I protagonisti del giorno. Top e Flop del 23 ottobre 2020

Top e Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

ALESSIO D’AMATO

La situazione è molto seria e non è facile dire la verità in momenti del genere. Ma non per l’assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato, il quale, in un’intervista a La Repubblica, ha detto: «Gli ospedali sono sotto stress. Registriamo contagi cinque volte superiori rispetto a quelli avuti nella Fase 1, quando avevamo picchi di 220 positivi. Adesso speriamo che si abbassi la curva dei contagi. Se non cala, reggeremo solo un mese». (Leggi qui Covid, «Se non cala, reggeremo solo un mese»).

ALESSIO D’AMATO. FOTO © CARLO LANNUTTI / IMAGOECONOMICA

La sua è una scelta di lealtà nei confronti dei cittadini. Sa benissimo che in tanti rifiutano anche di sentir parlare del Coronavirus: è una reazione umana, accade quando si rifiuta la realtà. E nessuno vuole guardarla in faccia quando è brutta. Per questo motivo i politici preferiscono dire le bugie: vengono accettate dagli elettori meglio di una brutta verità. Alessio D’Amato ha fatto una scelta diversa: questa è la realtà, se non vi piace cambia poco perché il Covid non guarda in faccia, non fa eccezioni.

Ci vuole coraggio per fare una scelta simile quando si è l’assessore scaraventato sulla linea del fronte da otto mesi. E non si ha la possibilità di sbagliare. Perché il tuo presidente è anche il Segretario nazionale del Pd e tutti gli occhi sono puntati sulla sua Regione.

Ci vuole coraggio anche per imporre un freno alle strutture private. Ad esempio quelle che si sono fatte avanti per fare i tamponi molecolari, D’Amato ha rivelato: «Vogliamo rassicurazioni. Quando abbiamo autorizzato i test rapidi, si sono presentati in 176. Sa in quanti lavorano davvero? Solo in 60. Si sono dimostrati meno preparati del previsto, sotto la sufficienza».

E ci vuole capacità per servire un’alternativa alla gente che ha paura e vuole fare i tamponi. «Con l’aiuto dello Spallanzani valideremo i laboratori che possono analizzare almeno 5mila tamponi molecolari al giorno. Il prezzo al pubblico sarà di 60 euro. Non un euro di più. Lo dico perché non ci sono state sempre situazioni limpide. Abbiamo denunciato a Nas e Antitrust prezzi triplicati per i test rapidi».

Nessuno sconto. A nessuno. Nelle province di Frosinone, Latina e Viterbo la situazione è molto seria. Per non parlare di Roma. Lui però non si nasconde e la affronta parlando senza filtri.

Nella buona e nella cattiva sorte.

MAURIZIO STIRPE

Nella “battaglia” della Camera di Commercio del Basso Lazio non è intervenuto. Non ha detto una parola. Perlomeno non ufficialmente. I maligni sono pronti a scommettere che l’esito della votazione non gli sia dispiaciuto. (Leggi qui I protagonisti del giorno. Top e Flop del 21 ottobre 2020).

Maurizio Stirpe Foto © Imagoeconomica / Rocco Pettini

Ma il punto non è questo. Il vicepresidente nazionale di Confindustria è l’unico esponente dell’associazione di categoria che non può essere accusato della disfatta sulla presidenza dell’ente. Filippo Tortoriello e Angelo Camilli, ex e attuale presidente di Unindustria, hanno sostenuto la designazione di Marcello Pigliacelli. Rifiutando ogni proposta di cambiare il candidato. (Leggi qui Acampora vola sulla testa del Sistema Roma).

La votazione di qualche giorno fa è destinata a lasciare strascichi pesanti all’interno di Unindustria, perché è chiaro a tutti che almeno un franco tiratore (se non due) c’è stato. Adesso, indipendentemente da come verrà formata la giunta, Unindustria nella migliore delle ipotesi si troverà a dover sostenere il presidente (Giovanni Acampora) che l’ha pesantemente sconfitta. Mentre nella peggiore delle ipotesi dovrà rassegnarsi all’opposizione.

Maurizio Stirpe, da molti anni vicepresidente nazionale di Confindustria, non solo resta il più alto in grado nel Lazio, ma dimostra di non sbagliare strategia quando è lui a giocare in prima persona. Quando invece sono gli altri a dover pianificare la partita, succede quel che è successo sulla presidenza della Camera di Commercio. Ma, a sentire alcuni, anche questa volta non ha sbagliato. Perché talvolta il silenzio è d’oro.

Solo al comando.

FLOP

MATTEO SALVINI

La versione ufficiale è che il Governatore della Lombardia Attilio Fontana abbia convinto il leader della Lega Matteo Salvini sull’ordinanza per contrastare l’avanzata del Covid in Lombardia. In realtà Attilio Fontana ha disobbedito, facendo come voleva lui.

Matteo Salvini. Foto © Vince Paolo Gerace / Imagoeconomica

In particolare il Capitano aveva “invitato” a decidere che fossero i sindaci a fare le ordinanze. Fontana ha fatto tutto il contrario.

Intanto per motivi sanitari, ma è anche chiaro che la leadership di Salvini non è più quella di marzo. Il trionfo di Luca Zaia in Veneto e la sconfitta di Susanna Ceccardi in Toscana hanno cambiato qualche equilibrio nel Carroccio.

Ma poi c’è soprattutto la battaglia interna al centrodestra sulla leadership. Con Giorgia Meloni che avanza in modo incontenibile. Inoltre le mosse elettorali di Fratelli d’Italia vanno ormai in direzione autonoma. Come dimostra il caso Terracina, che ha fatto scuola. Prima del lockdown Salvini veleggiava in ogni tipo di sondaggio. Grazie ai selfie e a tutto il resto. Adesso invece è in evidente difficoltà.

La decisione di Attilio Fontana dimostra che qualcosa è cambiato perfino il Lombardia.

Il re è nudo.

LUIGI DI MAIO

Il Movimento Cinque Stelle è il grande assente sull’emergenza Coronavirus. Non incide, comunica con il contagocce, si affida a Giuseppe Conte, che a sua volta ripete le solite frasi da nove mesi.

Luigi Di Maio. Foto © Livio Anticoli / Imagoeconomica

Ma soprattutto nel Movimento si continua a parlare degli Stati Generali, si continua a ribadire il no al Mes (che servirebbe per potenziare la sanità), si continua a salire sulle barricate per i vitalizi e per altre cose che ormai sono passate in decimo piano. Mentre il Partito Democratico è in trincea con i suoi Governatori e anche con i suoi ministri, oltre che con il segretario nazionale Nicola Zingaretti, i Cinque Stelle non danno segnali.

Soprattutto non li dà il vero capo politico, Luigi Di Maio. A dimostrazione di come non ci si possa improvvisare classe di governo. I numeri della pandemia hanno “spento” le eco delle prese di posizione di Alessandro Di Battista, di Davide Casaleggio, di Roberta Lombardi. E di Luigi Di Maio, che si guarda bene dal prendere una posizione netta. Sul Covid il Movimento non è pervenuto.

Lockdown.