Top e Flop. Ogni notte, i protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende l’indomani.
TOP
ALESSANDRO DI BATTISTA
Stavolta il “ribelle” dei Cinque Stelle merita il top, per il coraggio e la coerenza che ha dimostrato nel difendere il senatore Gianluigi Paragone, espulso dal Movimento Cinque Stelle e “scaricato” da tutti, Luigi Di Maio e Beppe Grillo per primi.
Alessandro Di Battista invece ha detto la sua: “Gianluigi è infinitamente più grillino di molti che si professano tali. Non c’è mai stata una volta che non fossi d’accordo con lui. Vi esorto a leggere ciò che dice e a trovare differenze con quel che dicevo io nell’ultima campagna elettorale che ho fatto. Quella da non candidato, quella del 33%”.
Il richiamo al 33% è significativo: Di Battista vuole dire che da quel risultato lì il Movimento Cinque Stelle si è allontanato molto. Non solo per il crollo dei voti e delle percentuali, ma soprattutto perché il Movimento appare arroccato nel Palazzo e concentrato sulle liste di proscrizione anziché sul rilancio. Di Battista è una voce nel deserto, ma comunque una voce.
Non c’è… Paragone. Con Di Maio.
LUCA FANTINI
Resiste alla tentazione di “esternare” a tutti i costi. È un “fanatico” del silenzio. Il suo nome gira da mesi come possibile candidato alla segreteria provinciale del Pd. Il leader regionale dei Giovani Democratici (giovanissimo) ha già dimostrato autonomia, indipendenza e scelta di tempo.
Politicamente è nato sotto l’ala dell’attuale presidente del consiglio regionale Mauro Buschini, ma ha mantenuto il punto quando si è trattato di schierarsi con Nicola Zingaretti e Andrea Orlando alle penultime primarie.
Adesso il congresso provinciale del Pd richiederà una tenuta nervosa almeno pari alla capacità politica. Perché difficilmente si celebrerà prima di due e o tre mesi e si andrà a incastrare nel dibattito nazionale del dopo elezioni in Emilia Romagna.
Indipendentemente dal ruolo e da come andrà a finire, Luca Fantini, con il silenzio, sta dimostrando di avere gli attributi. Enfant prodige.
FLOP
LE SARDINE
È saltata la manifestazione delle Sardine a Pistoia, che era stata fissata per il 4 gennaio alle 18.30 in piazza dello Spirito Santo. Il coordinamento regionale del Movimento ha sconfessato l’iniziativa di alcuni attivisti.
In questo modo: “Le piazze delle Sardine nascono dal basso, nascono dalla voglia di ritrovarsi, di unirsi. Nascono da persone che si mettono a disposizione degli altri, a disposizione della piazza, perché sono le persone che scendono in piazza i veri protagonisti, non gli organizzatori. A Pistoia questo non è successo e questioni personali hanno prevalso sul nostro messaggio”.
“Abbiamo chiesto agli organizzatori di fare un passo indietro, di rimandare l’evento e creare un gruppo più grande e unito, ma non tutti hanno accettato questo invito. Non possiamo impedire a nessuno di scendere in piazza, ma viste le premesse, in comune accordo con “6000Sardine” non possiamo appoggiare la piazza di Pistoia del 4 gennaio. Difatti l’evento è stato rimosso dalla programmazione ufficiale”.
Indipendentemente da come è andata e dai motivi degli uni e degli altri, è emerso che nel movimento delle Sardine ci sono livelli che decidono e altri livelli che devono adeguarsi. Non è proprio la filosofia di un movimento che fa della partecipazione il motivo dominante. C’è chi è più Sardina di altri.
LUIGI DI MAIO
Ogni volta che nel Movimento Cinque Stelle si manifesta un problema politico (ormai a ritmo quasi quotidiano), il capo politico nonché ministro degli esteri alza la posta. Gianluigi Paragone viene espulso e parla di “nulla” con riferimento al Movimento? Luigi Di Maio alza i toni sulla revoca delle concessioni ad autostrade.
Ha fatto lo stesso nel recente passato, riuscendo a far entrare in vigore la nuova normativa sulla prescrizione. Ormai è una strategia consolidata: deviare l’attenzione su altri temi con armi mediatiche e politiche di distrazione di massa. Ma quanti parlamentari ha perso il Movimento Cinque Stelle negli ultimi anni? E quanti elettori soprattutto?
La risposta di Luigi Di Maio è stata quella dei “team dei facilitatori” per cercare di radicare il Movimento sul territorio. Alla fine resterà soltanto lui e non potrà neppure espellersi.
Un solo piccolo indiano.