I protagonisti del giorno. Top e Flop del 12 agosto 2020

Top e Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

ANSELMO ROTONDO

Zitto zitto, ma non quatto quatto, il sindaco di Pontecorvo Anselmo Rotondo cerca di avviarsi verso la conferma (facesse tutti gli scongiuri che ritiene opportuni) combattendo la vera battaglia politica lontano dalle mura cittadine, lasciandosi i palchi dei comizi solo per la passerella finale.

Anselmo Rotondo

Con un’abile strategia politica, il sindaco ha innanzitutto reso inespugnabile il suo fortino politico di Forza Italia. Statuto alla mano si è eletto il Coordinatore cittadino dl Partito prima che a qualcuno venisse in mente di mandargli un commissario per mettere il naso nelle sue strategie. Poi ha aperto il tavolo provinciale con Fratelli d’Italia ed incassato l’appoggio esplicito del senatore Massimo Ruspandini con la candidatura del vicesindaco FdI Nadia Belli e dell’ex sindaco FdI Michele Notaro. Allo stesso tempo ha indebolito il suo principale avversario: l’ex sindaco Riccardo Roscia che in FdI è dirigente provinciale.

Infine il tavolo con la Lega: aperto – anche in questo caso – su un livello molto più alto di quello pontecorvese. Ottenendo in questo caso A) il ritiro della candidatura dell’onorevole leghista Francesca Gerardi dalla lista di Roscia, B) il sostanziale congelamento della posizione del Carroccio che al momento non appoggia più Roscia ma farà una dichiarazione di voto quando saranno depositate le liste. Nessuno si stupirebbe se la dichiarazione di appoggio fosse a favore di Rotondo e non di Roscia.

Una volta sistemato l’aspetto politico, Anselmo Rotondo potrà salire sui palchi e raccontare cosa ha fatto in amministrazione. Ma solo dopo avere dato a tutti una lezione di strategia, degna di un player di dimensione provinciale.

Il fiuto politico ce l’ha. Eccome se ce l’ha. È rimasto in Forza Italia nel momento in cui tutti quanti andavano via, anche Pasquale Ciacciarelli e Nicola Ottaviani. Ed ha capito prima e meglio di altri che nel momento in cui la politica ha pochi spazi sono i sindaci a contare. Soprattutto se sanno fare politica.

Scaltro.

LUCIO FIORDALISIO

Se continua così l’unico avversario che avrà sarà Samuel Battaglini, uno che al momento di annunciare la sua candidatura a sindaco aveva premesso che lo faceva nella certezza di perdere. Il che è tutto dire (leggi qui I protagonisti del giorno. Top e Flop del 23 luglio 2020).

Lucio Fiordalisio

In realtà bisogna avere il coraggio di cominciare a dire qualche cosa: Lucio Fiordalisio ha fatto tutta la sua carriera a sinistra, soprattutto nel Pd. Ma quando si è trattato di contestare la Regione Lazio per quanto riguarda alcune possibili decisioni in materia ambientale (indipendentemente dal merito delle questioni) lui ha fatto il sindaco. Senza pensare né ai Partiti né alle maggioranze di governo.

Non si hanno più tracce politiche del suo predecessore Stefano Belli ed a Patrica nessuno parla più di centrodestra o centrosinistra, il che è singolare conoscendo la vis polemica che da sempre contraddistingue ed anima le Comunali del comune nei Lepini.

Anche per Fiordaliso vale il discorso di Anselmo Rotondo: in tempo di eclissi dei Partiti l’unica scia che si vede sotto il cielo della politica locale è quella della fascia tricolore.

Luci(D)o.

FLOP

BEPPE GRILLO

Una foto pubblicata sul suo profilo lo ritrae accanto a Virginia Raggi, la sua mano sulla sua spalla: sulle loro teste la scritta Daje. È la benedizione alla ricandidatura della sindaca di Roma.

Dal punto di vista politico, nulla questio: è una scelta intrinseca al Partito. Che può decidere di candidare chi più ritiene adatto al ruolo.

Beppe Grillo e Virginia Raggi “Daje”

Il problema però è di coerenza e di metodo.

Fino ad oggi nessuno era stato risparmiato dalla mannaia della seconda candidatura concessa allo statuto e non ultras. Ne ha fatto le spese un sindaco come quello di Pomezia, Fabio Fucci: eletto al primo mandato in opposizione, capace dopo pochi mesi di far cadere l’amministrazione, eletto subito sindaco nella tornata successiva. Per lui niente bis con la fascia tricolore: aveva già compiuto i due mandati e nulla ha contato che il primo fosse durato pochi mesi e si fosse concluso con la caduta dell’amministrazione avversaria per portarla sotto la bandiera a 5 Stelle. (leggi qui Pomezia come Parma: Fucci scomunicato dal M5S). Per Virginia Raggi invece tutto questo non c’è stato. Scatenando la giusta indignazione della base.

Ma è anche una questione di metodo perché lo ha deciso Grillo senza consultare gli iscritti, senza le primarie, senza lo streaming, senza nessun tipo di partecipazione. Non ce n’era bisogno ma è evidente che il potere decisionale, nei pentastellati, ormai è a mezza … stella. È una monarchia feudale e non un Partito, con regole democratiche.

Ma non solo. C’è un errore politico enorme e pacchiano. In questo modo Grillo mette una pietra tombale sulla possibilità di intese con il Pd che lui stesso invece aveva sollecitato. Infatti Nicola Zingaretti non potrà mai sostenere la Raggi. Con effetti a cascata anche sulle Regionali e forse perfino sul quadro nazionale. Perché a questo punto non si capisce per quale motivo Zingaretti dovrebbe prendere in considerazione l’idea di entrare a far parte di un governo monopolizzato dai 5 Stelle che cambiano idea 4 volte al giorno.

Nun se po’ fà.

MATTEO SALVINI

Ammettiamo pure che l’intera questione dei furbetti del bonus sia stata opportunamente orchestrata dai 5 stelle per spingere ulteriormente il referendum sul taglio dei parlamentari. Ma perché il leder della Lega, quello stesso che non aveva esitato a citofonare per avere un minimo di ribalta, è in silenzio da due giorni su un punto così politicamente imbarazzante?

Matteo Salvini Foto © Livio Anticoli / Imagoeconomica

Non solo, facendosi scavalcare dal governatore del Veneto Luca Zaia che ha già fatto sapere che non ricandiderà il suo vice e i due consiglieri leghisti che hanno chiesto il bonus.

E’ la conferma che al di là dell’immigrazione, su tutti gli altri temi Salvini è eccessivamente timido, come i leader dei Partiti della Prima Repubblica.

Sotto c’è però una spiegazione politica: il capitano sa che con il taglio di 345 seggi parlamentari, per quello che è attualmente il primo Partito italiano, ci saranno non pochi problemi dal momento che dovrà dire no alla ricandidatura di molti degli attuali deputati e senatori, con effetti a cascata anche sulle regionali e su tutto il resto.

Nella fase iniziale della legislatura ha inseguito e superato i 5 stelle sul terreno della demagogia, ma adesso paga pesce e piatto. E nel momento in cui il voto di opinione viene meno, sui territori comincia a vedere le streghe, che hanno il volto di Luca Zaia.

Senza più bonus.