario Iacobucci: “E allora, per rispondere a Francesco Merlo, potrebbe invocarsi l’aneddoto di vita reale, che vide interprete, circa 30 anni fa, un altro ciociaro, noto in tutta Italia, per essere uno dei direttori sportivi maggiormente conosciuti, rispondente al nome di Mario Iacobucci. Ebbene, una sera in cui si trovava a cena in un albergo di Venezia, ove appunto ricopriva l’incarico di Ds calcistico, mentre chiedeva al cameriere di versargli altri mestoli di brodo caldo, veniva ripreso da quest’ultimo, che si rivolgeva a lui con la ricorrente espressione “va ben, terùn”. Dopo aver ricevuto, per la terza o quarta volta, l’irriguardosa attenzione del “va ben, terùn”, Mario Iacobucci afferrò al gomito l’addetto alla sala, rivolgendogli, di rimando, l’interrogativo “Senti un po’! Ma se tu sei nato cameriere, la colpa è la mia?

E così, traendo spunto proprio dal compianto Mario Iacobucci, bisognerebbe rispondere all’editorialista Francesco di Repubblica: ‘Ma se tu sei rimasto Merlo, la colpa è della Ciociaria?’, sperando che, prima o poi, possa spiccare il volo in barba alle sue penne, evidentemente poco pregiate“.. 

L’accostamento alla Ciociaria non c’entrava davvero nulla.

Stereotipato.