I protagonisti del giorno. Top e Flop del 24 ottobre 2020

Top e Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

NICOLA ZINGARETTI

Per l’ennesima volta è tornato a rivolgersi al premier Conte ma anche al Movimento 5 Stelle. Lo fatto intervenendo alla Direzione Nazione del Partito Democratico: cioè la sede istituzionale dalla quale un Partito parla ad un altro Partito. Ha chiesto l’adozione di misure drastiche adesso per frenare il dilagare del contagio da coronavirus. E infatti, in serata l’Istituto Superiore di Sanità, con riferimento al tasso di contagiosità pari ormai al 1,5, ha definito la situazione «molto grave» invitando i cittadini a stare a casa. Ma c’è anche di più. Perché a questo punto si pone anche un problema di priorità e perfino di scala dei valori all’interno del Governo. (Leggi tutto su I tre messaggi di Zingaretti: a Conte, al Pd ed ai 5 Stelle).

Nicola Zingaretti. Foto © Livio Anticoli / Imagoeconomica

Sicuramente un nuovo lockdown metterebbe in ginocchio l’economia. Ma non farlo aumenterebbe il numero dei ricoverati, soprattutto in terapia intensiva, e anche dei morti. Il momento è complicatissimo e l’impressione è che Nicola Zingaretti abbia voluto posizionare tutto il Pd sulla linea dell’intervento rapido e deciso, andando in rotta di collisione con il premier Giuseppe Conte e con i 5 Stelle, dimostrando che su un tema come la Sanità le idee vanno oltre le alleanze e le posizioni politiche.

D’altronde proprio stasera entra in vigore il coprifuoco nel Lazio. Nicola Zingaretti sta facendo capire che non ha più voglia di fare finta di nulla .

Massiccio e incazzato.

CLAUDIO FAZZONE

Il nuovo sindaco di Fondi Beniamino Maschietto ha messo a punto la giunta. Non c’è la Lega, che a Fondi aveva raggranellato la miseria di 500 voti senza riuscire ad eleggere nemmeno un consigliere comunale. Il Carroccio ha reclamato il rispetto del patto pre elettorale: che prevedeva comunque una rappresentanza leghista nell’esecutivo Maschietto a prescindere dai voti. Nulla da fare. Non solo: la presidenza del Consiglio Comunale è andata a Giulio Mastrobattista, cioè il candidato sindaco avversario di Maschietto, che guidava una coalizione di Fratelli d’Italia. (Leggi qui Non c’è posto per la Lega nel governo di Maschietto).

Non ci vuole Nostradamus per capire che c’è lo zampino di Claudio Fazzone, senatore e coordinatore regionale di Forza Italia. Il quale ha voluto ribadire che a Fondi e in larga parte della provincia di Latina, non solo fa quello che vuole, ma non… perdona.

Claudio Fazzone

In territorio pontino il centrodestra ha anticipato lo schema di Forza Italia e Fratelli d’Italia da una parte e la Lega da un’altra. Ancora non è chiaro se la prossima legge elettorale sarà proporzionale, maggioritaria, mista o di qualunque altro genere . Quello che invece è perfettamente chiaro è che Claudio Fazzone, come aveva già fatto in occasione delle elezioni provinciali, non ha alcun timore reverenziale nei confronti del Carroccio, di Claudio Durigon e Francesco Zicchieri. Lasciare fuori la Lega dall’esecutivo di quello che è il feudo elettorale equivale ad una dichiarazione di guerra. Preventiva.

Assegnare la presidenza d’Aula a FdI significa getttare le basi per un’alleanza capace di dare le carte in vista della designazione del candidato sindaco a Latina. Mandando all’aria le convinzioni di Durigon, che nelle scorse settimane, ai suoi fedelissimi aveva annunciato l’esistenza di un patto nazionale per assegnare al carroccio quella candidatura. Ma i patti nazionali hanno valore se sul territorio non ci sono patti locali ben più solidi. Ed in questo caso Fazzone sta gettando le basi per costruire il suo fortino con FdI.

Quando sei martello, batti. E lui martella.

ANSELMO ROTONDO

Un gentleman si vede nel momento della vittoria. E lui lo è stato: porgendo la mano allo sconfitto. Lo ha fatto due volte. La prima dal palco dove ha pubblicamente stretto la mano al suo acerrimo avversario Riccardo Roscia, appena battuto al voto. Ai fedelissimi ha poi rivelato: «Non chiederò più per lui l’esclusione dal Consiglio». Oggi poi la seconda volta: quando ha stretto la mano all’altra protagonista di questa campagna elettorale a Pontecorvo: l’onorevole Francesca Gerardi, che è vice coordinatore regionale della Lega. (Leggi qui Quel caffè tra il sindaco e l’onorevole: ora è tregua).

