Fischi e fiaschi della settimana XXV 2021

Terzo tempo. I fatti centrali ed i protagonisti della settimana. Per capire meglio cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore

Terzo tempo. I fatti centrali ed i protagonisti della settimana. Per capire meglio cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore

FISCHI

LUCA DI STEFANO

Luca Di Stefano

Idee chiare, linguaggio semplice, coalizione civica, temi moderni. Si è candidato a sindaco di Sora esattamente come voleva lui. (Leggi qui Rivoluzione in cento giorni. Luca parla già da sindaco)

Bravo perfino a concordare (secondo alcuni ‘imporre) con il padre Enzo Di Stefano (un mostro sacro della politica locale in quelle zone e non solo) di stare da solo in prima linea. Non per non farsi dire di essere il figlio di Enzo, ma per fare capire che nel 2021 necessariamente gli schemi sono altri.

C’è una parte di centrosinistra che guarda a Luca Di Stefano (quella rappresentata da Stefano Lucarelli, che ha portato in dote una delle sue liste). Ma c’è anche una parte di centrodestra stanco di doversi inventare equilibrismi senza rete per restare in piedi tra Massimiliano Bruni e Lino Caschera, tra Vittorio Di Carlo e Alessandro Mosticone.

Luca Di Stefano non soltanto ha fatto la mossa giusta all’età giusta, ma ha scelto il tempo giusto. Perché in questi mesi avrà il vantaggio di non dover cercare compromessi e sintesi al ribasso. Ha parlato di soranità: è un “vaffa” ai partiti.

Fresco

DANIELE NATALIA

Daniele Natalia

Di quello che è successo nel corso della seduta consiliare aperta sul biodigestore abbiamo scritto tutto. (Leggi qui Il metano si, la discarica no: la mossa di Natalia).

Ma il sindaco di Anagni in questa settimana ha rimarcato un concetto basilare: sulla Valle del Sacco si continuano a dire troppe bugie. Si continua a mentire sapendo di mentire per alimentare quel clima di decrescita infelice che fa “eccitare” i protagonisti del catastrofismo a tutti i costi. Quelli che poi si rivelano dei falliti nella capacità di progettare e nella ricerca del consenso. (Leggi qui Le balle sui veleni nella Valle del Sacco).

Il punto è semplice: il rilancio dell’area nord passa attraverso gli investimenti di soggetti privati che scommettono su questo territorio volendo fare le cose per bene. Ma che non possono aspettare i tempi biblici della politica, della burocrazia e dell’idiozia in servizio permanente effettivo. Bisogna preoccuparsi che le carte siano a posto, che tutte le regole siano state rispettare, dalla sicurezza all’ambiente. Gli uccelli del malaugurio e i talebani del cavillo non possono avere diritto di cittadinanza. Daniele Natalia li ha portati allo scoperto.

Esorcista.

MAURO BUSCHINI

Diciamo la verità: era necessario che si dimettesse da presidente del consiglio regionale del Lazio per l’onda mediatica sviluppata dalla vicenda del concorso di Allumiere? No. E lo si è capito benissimo nella seduta della commissione Trasparenza, quella nata da una sua iniziativa politica. (Leggi qui Concorsopoli in Trasparenza: Buschini ci mette la faccia).

Naturalmente su quella vicenda ci sono pure delle inchieste della magistratura che stanno andando avanti, ma si tratta di un altro campo che nulla ha a che vedere con la politica. Con il senno del poi (del quale son piene le fosse) Mauro Buschini avrebbe potuto restare al suo posto, come hanno fatto tutti gli altri membri dell’ufficio di presidenza. Invece ha voluto dare un segnale diverso: il politico non è indifferente al contesto del momento, non difende la poltrona ad ogni costo, non sale sulle barricate a prescindere.

E c’è pure ci sa sacrificarsi per le istituzioni e per mettere al riparo da polemiche chi nella scala gerarchica conta più di lui. Come Nicola Zingaretti. In realtà Mauro Buschini ha avuto il coraggio di andare controcorrente e controtendenza.

La grinta e il coraggio.

FIASCHI

GIANLUCA QUADRINI

Gianluca Quadrini Foto © A.S. Photo / Andrea Sellari

Degli aspetti giudiziari della vicenda del concorso alla Comunità di Arce (della quale era presidente) si  sta occupando la magistratura. Ma sul piano politico ha fatto un autentico disastro.

