Internazionale: Top e flop dal mondo. I protagonisti della settimana

Internazionale. I protagonisti della settimana sulle pagine degli Esteri. Per capire meglio cosa accade nel mondo

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

TOP

Il MI5

La sigla è anonima, e paga pegno all’ufficio gemello più famoso, il MI6, ma dietro c’è roba gagliarda davvero. Il Military Intelligence Five, la Sezione numero 5 dei servizi interni di sua Maestà Britannica, è roba cementizia.

Non avrà l’appeal del suo omologo Six, quello che su celluloide fu di James Bond, per intenderci. Ma se mette in tacca di mira qualcuno innesca dolori.

LA SEDE DEL MI5 A LONDRA. FOTO © LAURIE NEVAY

Come nel caso della Russia, accusata dalle barbe finte di Thames House d’aver cercato di mettere il naso nel referendum scozzese sull’indipendenza del 2014. Quella consultazione vide i No vincere, con il 55,30% degli ‘higlander’ che vollero restare a casa base nel Regno Unito.

Tuttavia i sondaggi pre voto davano i Si come pericolosamente vicini al 49%. Roba insomma che per uno sputo avrebbe potuto portare i fieri eredi di Will Wallace a riprendersi le loro brughiere. E ad alzare il kilt in faccia ai cugini del sud brandendo il dirk. Spedendo tra l’altro il Regno Unito verso la futura Brexit con un grosso pezzo in meno del potentissimo apparato geopolitico di Albione. Tanto più che proprio la Scozia in questi mesi si è dimostrata contraria all’uscita dall’Europa, e in proposito invoca un referendum bis.

Le deduzioni del controspionaggio inglese erano state depositate in un rapporto top secret il 19 luglio scorso. Per essere poi travasate il 21 in una relazione al Parlamento. Con tanti omissis.

Quei sei faldoni avevano fatto prendere d’aceto Zar Putin, che si era affrettato a smentire ogni tentativo di ingerenza di Mosca nelle faccende Occidentali. Specie di Usa e Inghilterra. E gli 007 di Sua Maestà altro non aspettavano: che cioè il luccio mettesse la testa fuori dalla tana. E che si esponesse con il fare offeso di chi viene considerato un po’ ‘l’Andreotti del pianeta’, uno cioè che in vulgata ha le mani in pasta in ogni cantuccio fetido d’occidente.

A quel punto, in questa quiete agostana post Covid, hanno calato la mannaia. Cioè la seconda parte del report, la parte davvero ‘puzzolente’. Che più che Putin sbugiarda la linea del 10 di Downing Street.

Secondo BBC vi si afferma che «il Regno Unito ha accolto con favore il denaro russo. E poche domande, ove ve ne fossero, sono state poste sulla provenienza di questa considerevole ricchezza». Un vero atto di accusa alla politica trombona di una nazione che da un lato depreca lo spionaggio straniero, dall’altro si è presa in casa per decenni soldi sporchi e zip. Cosa sono gli zip? Una volta erano i killer della mafia in missione estera. Oggi sono spie dormienti, soprattutto programmatori destinati alla City, che al seguito degli oligarchi arrivano nel Regno Unito, prendono le redini dei sistemi sociali complessi, fanno proselitismo a suon di paccate di denaro e tornano a casa. A contare i danni che hanno fatto.

Dalla Russia con fetore.

EVAN WILLIAMS

Cancellati, resettati, oscurati. Bannati senza remore. Sono gli oltre 60mila tweet che finora avevano inondato il popolare social creato da Jack Dorsey con roba forte. Roba del tipo «C’è una cabala mondiale di pedofili che adorano Satana e che ambiscono al controllo del mondo». Robina tenue che metteva all’indice social anche i nomi ed i cognomi degli affiliati di questa Spectre sporcacciona. Nomi come Barak Obama, Hillary Clinton, George Soros, più quelli praticamente di mezza Hollywood.

EVAN WILLIAMS

Era da tempo che il Ceo di Twitter Evan Williams si stava ponendo il problema di cosa fare nei confronti della setta di QAnon, e alla fine ha optato per la decisione ruvida, di taglio. E ha escluso tutti i loro messaggi deliranti da ogni anfratto del social con l’uccellino in logo.

La potatura era partita a fine luglio ma in questi giorni sono scomparsi anche i tweet dei simpatizzanti più light. Per capirci, non è che QAnon sia solo l’ennesima setta di spostati che urlano al mondo che la terra è un vassoio ai bordi del quale c’è l’occhio di Sauron che canta le canzoni di Albano. Quelli fanno solo ridere. No, secondo CBS QAnon è un gruppo organizzato su deliri molto, ma molto più pervasivi. Che meritavano cioè cesoia, censura e cassazione.

Un esempio? Secondo i suddetti sciroccati, molto vicini al trumpismo, verrà The Storm. Cos’è, oltre che il chiaro effetto di una ciucciata gagliarda alla pipetta del crack? È il giorno dei giorni in cui l’esercito prenderà il controllo degli Stati Uniti e rinchiuderà a Guantanamo tutti i pedofili indicati in una lista. Che poi casualmente non sono solo zozzoni patentati, ma anche esponenti di spicco dei Democratici e della Hollywood prog. Roba che Bob De Niro dovrebbe avere una cella riservata a Camp Iguana, insomma.

Donald Trump aveva in agenda politica la loro decimazione per terrorismo, ma negli anni è passato dall’additarli come matti a tollerarli ai suoi comizi. Fino ad autorizzare un servizio fotografico con loro nello Studio Ovale.

