I protagonisti del giorno. Top e Flop del 6 novembre 2020

Top e Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

ROBERTO SPERANZA

«Le Regioni alimentano i dati con cui la cabina di regia effettua il monitoraggio dal mese di maggio. Nella cabina di regia ci sono tre rappresentanti indicati dalle Regioni. È surreale che anziché assumersi la loro parte di responsabilità ci sia chi faccia finta di ignorare la gravità dei dati che riguardano i propri territori. Serve unità e responsabilità. Non polemiche inutili». Lo ha detto, a brutto muso, il ministro della Salute Roberto Speranza. Cogliendo il cuore del problema. Vale a dire il surreale dibattito in corso in queste ore, con i Governatori impegnati a guardare cosa succede nelle altre Regioni.

Roberto Speranza. Foto © Livio Anticoli / Imagoeconomica

Come quegli studenti che anziché concentrarsi sul proprio percorso scolastico guardano a quello degli altri.

In questo caso non può valere la logica del “mal comune mezzo gaudio”. Ci sono delle situazioni da monitorare e delle disposizioni da far rispettare. Perché la curva del contagio continua a crescere e, con essa, i decessi e tutto il resto. In un Paese nel quale il tracciamento è diventato impossibile per l’enormità dei numeri di una pandemia complicata da controllare.

Roberto Speranza in questo modo ha messo in evidenza i limiti delle Regioni nell’affrontare una simile situazione.

Scaltro e “cattivo”.

CLAUDIO FAZZONE

Ha scelto di non rispondere. A chi dalla provincia di Frosinone continua a chiedere un congresso oppure la nomina di un coordinatore unico. E’ il caso del sindaco di Pontecorvo Anselmo Rotondo. Oppure a quanti invocano una maggiore collegialità.

Claudio Fazzone

In realtà il senatore di Fondi e coordinatore regionale di Forza Italia ha fatto una sola telefonata in questi giorni. Secondo una versione: a Silvio Berlusconi; secondo un’altra al cerchio che ha immediato accesso al Cav. Nella sostanza: facendosi confermare carta bianca nello svolgimento del ruolo di coordinatore regionale. E infatti ha smorzato sul nascere le velleità di chi poteva essere tentato dall’andare a piangere da… Antonio Tajani.

Il vicepresidente nazionale esercita quel ruolo lì, ma sul territorio decide Claudio Fazzone. E non c’è alternativa allo schema che lui ha messo in campo, con i tre sub commissari: Adriano Piacentini, Daniele Natalia e Rossella Chiusaroli. Con Vittorio Di Carlo operativo su Sora.

Claudio Fazzone intende dire la sua anche sulle candidature a sindaco di Alatri e di Sora. Oltre che, quando sarà, di Frosinone. Non ha fatto alcun passo indietro e da adesso in poi non risponderà a nessuno.

In questo modo farà capire a tutti che in Forza Italia comanda lui. Anche in Ciociaria.

Pugno di ferro.

NICOLA OTTAVIANI

Che sia bravo lo dicono i fatti. I fatti sono le opere: che altri avevano immaginato e che lui invece è riuscito a realizzare. Lo stadio Stirpe è al posto dell’orrore chiamato Casaleno, il Parco del Matusa non è il salotto di Frosinone solo perché è esploso il covid ma sta lì, il teatro Nestor ora è Comunale e fino alla pandemia si è riempito con stagioni d’ogni rispetto, l’area Permaflex ha il destino segnato e smetterà di essere un cimitero industriale, l’accordo per la nuova stazione ferrovaria è firmato. Nicola Ottaviani ora ha realizzato un’altra Mission Impossible: dopo quasi 80 anni Frosinone ha finalmente una sede.

Il palazzo della Banca d’Italia a Frosinone

Al termine di una lunghissima trafila burocratica il Comune ha firmato a Roma il contratto di rent to buy per acquisire lo storico palazzo che è stato sede della Banca d’Italia fino al 2008. Non solo: lo compra con una formula che gli consente di raccogliere con calma i soldi, entra pagando l’affitto: ma se compra, tutti i canoni si trasformano in anticipo. Capolavoro di ingegneria finanziaria, analogo a quello messo a punto per acquisire il Nestor.

È la capacità di giungere la risultato a fare la differenza: riuscire a percorrere intricatissime vie della burocrazia nella quale sono rimasto intrappolati e si sono arresi a decine prima di lui. Ottaviani invece ci sguazza tra quei cavilli, si diverte come un bambino a smontarli e passare al livello successivo.

Il livello successivo è o a Palazzo Madama o a Montecitorio: piaccia a no ai livelli della Lega che gli hanno riservato lo sgarbo di non metterlo nella Segreteria Nazionale ma preferirgli il sindaco di Civitavecchia.

Avviso ai naviganti sul Carroccio.

FLOP

BERTOLASO-RAMPELLI

I loro nomi sono i primi ad uscire ogni qual volta c’è da decidere una candidatura importante nel Lazio. Alla presidenza della Regione per esempio. Oppure per il Campidoglio, come avvenuto nelle ultime ore. Poi però vengono o “bruciati” oppure messi da parte. E non è giusto, considerando che Guido Bertolaso e Fabio Rampelli sono due autentici fuoriclasse del mondo politico e gestionale italiano. Bertolaso ha guidato la Protezione Civile come mai nessuno prima, mentre Rampelli in Fratelli d’Italia è una colonna vera e propria.

Fabio Rampelli e Guido Bertolaso

Forse però dovrebbero cominciare ad alzare la voce, anche con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni. Perché i loro nomi non possono essere “sacrificati” oppure usati sul tavolo delle trattative politiche con la Lega o con gli altri alleati.

E poi, cosa significa essere troppo a destra (Rampelli) o avere troppa competenza (Bertolaso)? Si tratta di artifici che le vecchie volpi della politica usano quando vogliono bruciare sul nascere candidature importanti e soprattutto ingombranti. Però a volte è necessario alzare la voce, anche con i capi.

Gettati in pasto.

RAGGI-DI MAIO

La sindaca di Roma ha annunciato di essere positiva al Coronavirus, di stare bene e di continuare a lavorare da casa. Fin qui tutto normale, anche se non si capisce per quale motivo occorra pubblicizzare così una vicenda comunque privata. Ma è in buona compagnia. Poi però ha anche detto che intende candidarsi a sindaco di Roma, anche da sola. Rispondendo a Luigi Di Maio, che l’aveva “gelata” facendo intendere che i Cinque Stelle dovranno tenere in considerazione pure ipotesi di alleanze.

Virginia Raggi e Luigi di Maio con Roberta Lombardi e Marcello De Vito

Con il Pd naturalmente. Sempre Luigi Di Maio ha chiesto la linea dura sugli sbarchi dei migranti, cercando di indossare i panni che furono di Matteo Salvini. Cioè, due degli esponenti più importanti del Movimento Cinque Stelle, in questo particolare momento di pandemia, pensano alle tattiche politiche di secondo piano. Un fattore indicativo, che testimonia ancora una volta quanto i pentastellati siano lontani dalla realtà del Paese e dall’attualità.

Stelle al tramonto.