L’uscita iraconda da Forza Italia ha scatenato sia il senatore e coordinatore regionale Claudio Fazzone che tutti i suoi (numerosi) avversari interni. L’annuncio del passaggio alla Lega è risultato velleitario perché l’adesione ancora non c’era stata. (Leggi qui La solitudine di Quadrini giù dal Carroccio).

Poi ha fissato una conferenza stampa lo stesso giorno in cui è scoppiato il pandemonio giudiziario. Forse bastava ragionare e assicurarsi prima che tutte le caselle fossero a posto. (Leggi qui Quelli che non hanno capito chi comanda nella Lega).

Adesso, comunque andrà a finire la vicenda del concorso, nella Lega nessuno vuole intestarsi la sua adesione. Il coordinatore regionale Claudio Durigon è furioso, il deputato Francesco Zicchieri peggio, Francesca Gerardi ha scelto il silenzio. Mentre Nicola Ottaviani e Pasquale Ciacciarelli non nascondono la loro soddisfazione.

Disastro a catena.

BENEDETTO LEONE

Il vicesindaco dei tempi di Carlo Maria D’Alessandro è ritornato in Consiglio Comunale a Cassino grazie ad una serie di dimissioni a catena: Mario Abbruzzese lascia il seggio a Carmine Di Mambro che dopo due settimane rinuncia. Benedetto Leone ha fatto il suo ingresso preceduto da rulli di tamburi e squilli di fanfare. E con una mission politica ben precisa quanto nobile: riaggregare tutto il centrodestra frantumato dalla sconfitta elettorale di due anni fa.

Il suo primo intervento è stato all’altezza del nuovo ruolo. Ha rivolto una serie di accuse amministrative al sindaco Dem Enzo Salera, gli ha rinfacciato una serie di mancanze operative, ha annunciato che da oggi la musica cambia.  “Faremo subito un accesso agli atti per capire chi sono i contrattualizzati e se hanno qualche tipo di rapporto con questa amministrazione. Caro sindaco, io non le risparmierò niente”. Infine un appello all’unità del centrodestra.

La reazione? Gli è piovuto addosso di tutto, dalla maggioranza e dall’opposizione, dagli avversari e dai compagni di banco. Tanto che se n’è dovuto andare prima della fine dei lavori. (Leggi qui Ruggirai un altro giorno, Leone).

Prima arriva la replica di Enzo Salera. Al vetriolo: “Vede, consigliere Leone, in questa città la musica è cambiata nel 2019 quando la giunta di cui lei faceva parte è stata “giustiziata”. La musica è cambiata nel 2019 perchè oggi l’assessore ai Servizi Sociali non si sognerebbe mai di far lavorare attraverso una società esterna la sua moglie o la sua fidanzata presso l’assessorato ai Servizi Sociali”. Uno a zero.

I compagni di banco sono stati più duri. Come il suo ex assessore Franco Evangelista: “Voglio dire a Leone che noi oggi dovevamo essere in maggioranza e siamo all’opposizione perchè quel centrodestra che grazie a dio oggi non c’è più è finito. Perchè c’erano troppi rampolli che non pensavano al popolo ma solo al potere personale. Quindi il suo invito a “scurdammoce o passato” per me non esiste”.

Leone di carta

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte (Foto: Filippo Attili / Imagoeconomica)

Ha messo in moto la solita bizantina offensiva mediatica guidata da Rocco Casalino. Con l’obiettivo di trovare una soluzione democristiana che gli consenta di fare il capo politico del Movimento Cinque Stelle.

Che nelle chat del Movimento possa esserci chi critica Beppe Grillo ci sta. Il destino dei capi è questo: servo encomio e codardo oltraggio. Ma la sostanza del problema è che il garante del Movimento Cinque Stelle lo ha umiliato politicamente al cospetto dei parlamentari. E lui doveva solo andarsene. Invece sono passati giorni ed è ancora lì perché sta cercando di mediare. (Leggi qui Te li do io i Cinque Stelle. Grillo umilia Conte. E ora cambia tutto).

E’ rimasto a Palazzo Chigi quasi tre anni perché lo ha voluto Grillo. Per nessuna altra ragione. Luigi Di Maio non lo voleva, Nicola Zingaretti non lo voleva, Matteo Renzi non lo voleva. E adesso Grillo ha voluto ricordargli brutalmente che comanda lui. Non Giuseppe Conte.

Fuori posto.

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