I protagonisti del giorno. Top e Flop del 20 giugno 2020

Top e Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

FRANCESCO SCALIA

La lunga intervista ad Alessioporcu.it ne ha ricordato la mancanza “politica”. Due anni fa il Partito Democratico decise di candidarlo in posizione non eleggibile fuori provincia. Lui è uscito in punta di piedi e siccome non ha bisogno della politica per vivere, si è rimesso a fare, da protagonista, sia l’avvocato che il professore. (leggi qui Francesco Scalia, quello che 20 anni fa realizzava i sogni di oggi. E oggi non sogna più).

FRANCESCO SCALIA. FOTO © RAFFAELE VERDERESE / IMAGOECONOMICA

E’ stato sindaco di Ferentino, presidente della Provincia, assessore regionale e senatore. Con una capacità di visione e un’intelligenza fuori dall’ordinario. Ma nel Pd di Matteo Renzi questo non è bastato per avere una candidatura eleggibile in Ciociaria.

Ripercorrendo la carriera di Scalia vengono fuori due cose. La prima è la dote di saper vedere prima le potenzialità di questo territorio in termini di infrastrutture. Come per esempio l’Alta Velocità. Ma pure i progetti dell’aeroporto e dell’interporto erano forse troppo avanti per quegli anni.

Sul piano politico Scalia è stato uno capace di litigare con gente come Piero Marrazzo e Matteo Renzi. Oggi non lo fa più nessuno. Nel Pd è rimasta celebre la “competizione virtuosa” con Francesco De Angelis. Ma quel Partito Democratico lì vinceva, governava, determinava e guardava avanti.

Manca moltissimo perfino a De Angelis. Lui, Francesco Scalia, però, non ha rimpianti. Nei Democrat, invece, lo rimpiangono in moltissimi. (leggi qui «Quella notte in cui Scalia mi disse che lasciava la politica»).

Inimitabile. 

BEPPE SALA

Stop allo smart-working e al lockdown lavorativo per tornare alla normalità. Il pericolo è l’effetto-grotta, che aliena dalla vita sociale e che alla lunga finirà con il penalizzare ulteriormente il mondo lavorativo. Il sindaco di Milano Beppe Sala ha avuto il coraggio di dire che “il re è nudo”.

Beppe Sala

Spiegando: «Un consiglio mi sento di darlo, io sono molto contento del fatto che il lockdown ci abbia insegnato lo smart working, e ne ho fatto ampio uso in Comune ma ora è il momento di tornare a lavorare perché l’effetto grotta per cui siamo a casa e prendiamo lo stipendio ha i suoi pericoli. Tutto ciò va contestualizzato nella situazione sanitaria»

La Lombardia è la regione più colpita dal Coronavirus e naturalmente le parole del sindaco di Milano pesano più di chiunque altro in ogni tipo di contesto. La situazione sanitaria al momento è sotto controllo in Italia, nonostante qualche focolaio che ricorda a tutti che non bisogna abbassare la guardia. Però il Paese non ha ripreso i suoi ritmi normali e questo può essere molto pericoloso. A Beppe Sala il merito di aver dato una scossa.

Controcorrente.

FLOP

CASELLATI-TAVERNA

Scontro al Senato tra il presidente, Elisabetta Casellati (Forza Italia), e la vice, Paola Taverna (Cinque Stelle), all’inizio della seduta per la ripetizione del voto di fiducia dopo che ieri è risultato essere mancato il numero legale. Su un tema delicatissimo come quello della conversione in legge del decreto che stabilisce anche l’election day, ossia l’accorpamento  della data per le regionali, le comunali e il referendum. (leggi qui Election Day, il Senato approva: via anche con in voto bis).

La Casellati ha detto: «Non c’ero io, c’era la presidente Taverna, mi prendo le mie responsabilità».

Paola Taverna © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Paola Taverna ha ribattuto: «L’Ufficio di presidenza è impersonale, fare nomi e cognomi svilisce solo l’istituzione. Io ieri presiedevo in sostituzione del collega La Russa, che coscientemente sapeva quello che sarebbe successo in quest’aula. Ossia la volontà di far mancare il numero legale e non una contrapposizione politica tra chi era a favore o era contrario al provvedimento. Ma l’intenzione di minare l’istituzione e la sua espressione e di mettere il Paese nella difficoltà su un provvedimento che riguardava la data delle elezioni».

Quello che è successo al Senato, determinando la ripetizione del voto, è qualcosa di degno davvero di Striscia la Notizia. Però il punto è soprattutto quello dell’interpretazione di un ruolo istituzionale.

Il centrodestra si è scagliato contro la Taverna, il centrosinistra ha accusato la Casellati di essere appiattita sulle posizioni di Matteo Salvini. Non era più semplice scusarsi e basta? Da parte dell’Ufficio di presidenza naturalmente.

In Italia non si riesce mai a mettere la politica da parte. Neppure durante una pandemia destinata a passare alla storia, nemmeno quando si deve garantire il passaggio “principe” della nostra democrazia: la data per il voto. Casellati e Taverna dovevano dare l’esempio oggi, scusandosi anche per i soliti “giochetti” dei colleghi. Invece hanno rilanciato la polemica.

Le istituzioni sono un’altra cosa.

ROBERTA LOMBARDI

La domanda è stata semplice: da cittadina romana rivoterebbe Virginia Raggi sindaco? La risposta di Roberta Lombardi, capogruppo dei Cinque Stelle alla Regione Lazio, è stata in puro stile democristiano doroteo. Ha detto: «Io rivoterei per il Movimento 5 Stelle. Io faccio parte della vecchia guardia del Movimento, prima vengono il programma e le idee e poi le persone. Lo rivendico».

Roberta Lombardi
Roberta Lombardi © Paola Onofri, Imagoeconomica

Roberta Lombardi è sempre stata contraria non soltanto alla ricandidatura di Virginia Raggi, ma perfino alla prima candidatura. E non ha mai mancato una sola occasione per criticare la sindaca di Roma, prendendone le distanze. La sua risposta invece apre non uno spiraglio, ma una finestra sull’oceano.

Cosa è cambiato? Semplice: Beppe Grillo ha richiamato tutti all’ordine, ha stoppato le velleità di Alessandro Di Battista, ha fatto capire a Luigi Di Maio che la ricreazione è finita.

Ma soprattutto ha lasciato intendere che a Roma i Cinque Stelle ricandideranno Virginia Raggi, che non ha neppure il problema del limite del secondo mandato. L’unica libertà concessa ai militanti dei Cinque Stelle è quella di essere d’accordo con Grillo. L’alternativa è lo strappo.

Forse la Roberta Lombardi del 2013, quella dello streaming con Bersani, l’avrebbe fatto. Era un altro Movimento. Ma era anche un’altra Roberta Lombardi.

Disinnescata.