Francesca Gerardi e Anselmo Rotondo

È andato a ‘casa’ sua per stringerle la mano: nella sede cittadina del Carroccio. E di fronte ad un caffè hanno sepolto l’ascia di guerra, mettendo da parte incomprensioni personali e divisioni politiche.

Rotondo, oltre a dimostrare di essere un gentiluomo e di saper vincere, dimostra ancora una volta di essere un fine stratega. Sa benissimo che la sua aspirazione di diventare presidente della Provincia, o quantomeno il candidato unitario del centrodestra, passa necessariamente da un tavolo provinciale al quale Francesca Gerardi ha diritto di parola.

Anche lei ha dimostrato il pragmatismo che la politica richiede: sa bene che lui può sbarrarle la strada per ogni aspirazione di diventare consigliere regionale: ad Anselmo Rotondo basterebbe piazzare una candidata pontecorvese nella lista di Forza Italia per ostacolare la parlamentare uscente.

Un po’ volpe e un po’ leone.

FLOP

GIUSEPPE CONTE

A parte le pressanti richieste del suo alleato più forte e leale, cioè il Partito Democratico, oggi cento scienziati hanno scritto a lui e al Capo dello Stato Sergio Mattarella per chiedere un lockdown subito. Questo per arrestare l’inesorabile avanzata del coronavirus. Ma lui continua a ‘resistere’ quando tutti sanno (perfino lui) che non c’è alternativa al lockdown.

E come se non bastasse, l’Istituto superiore di Sanità ha scritto in serata: «L‘epidemia è in rapido peggioramento. Servono misure con precedenza per le aree più colpite. Che favoriscano una drastica riduzione delle interazioni tra persone. E che possano alleggerire la pressione sui servizi sanitari, comprese restrizioni nelle attività non essenziali e restrizioni della ‘mobilità». (Leggi qui Elezioni, rischio rinvio per Roma, Sora e Alatri).

Giuseppe Conte

Tanto per non farsi mancare qualcosa perfino l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha invitato i leader dei Paesi più colpiti ad agire immediatamente per evitare ulteriori morti ed il tracollo dei servizi sanitari.

Resta un mistero capire perché Conte non ha avuto dubbi a disporre il lockdown a marzo mentre adesso tentenna. È di pochi minuti fa la notizia che è allo studio del premier c’è un’ipotesi di coprifuoco nazionale e la chiusura di bar e ristoranti già dalle ore 18.

La sensazione è che stia cercando una via d’uscita che però in questo momento assumerebbe il valore di una inspiegabile resa.

Presidente che avrebbe bisogno di… Consiglio.

GIANNI ALEMANNO

Aveva strappato Roma al centrosinistra di Walter Veltroni e prima ancora di Francesco Rutelli. Aveva issato il vessillo del centrodestra in Campidoglio assicurando che tutto sarebbe cambiato. Oggi per Gianni Alemanno è stata confermata in Appello la condanna a sei anni di reclusione per i corruzione e finanziamento illecito. L’ex sindaco era coinvolto in uno dei filoni dell’inchiesta sul Mondo di mezzo.

È una condanna con un peso morale ancora più grave se si considera che il procuratore generale Pietro Catalani aveva sollecitato una riduzione di condanna a 3 anni e sei mesi chiedendo di riconoscere solo il reato di corruzione. Ma per i Giudici d’Appello le cose erano ben più gravi e le prove c’erano tutte.

Gianni Alemanno. Foto © Benvegnu’ Guaitoli / Imagoeconomica

Secondo l’accusa l’ex sindaco, che era presente in aula, ha «piegato la sua funzione» agli interessi di Salvatore Buzzi, l’ex ‘ras’ delle cooperative, e dell’ex Nar Massimo Carminati, in cambio di quasi 300 mila euro. Denaro che sarebbe stato dato in un arco temporale che va dal 2012 al 2014.

Gianni Alemanno è stato uno degli astri nascenti di Alleanza Nazionale e dell’intero centrodestra. Ma la condanna di oggi (anche se fino al terzo e definitivo grado di giudizio vale il principio della presunzione di innocenza) mette non soltanto la parola fine alla sua carriera politica. Ma ridimensiona proprio quel ruolo, perché l’elezione a sindaco di Roma è un traguardo maggiore di una nomina a ministro. Soprattutto per una coalizione come il centrodestra che in quegli anni nei voti alle Comunali non riusciva a sfondare quasi mai.

La condanna soprattutto getta un ombra su un modello amministrativo che doveva essere alternativo al buongoverno del centrosinistra. Seppellisce un’intera classe dirigente della politica del centrodestra romano. E toglie una bandiera ai Partiti della destra impegnati nella campagna elettorale per le elezioni capitoline. Un vessillo che in caso di assoluzione avrebbero potuto sventolare rivendicando meriti e risultati. Che forse ci saranno anche stati, ma la condanna di oggi dice che erano figli di un patto con il mondo di mezzo.

Ammainato.