E loro, forti del braccio del boss sulla spalla, sono cresciuti, tanto, troppo. Al punto da fare marameo all’Fbi che li aveva tampinati per mesi. Che fosse il caso di fare qualcosa e che lo si dovesse fare subito vista la verve pistolera di tutti i suprematismi Usa, lo ha capito il Ceo di Twitter.

Che magari non li fermerà, ma almeno andrà a dormire il sonno tranquillo di chi alle loro farneticazioni ha tolto il palcoscenico più grosso.

Chiamami Aquila.

FLOP

MARK RUTTE

Ok, ora che ne siamo usciti ammettiamolo subito. Per un italiano mettere Mark Rutte in casella dei ‘cattivi’ è un po’ come picchiare chi mette la panna nella carbonara. Un fatto cioè naturale, deprecabile perché di pancia ma difficile da evitare. E non solo per l’immagine mainstrean che il premier olandese ha offerto in merito alle vicende economiche tricolore cassate pochi giorni fa.

Pianista mancato, Rutte ha messo la sua abilità di diligente pigiatore di tasti al servizio di una politica bulla. Politica che vede i Paesi Bassi sicari e la Germania mandante defilato con il copione da paciere sotto il braccio. E fin qui ci siamo.

No, quello che di Rutte proprio non è piaciuto e che scavalca il merito della vicenda dei danè post Covid a Roma è altro. E cioè quel senso posticcio di potere che le benemerenze degli omologhi grandi e grossi danno ai paesi utili come Margheritoni era utile ad Oronzo Canà. Bonus che nella cultura di massa di quei paesi si fanno polpa di superiorità. Una spocchia cioè che non appartiene a nulla, se non al fatto che essi sono in vassallaggio a nazioni corazzate, sotto la cui ombra abbaiano come botoli impuniti.

E l’Olanda di Rutte ha in economia e geopolitica basica lo stesso ruolo che ha in onomatopea il cognome del suo leader. Quello di un ruttino da latte cioè.

Tolti i tulipani, gli hub marittimi e quella nomea di paese frikkettone dove è possibile sbirciare donnine e tirare uno spino, l’Olanda è praticamente il nulla. Salvo poi riprender colore di gota. Perché il paese è di fatto paradiso fiscale in un’Europa farisea. Che cioè da un lato cazzia i furbetti della finanza, dall’altro si mette le Cayman in casa. E Rutte, che fra rigore calvinista e ambientalismo talebano deve anche pensare al prossimo voto nazionale, è diventato il totem di una faccenda strana.

Una faccenda che avrà pure le complessità di sistemi in cui non sempre a torto il nord Europa ha dovuto mettere in guardia il sud dal non essere troppo spendaccione. Che tuttavia mai finora era stata appaltata da un personaggio che di quelle ragioni ne facesse crociata urlante invece che pacata condotta. Come «un prete che prende troppa caffeina», come ha scritto l’Economist. Ma fare il melodrammatico con gli italiani che il melodramma lo hanno inventato non paga, caro Mark.

Cognomen Omen.

ANDORRA

Meglio di così non sappiamo metterla: i bambini di Andorra da 0 a 6 anni stanno cadendo in depressione e troppi di loro soffrono di autismo. E in una percentuale, il 6% della popolazione, che sarebbe già allarmistica se Andorra fosse uno stato di dimensioni normali o medie. Se poi si tiene conto del fatto che Andorra è un puntino fra i Pirenei e la Francia, sesta nazione più piccola d’Europa, allora le cose cambiamo. E non in meglio. El Periodico ha riportato in questi giorni le dichiarazioni della dottoressa Maria Giró.

Si tratta di una psichiatra infantile del Centro di salute mentale dell’ospedale Nostra Senyora de Meritxell. Che ha detto: «Circa il 6% della popolazione dei bambini e dei giovani di Andorra soffre di forti psicosi. E’ una percentuale simile a quella della Catalogna».

IL PRESIDENTE DI ANDORRA

Il guaio è che la Catalogna è una regione della Spagna con quasi 8 milioni di abitanti, mentre Andorra non arriva a 90mila. Quella percentuale unica per due Paesi agli antipodi assume quindi il tono allarmato di un’emergenza psichiatrica che è contingentata sullo stile di vita andorrano. Perché se sei bambini su cento sbroccano in Catalogna il dato è allarmante, ma se sei bambini su cento lo fanno ad Andorra il dato è agghiacciante.

Pare che l’incremento monstre sia dovuto alle particolari condizioni di vita del principato, montano-vacanziero, ricco perché fiscalmente free e schiantato dal lockdown.

Il fenomeno ‘colpevole’ è strano ma non peregrino. Fenomeno per cui le piccole comunità organizzate su scala di autodeterminazione e sufficientemente hi-tech per tenere il polso alle faccende globali vanno in tilt. Perché percepiscono una sorta di solitudine esistenziale fortissima in caso di drammi planetari. Come se in pratica vedendo il mondo, vasto e indifferente, lottare su grande scala contro il Godzilla di turno, se ne ricavasse il messaggio darwiniano.

Uno spot negativo per cui della sorte dei paesi giocattolo più piccoli non interessa più a nessuno. Una specie di sindrome della barchetta in avaria di fronte al transatlantico che pure affonda. Sindrome che ha finito con il pervadere ed inquinare i patinati ambienti familiari andorrani. Con i genitori che poi hanno attaccato lo spleen ai loro figli.

Tutta colpa di Freud?

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