I protagonisti del giorno. Top e Flop del 8 gennaio 2020

Top e Flop. Ogni notte, i protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende l’indomani.

TOP 

MASSIMO D’ALEMA

Nel grande nulla della politica italiana attuale si avverte il bisogno di analisi vere e perfino controcorrente. Massimo D’Alema è stato sia Presidente del Consiglio che ministro degli Esteri. In un’intervista a La Repubblica ha detto di non vedere “all’orizzonte una guerra mondiale“.

Massimo D’Alema

Avvertendo che bisogna essere cauti “nel maneggiare certi paragoni storici“, come il fatto che il mondo possa trovarsi davanti a un nuovo 1914. Poi D’Alema ha detto: “Più che altro vedo un Trump che vuole andare al voto a novembre in un clima di tensione, creando una situazione in cui non si può cambiare il comandante in capo e perciò quando le ragioni della politica interna dominano quelle della politica estera, allora la spiegazione è sempre una leadership in difficoltà”.

Ma D’Alema ha soprattutto sottolineato che la vera novità sul piano diplomaticoè che la comunanza di valori di Europa e America non c’è più”. Ha dichiarato: “Con il risultato che gran parte dei guai, dall’insicurezza all’aumento del prezzo del petrolio, resteranno a noi. Siamo di fronte a un leader che attizza il fuoco e scappa ed è l’ultima cosa che ci si aspetterebbe da un alleato. Clinton nei Balcani intervenne, ma per risolvere il conflitto, mentre qui l’attuale presidente Usa i conflitti li lascia in eredità agli altri“. Aridateci Baffino.

LORENZO GUERINI

Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha evitato il solito caos internazionale nel quale si trova l’Italia tutte le volte che ci sono situazioni nelle quali bisogna scegliere. È il caso della crisi tra Usa e Iran.

Guerini ha subito detto: “Per quanto riguarda la missione in Iraq sarà la coalizione, con tutti i suoi componenti, a determinarne gli sviluppi, nel quadro dei contatti sempre frequenti fra gli Stati Maggiori della Difesa dei Paesi Membri che ad oggi ha portato alla sospensione temporanea delle attività addestrative”.

Lorenzo Guerini. Foto: © Imagoeconomica, Benvegnu’ Guaitoli

Perché tra simpatie verso l’Iran e assoluta mancanza di peso specifico, il rischio è anche quello di dimenticarsi di far parte della Nato. Guerini lo ha ricordato. Poi ha aggiunto: “La sicurezza dei nostri militari è la priorità assoluta, a loro va la più stretta vicinanza, da parte mia e di tutte le istituzioni”.

Il tutto mentre a Roma Al Serraj, capo del governo di Tripoli, smentiva l’incontro con il premier Giuseppe Conte dopo che aveva saputo che quest’ultinmo aveva già incontrato il generale Khalifa Haftar, leader della Cirenaica. Lo scenario libico è altrettanto esplosivo e le offensive diplomatiche magari si sferrano informando tutte le parti in causa dei rispettivi incontri.

Ecco perché ministri come Lorenzo Guerini tengono in piedi il Governo. Competente.

FRANCESCO SORDO

Già segretario del Circolo Pd di Anagni Francesco Sordo non aveva esitato a dimettersi un minuto dopo la disfatta elettorale che aveva consegnato la città al Centrodestra di Daniele Natalia. Era consapevole che quello sarebbe stato il risultato già prima di presentare la lista. Ma è rimasto al suo posto. Assumendosi responsabilità politiche non sue.

Ora è commissario del Pd a Piglio. Ed ha aperto la fase congressuale, infischiandosene dei tentennamenti del segretario provinciale Domenico Alfieri. Insieme ad altri Circoli della zona, prendendo come esempio il solco tracciato ad Anagni dal Commissario Francesca Cerquozzi, ha allevato un gruppo capace di portare nuova linfa nel Partito Democratico. Mettendo da parte i vecchi schemi. E creando le condizioni per il cambiamento zingarettiano del Pd.

Ora sono pronti a sollevare il caso di fronte ai vertici provinciali. Più devastante del Conte del Piglio, ma in totale purezza politica.

FLOP

I DUE MATTEO

Il primo sondaggio del 2020 dell’istituto Ixè, presentato nel corso del programma condotto da Bianca Berlinguer Carta Bianca su Rai 3, ha visto confermate le tendenze degli ultimi mesi. In particolare continua a scendere la Lega, che rispetto alla stima di metà novembre (32,6%) ha perso oltre 3 punti percentuali: ora è al 29,5%.

Matteo Salvini e Matteo Renzi © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Ma soprattutto il Partito di Matteo Salvini scende sotto il 30% dopo tantissimo tempo e c’è chi parla apertamente di effetto Sardine, perché da quando il movimento è sceso in piazza la curva della Lega si è fermata.

Come se non bastasse, nella classifica di gradimento Salvini (32%) viene sorpassato da Giorgia Meloni (33%). Quanto a Italia Viva di Matteo Renzi, il sondaggio non va oltre il 3,6%. Se il voto reale dovesse essere lo stesso, si potrebbe parlare tranquillamente di flop.

Delusione al quadrato.

GIANLUIGI PARAGONE

Quando Valerio Staffelli gli ha consegnato il Tapiro d’Oro di Striscia La Notizia per essere stato cacciato dal Movimento Cinque Stelle, il senatore Gianluigi Paragone ha ripetuto il solito ritornello.

Gianluigi Paragone © Imagoeconomica / Rocco Pettini

Ha detto: “Chi mi ha cacciato? Gli uomini del nulla. Purtroppo per Luigi Di Maio sono dalla parte della ragione, ma loro continuano ad applicare il codice di Pomigliano d’Arco. Io chiedo il rispetto delle regole. Il giudice ordinario mi darà ragione e a quel punto Di Maio potrà tranquillamente dimettersi tanto, di fatto, è il leader del M5S solo perché ce l’ha scritto sui biglietti da visita“.

Magari il giudice ordinario darà ragione a Paragone, che però si ostina a non cogliere il punto politico. Nei Cinque Stelle non lo vogliono. A parte Alessandro Di Battista, che però interviene una volta ogni quattro mesi e poi si eclissa. Paragone vuole restare in paradiso a dispetto dei santi.

Ma perché non è andato via lui?

DOMENICO ALFIERI

A me è uscito un impegno inderogabile. Se volete, la Direzione riunitela voi“: sono più o meno queste le parole con cui l’altra sera il Segretario uscente del Pd Domenico Alfieri ha di fatto affondato la riunione che doveva dare il via all’iter per il Congresso che eleggerà il suo successore.

Domenico Alfieri. Foto © Stefano Strani

All’impegno inderogabile nessuno ci crede. Ma in politica ci può stare. Non si è d’accordo e si diserta la seduta. È una scelta. Valida tanto quanto quella di andare ed affrontare di petto la situazione. Non c’è più o meno valore nello scegliere l’una o l’altra strategia. Dipende dalle condizioni e dai numeri. Dopotutto su questo punto è chiaro il manuale L’Arte della Guerra scritto dal generale cinese Sun Tzu: se non hai i numeri non andare allo scontro.

Ma in questo momento non c’è in gioco la Segreteria di Domenico Alfieri. È in gioco la credibilità del Partito Democratico. L’avversario sono le forze della destra sovranista e non eventualmente Luca Fantini. Non si può rinviare all’infinito attendendo che la politica trovi un equilibrio. Segretario tentenna.

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